Morire sul lavoro e la dignità di una sepoltura
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Morire sul lavoro e la dignità di una sepoltura

Mario Cardinale, travolto da una frana nella cava Galbasa, ad Agrigento. La moglie e le figlie chiedono e ottengono che si cerchi ancora il suo corpo. [Onofrio Dispenza]

Morire sul lavoro e la dignità di una sepoltura
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

12 Febbraio 2013 - 15.50


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di Onofrio Dispenza

Rosalia è una donna in lutto, le stanno attorno le figlie. Con loro, i parenti e a un gruppo di concittadini. Sotto una pioggia battente sono arrivati qui, all’ingresso della cava Galbasa, dove mercoledì scorso ha perso la vita Mario Cardinale, 50 anni, un operaio travolto da una frana mentre lavorava su una pala meccanica. Sepolto da una montagna di pietre. Siamo a Villafranca Sicula, in provincia di Agrigento. Mario era di Bivona, un paese non lontano. Siamo nell’entroterra.

Rosalia, le figlie, i concittadini di Mario, la gente dei paesi vicini, incuranti della pioggia e del vento, hanno atteso e preteso una risposta alla richiesta di riprendere le ricerche, di trovare Mario e restituirlo al lutto della famiglia. Mercoledì scorso, dopo l’incidente si era provato a scavare, a raggiungere le lamiere che avevano imprigionato il corpo senza vita dell’operaio. Poi, le ricerche erano state sospese. Pericoloso scavare, poi ci si era messo anche il tempo. Ore di pioggia intensa sui colori del lutto indossati dalla vedova e dai figli di Mario. Ma non hanno voluto schiodarsi, chiedevano che si riprendessero le ricerche.

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“Qui – dice uno che conosceva Mario – si muore comunque, o perché lavori o perché un lavoro non ce l’hai e non ce la fai più a tirare avanti…. Ma non è possibile che non si riesca a restituire Mario al dolore della famiglia…”. La zona è pericolosa, non si escludono altri cedimenti del costone franato, ma Mario non può restare qui. “Qualcosa si può e si deve fare, è passata una settimana… Non è giusto, moglie e figlie sono dilaniate dal dolore”, dice il sindaco di Bivona, Giovanni Panepinto.

Rosalia Di Noto, la moglie dell’operaio, piange e implora: “Spero che la magistratura e il prefetto dispongano la ripresa delle ricerche”. Certo, nel cuore la donna non rinuncia all’idea che il marito possa essere ancora vivo. Prega per questo, prega comunque che le restituiscano il suo Mario. Saranno altre lacrime, ma senza questa angoscia.

“Manca l’organizzazione, non esiste un coordinamento se non lo sforzo dell’unico tecnico, un ingegnere del distretto minerario… – dice la gente – Certo, hanno lavorato i vigili del fuoco, li hanno aiutati gli operai dell’ItalKali, ma non è bastato…”.

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“Fino a quando il corpo di Mario non sarà stato ritrovato, staremo qui, accanto alla moglie, alle figlie e ai suoi fratelli. Mario vogliamo riportarcelo a casa! Non può essere questa la sua tomba!”.
Alla fine, Rosalia, le sue figlie, i compagni di lavoro di Mario hanno avuto una risposta. Questa mattina sono riprese le ricerche. Una mano l’ha data il cielo. Non piove più.

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