Come algoritmi e intelligenza artificiale penalizzano chi racconta gli orrori delle guerre e favoriscono il gossip
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Come algoritmi e intelligenza artificiale penalizzano chi racconta gli orrori delle guerre e favoriscono il gossip

Globalist - ma non solo noi - è stato penalizzato da Facebook perché l'intelligenza artificiale pensa che se dai le notizie su Gaza o sull'Isis devi essere di Hamas e un jihadista

Come algoritmi e intelligenza artificiale penalizzano chi racconta gli orrori delle guerre e favoriscono il gossip
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25 Marzo 2024 - 01.17


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Possiamo dire che la cosiddetta intelligenza artificiale che monitora i contenuti di Facebook di intelligenza ha ben poco e che è ormai usata come una clava o peggio come una mannaia verso chi cerca di fare informazione seria e onesta?

Risultato? Agli occhi (artificiali) di Facebook la nostra testata, che pure è tra le capofila della lotta al terrorismo ed è tra quelle che dà più spazio a Papa Francesco, è finita nella lista nera delle pagine che – più o meno – sono considerate nelle pericolose mani di persone che fiancheggiano il terrorismo.

Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Perché questo “bollo di infamia” ha determinato che il famoso algoritmo di Facebook si è abbattuto sulla nostra pagina riducendone drasticamente la portata con automatico crollo del traffico social e danno economico e di immagine. Facebook ci ha oscurati e siamo perfino a rischio chiusura della pagine.

E cosa abbiamo fatto di così grave? Nulla. A inizio gennaio il giorno dopo l’attentato avvenuto in Iran durante la commemorazione del generale Soulemaini abbiamo pubblicato la notizia della rivendicazione dell’Isis. Accompagnando la notizia con una foto apparsa in lungo e in largo su tutte le testate italiana e internazionali nel quale si vedevano gli attentatori rivendicare l’azione.

Tanto è bastata perché Facebook ritenesse che noi fossimo una costola dell’Isis o un gruppo di fiancheggiatori dello Stato Islamico.

Che fare allora? Contestare la decisione per via telematica perché a Facebook, soprattutto dopo l’ondata dei tagli degli scorsi anni, è praticamente impossibile qualsiasi altra forma di contatto. Siamo da soli di fronte all’algoritmo. Che ha respinto il nostro ricorso, punto e basta. Per il social siamo tra coloro che promuovono il terrorismo, anche se è vero l’esatto contrario.

Da allora, non sappiamo se perché siamo stati presi di punta dall’intelligenza artificiale o se c’è proprio una deriva che riguarda tutti, è iniziato un percorso irto di spine con Facebook che ci contesta 3-4 post al giorno.

Se parliamo della guerra di Gaza è praticamente vietato far vedere un bambino ferito, un funerale, una immagine che dia l’idea di ciò che accade nella striscia. Puntuale arriva la notifica della violazione degli standard e la penalizzazione del post.

Poi la situazione è degenerata. Solo per parlare degli ultimi giorni ci è stato contestato un articolo nel quale si parlava di La Russa e del suo revisionismo su via Rasella. Qualsiasi articolo su Gaza nel quale ci fosse una foto su ciò che accade. Anche senza persone morte, senza feriti. Anche le macerie di un palazzo bombardato violavano gli standard. Insomma se invece di raccontare la guerra di Gaza ci facessimo gli affari nostri sarebbe meglio.

Ci è stato contestato un articolo sull’ennesimo femminicidio che aveva come foto quella generica di un’auto della polizia. Nemmeno l’auto della polizia fosse quella di un commando di Al- Qaeda. Ci è stato contestato un articolo normalissimo con una dichiarazione di Lavrov con immagine di repertorio di Lavrov. Ci stato contestato questa mattina un post sulla strage di Mosca nel quale si vedeva una bandiera russa a mezz’asta e non si capisce cosa abbia capito l’intelligenza artificiale.



Il finale sarebbe comico se non fosse per noi un dramma: ci è è stato contestato un post nel quale si annunciavano gli ospiti di ‘Che tempo che fa’ con foto di Fabio Fazio che evidentemente deve essere un pericolo estremista. Fabio Fazio!

Dulcis in fundo l’ennesima penalizzazione con tanto di “ricorso” online perso.



Prima vi scriviamo l’avviso di Facebook: “Non abbiamo ripristinato il tuo contenuto Perché è successo. Sembra che tu abbia condiviso o inviato simboli, elogio o sostegno nei confronti di persone e organizzazioni che consideriamo pericolose oppure che tu abbia iniziato a seguirle.
Il tuo contenuto viola i nostri Standard della community in materia di persone e organizzazioni pericolose.

Sapete chi era la persona pericolosa? Il terrorista? L’estremista? Giuseppe Mazzini. Un semplice post sull’almanacco del giorno che aveva a corredo la foto del nostro patriota al quale sono intitolate strade e piazze è stato considerato sostegno a persone pericolose.



Che fare allora? L’intelligenza artificiale ci sta portando alla rovina e impedendo di fatto di raccontare guerre e misfatti e abbiamo di fronte non persone in carne e ossa alle quali far notare l’assurdità della situazione. Visto il nulla, ossia un algoritmo impazzito o una intelligenza artificiale non troppo intelligente che si può fare? Chiedere l’intervento dell’Agcom? Sperare in una interrogazione parlamentare? In un intervento dell’Europa? Oppure, visti i tempi, chiudiamo direttamente la baracca o passiamo a occuparci – perdonate il termine – di culi, tette e corna che sono accolti a braccia aperte dagli algoritmi? Possiamo sperare di poter continuare a fare giornalismo senza essere oscurati da social e algoritmi? Aiutate noi per aiutare tutti coloro che vogliono fare onestamente informazione.

Ps: Ad articolo ultimato è arrivata un’altra notifica. Facebook contesta questo pezzo titolato: “Milei il revisionista nega che durante la dittatura in Argentina ci siano stati 30 mila ‘desaparecidos'”. Capito? Ma chi viola gli standard? Milei che dice e fa cose abominevoli o noi che lo raccontiamo e lo facciamo notare?

Ps2 – Facebook è nuovamente intervenuto e ha detto che un nostro vecchio articolo (pubblicato a suo tempo senza problemi) che abbiamo ripubblicato per l’interesse storico viola le regole. E’ un articolo sui fascisti della X Mas e i loro crimini. La foto di repertorio che mostrava (da lontano) un partigiano impiccato non si può pubblicare. Con tanti ringraziamenti da parte di chi vuole nascondere la barbarie nazi-fascista.

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