Il Papa: soluzione due Stati sia una realtà
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Il Papa: soluzione due Stati sia una realtà

Seconda tappa in Palestina per il Santo Padre. A Gerusalemme arrestati 26 estremisti ebrei. Il Ponteficie denuncia armi a bimbi-soldato e mancanza cibo per i piccoli.

Il Papa: soluzione due Stati sia una realtà
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25 Maggio 2014 - 17.08


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Secondo giorno del [url”viaggio di Papa Francesco in Terra Santa”]http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=58411&typeb=0[/url]. Oggi il Santo Padre è arrivato in Palestina: l’elicottero, partito da Amman, è atterrato all’eliporto di Betlemme. Il Pontefice è stato ricevuto prima da un alto rappresentante del presidente dello Stato di Palestina e poi dallo stesso Abu Mazen (Mahmoud Abbas), nel Palazzo presidenziale. “Pace e convivenza”, hanno evocato entrambi.



E durante la messa a Betlemme ha invitato Abu Mazen e Shimon Peres a pregare insieme per la pace. “Offro la mia casa del Vaticano per questo incontro di preghiera” ha detto durante il Regina Coeli. Invito subito raccolto dal presidente israeliano e da Abu Mazen: “Verremo a Roma per pregare per la pace”, hanno detto. La data potrebbe essere il prossimo 6 giugno.


Francesco è poi arrivato a Tel Aviv, dopo aver lasciato Betlemme a bordo di un elicottero giordano, dove è stato accolto da Peres e dal premier Benjamin Netanyahu. Ora è arrivato a Giuresalemme a bordo di un elicottero israeliano.






Arresti a Gerusalemme – La tensione si comincia a far sentire. La polizia israeliana ha arrestato a Gerusalemme (dove Francesco arriverà nel pomeriggio) 26 estremisti ebrei che dimostravano davanti alla Tomba di Davide, nello stesso edificio dove c’è il Cenacolo, che gli ultrà temono possa passare di sovranità. I 26 – ha detto il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld – facevano parte di una dimostrazione di circa 150 persone e sono stati arrestati per disturbo.



L’incontro con Abu Mazen – “Unica via di uscita in questa terra è la convivenza”, ha detto il presidente palestinese Abu Mazen nel discorso al termine dell’incontro privato con il papa a Betlemme. “Gerusalemme deve essere sempre la capitale delle tre religioni monoteistiche; là devono convivere cristiani, musulmani e anche ebrei, ha invece affermato il Santo Padre.



“Il Medio Oriente da decenni vive le drammatiche conseguenze del protrarsi di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da rimarginare e, anche quando fortunatamente non divampa la violenza, l’incertezza della situazione e l’incomprensione tra le parti producono insicurezza, diritti negati, isolamento ed esodo di intere comunità, divisioni, carenze e sofferenze di ogni tipo”, ha detto papa Francesco durante l’incontro con le autorità palestinesi e col presidente Abu Mazen nel Palazzo presidenziale di Betlemme.



“Nel manifestare la mia vicinanza a quanti soffrono maggiormente le conseguenze di tale conflitto, vorrei dire dal profondo del mio cuore che è ora di porre fine a questa situazione, che diventa sempre più inaccettabile, e ciò per il bene di tutti”, ha proseguito.



“Si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza”, è stato l’appello del Pontefice. “È giunto il momento per tutti – ha aggiunto – di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti”.






Il programma di oggi – Il Santo Padre ha celebrato la messa nella Piazza della Mangiatoia. Oggi è restato a pranzo con delle famiglie palestinesi, provenienti anche da Gaza. Prima di congedarsi, nel primo pomeriggio visiterà in privato la Grotta della Natività e saluterà i bambini dei campi profughi di Dheisdeh, Aida e Beit Jibrin.



Poi la visita a Gerusalemme: ci sarà invece la parte ecumenica del viaggio, con l’incontro col patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, con cui firmerà una dichiarazione congiunta a 50 anni dallo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora che portò al superamento delle reciproche scomuniche
tra cattolici e ortodossi. Subito dopo, nella basilica del Santo Sepolcro, le tre confessioni cristiane dello status quo – la cattolica, la greco-ortodossa e la armena-apostolica – pregheranno per la prima volta insieme in quello che è uno dei luoghi più sacri per il cristianesimo.



Fuori programma: il Papa si ferma al muro di separazione – Papa Francesco recandosi a piazza della Mangiatoia, cuore di Betlemme, ha scelto di passare vicino al muro. Bergoglio è sceso dalla papamobile per avvicinarsi alla barriera di cemento che divide Betlemme da Israele. Il Papa non aveva mai citato il ‘muro’ nel discorso ufficiale al Palazzo presidenziale di Betlemme davanti ad Abu Mazen. Ma scegliendo di passare con la papamobile lungo la barriera di cemento e filo spinato, che divide Betlemme da Israele, e scendendo dalla vettura per avvicinarsi e pregare alcuni istanti ha, ancora una volta, deciso di parlare con un gesto.



