Caso Moro, parla l'ex Br Fiore: anche altri erano in Via Fani
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Caso Moro, parla l'ex Br Fiore: anche altri erano in Via Fani

Quel giorno in via Fani «c'erano persone che non conoscevo, che non dipendevano da noi, che erano altri a gestire», ha detto il brigatista in un'intervista.

Caso Moro, parla l'ex Br Fiore: anche altri erano in Via Fani
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18 Giugno 2014 - 18.12


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La procura generale di Roma acquisirà l’intervista rilasciata al settimanale «Oggi» (in edicola domani) in cui l’ex brigatista rosso Raffaele Fiore, afferma che il 16 marzo del 1978 in via Fani, giorno del sequestro del presidente della Dc Aldo Moro, erano presenti «persone che non conosceva».

L’acquisizione, a quanto si è appreso, rappresenterebbe un passo preliminare in vista di una convocazione di Fiore per un’audizione. Le affermazioni dell’ex Br saranno quindi all’attenzione del procuratore generale Luigi Ciampoli che, dall’aprile scorso ha avocato l’inchiesta aperta dalla Procura di Roma dopo le dichiarazioni dell’ispettore di polizia in pensione Enrico Rossi, relativa ad una ipotetica presenza a bordo della moto di esponenti dei servizi segreti in via Fani.

Nell’intervista, Raffale Fiore, asserisce che quel giorno in via Fani «c’erano persone che non conoscevo, che non dipendevano da noi, che erano altri a gestire». Anche rispetto alla presenza sul luogo dell’agguato di una moto Honda con due persone a bordo: «Né io né gli altri compagni sappiamo nulla della moto, abbiamo avuto modo di parlarne e di riflettere. Non so se c’era, né chi erano i due a bordo. Non facevano parte del commando dell’organizzazione». Fiore, condannato all’ergastolo e dal 1997 in libertà condizionata, in merito alla possibilità che Moro venisse salvato aggiunge: «C’erano i presupposti per arrivare a una conclusione, e noi abbiamo fatto diversi tentativi per uscire da quella campagna in modo meno cruento.

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C’era la volontà di liberare Moro e lo abbiamo fatto capire in tutti i modi. Se loro autonomamente avessero messo fuori, non il gruppo che avevamo chiesto, ma solo due compagni detenuti nonostante le loro gravi condizioni di salute, ci avrebbero spiazzato. Noi siamo stati costretti a quella soluzione finale. Volevamo solo il rilascio dei nostri compagni, poi abbiamo capito che non sarebbe stato facile portare avanti la battaglia. Che erano entrate troppe forze in campo».

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