Il fatto che il Papa si sia fermato, sia sceso dalla auto e abbia pregato davanti al simbolo della divisione tra Israele e Palestina è stato, secondo quanto si apprende, un fuori-programma.







La messa del Papa – Prima della celebrazione della Messa, Francesco è stato accolto da una folla di fedeli. “Che grande grazia celebrare l’eucaristia presso il luogo dove è nato Gesù!”, ha detto il Papa all’inizio dell’omelia, nella quale ha parlato dei bambini. “Il Bambino di Betlemme è fragile, come tutti i neonati”, e “quel Bambino, come ogni bambino, è debole e ha bisogno di essere aiutato e protetto”, ha affermato. “Anche oggi i bambini hanno bisogno di essere accolti e difesi, fin dal grembo materno”.



“Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo oggi davanti a Dio, a Dio che si è fatto Bambino”, ha aggiunto. “Ci domandiamo – ha proseguito il Papa -: chi siamo noi davanti a Gesù Bambino? Chi siamo noi davanti ai bambini di oggi? Siamo come Maria e Giuseppe, che accolgono Gesù e se ne prendono cura con amore materno e paterno? O siamo come Erode, che vuole eliminarlo? Siamo come i pastori, che vanno in fretta, si inginocchiano per adorarlo e offrono i loro umili doni? Oppure siamo indifferenti? Siamo forse retorici e pietisti, persone che sfruttano le immagini dei bambini poveri a scopo di lucro? Siamo capaci di stare accanto a loro, di “perdere tempo” con loro? Sappiamo ascoltarli, custodirli, pregare per loro e con loro? O li trascuriamo, per occuparci dei nostri interessi?”.



“In un mondo che scarta ogni giorno tonnellate di cibo e di farmaci, ci sono bambini che piangono invano per la fame e per malattie facilmente curabili”, ha denunciato Papa Francesco. “In un tempo che proclama la tutela dei minori, si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato: devono combattere, devono lavorare, non possono piangere!”, ha aggiunto.


Al momento delle scambio del segno di pace il presidente palestinese Abu Mazen è salito sull’altare e ha scambiato un abbraccio con il Pontefice. Dopo l’abbraccio il presidente ha lasciato la liturgia prima della distribuzione della comunione, seguendo
quanto fatto anche da Arafat in occasioni del genere.





A Tel Aviv: Israele deve esistere e i Palestinesi hanno diritto ad uno stato – “Israele deve esistere, così come i Palestinesi hanno diritto ad uno stato entro confini stabiliti”. Così Papa Francesco rinnova a Tel Aviv l’invito per la pace. “Gerusalemme è città di pace e tale deve essere” ha scandito il Pontefice, dopo esser stato accolto dal presidente israeliano Shimon Peres con queste parole: “Sua Santità, sei nostro fratello”. Per Francesco due stati in Israele e Palestina “possono essere realtà e non solo un sogno”. Per questo, il Pontefice invita a “promuovere un’educazione in cui l’esclusione e lo scontro lascino il posto all’inclusione e all’incontro, dove non ci sia posto per l’antisemitismo, in qualsiasi forma si manifesti, e per ogni espressione di
ostilità, discriminazione o intolleranza verso persone e popoli”.




Netanyahu, ‘Apprezziamo sua denuncia antisemitismo’
– “Apprezziamo molto la strenua posizione del Papa contro l’antisemitismo, specialmente alla luce del crescente odio anti-ebraico di cui siamo testimoni in questi giorni” ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, aprendo la seduta del Consiglio dei ministri.



Padre Lombardi: “Peres e Abu Mazen presto in Vaticano” – Il presidente palestinese Abu Mazen e quello israeliano Shimon Peres “saranno in Vaticano in tempi molto rapidi”. Lo ha detto il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, spiegando che per raccogliere l’invito del Papa l’incontro si deve svolgere prima della fine del mandato di Peres, che decorre a luglio. Quindi l’incontro potrebbe avvenire il mese prossimo.



Un bimbo al Papa: “Nella Bibbia c’è scritto pace, ma qui non la troviamo” – “Non lasciate che il passato vi faccia interrompere la vita e sappiate che la violenza non si sconfigge con la violenza”. Così Papa Bergoglio replica ai bambini palestinesi del campo profughi di Dheisheh a Betlemme, incontrati prima di raggiungere Tel Aviv. I bambini, all’arrivo del Santo Padre, avevano innalzato cartelli, in cui chiedevano il perché della guerra. Uno di loro, avvicinatori a Francesco, ha detto: “Nella Bibbia si parla di pace, ma qui non c’è pace”. Uno dei cartelli esposti recitava: “Musulmani e cristiani vivono sotto l’occupazione”. “Ho letto quello che avete scritto nei vostri cartelli – ha detto il Papa. Ho capito quelli in inglese e il padre mi ha tradotto quelli in arabo. Comprendo bene quello che mi state dicendo, capisco il messaggio che mi state trasmettendo”.

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Il tweet del Papa



Tratto da La Stampa


apa Francesco ha toccato il Muro della Divisione. In un clamoroso fuori programma del viaggio in Terra Santa, prima della Messa a Betlemme sulla piazza della Mangiatoia, il vescovo di Roma ha chiesto di essere portato in auto davanti a un punto della barriera di cemento che Israele sta costruendo dal 2002 e che corre in buona parte sui Territori Occupati palestinesi, contro tutte le regole di legalità internazionale. Lì Papa Bergoglio ha sostato per pochi minuti in totale silenzio, circondato da un gruppo di giovani palestinesi.


 


Un silenzio più eloquente di mille discorsi,  davanti al muro che, come ha detto il sindaco di Betlemme Vera Baboun, separa anche il luogo della nascita di Gesù dal luogo della sua Resurrezione. Con il suo gesto silenzioso, Papa Francesco pone davanti alla coscienza del mondo la muraglia fatta erigere unilateralmente dal governo israeliano come barriera di protezione contro il terrorismo, divenuta essa stessa simbolo planetario di arbitrio e sopraffazione.

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Il tracciato complessivo di oltre 700 chilometri in alcuni punti passa anche 28 chilometri al di là della “linea verde” – il confine di Israele prima della guerra del 1967 – per integrare colonie israeliane. Così si rende architettonicamente irreversibile l’occupazione di ampie aree di terra palestinese. Già nel maggio 2004 la costruzione della barriera aveva prodotto lo sradicamento di più di 100mila olivi e piante d’agrumi, la demolizione di serre, impianti d’irrigazione, magazzini e la confisca di migliaia di chilometri quadrati di terra appartenenti a famiglie arabe. Oltre alle risoluzioni Onu, anche la Corte internazionale di Giustizia dell’Aia ha definito come «contrari al diritto internazionale» la costruzione del muro e gli effetti da essa prodotti sulla vita della popolazione locale.


 


Il muro taglia in due la vita delle comunità, chiude l’orizzonte e soffoca la libertà di movimento, ostacola l’accesso dei contadini alle loro terre, tiene separate le famiglie. A soffrirne sono anche le comunità cristiane della zona di Beit Jala, contigua a Betlemme, che da tempo hanno intrapreso una battaglia legale davanti alle Corti israeliane per impedire che il proseguimento del muro lungo il tracciato prestabilito sventri la valle di Cremisan, tra Betlemme e Gerusalemme, prezioso “polmone verde” di tutta l’area. Se il progetto verrà portato avanti, anche i quattrocento bambini che frequentano la locale scuola delle suore salesiane si troveranno a trascorrere gli anni dell’infanzia in una sorta di prigione a cielo aperto, circondata da barriere e check-point. Tempo fa, erano state diffuse false voci su un inesistente nulla osta vaticano al proseguimento dei lavori sulle terre confiscate ai contadini palestinesi e alle comunità religiose salesiane.

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Dall’ottobre 2011, i sacerdoti della parrocchia latina di Beit Jala celebrano messe e recitano rosari tra gli uliveti della valle di Cremisan, pregando che lo scempio della valle sia evitato con una revisione del tracciato del Muro. Lo scorso ottobre, uno di loro ha potuto consegnare una lettera a Papa Francesco, in cui denunciava anche il «Muro di annessione» tra gli strumenti messi in campo per «annettere la nostra terra a Israele» e spiegava che oggi l’area del  Beit Jala si estende soltanto su «4 chilometri quadrati, meno di un terzo della sua dimensione originale».


 


Del Muro aveva parlato già Giovanni Paolo II, per ripetere che «la Terra Santa ha bisogno di ponti piuttosto che muri». Anche Papa Benedetto XVI, durante la sua visita a Betlemme, aveva dedicato parole forti al Muro «che si introduce nei vostri territori, separando i vicini e dividendo le famiglie». Ora il gesto di Papa Francesco, nella sua silenziosa nudità, abbraccia tutti e tutti interpella, a partire dal popolo d’Israele che – come ha ribadito il cardinale Pietro Parolin prima di partire per la Terra Santa, esprimendo lo sguardo della Santa Sede – deve poter vivere in pace e sicurezza nella terra che porta il suo nome.


 


Senza proclami, senza invettive, il Papa “preso” quasi alla fine del mondo si muove intorno alle ferite aperte del conflitto arabo-israeliano con inerme libertà e senza prevenzioni cautelari. Senza curarsi dei fraintendimenti alimentati dal pregiudizio. Abbraccia il senso d’impotenza dei contadini palestinesi con lo stesso sguardo libero con cui domani deporrà fiori sul Monte Herzl, che prende il nome dal fondatore del movimento sionista. Così Papa Francesco guarda alle sofferenze, alle ingiustizie e alle piaghe del mondo: con una libertà disarmata che interroga le coscienze di tutti, e non è contro nessuno.

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