Perché Sanremo era e resta una Festa nazional popolare
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Perché Sanremo era e resta una Festa nazional popolare

Non raduno, serata, sagra dal gusto nazional popolare. Ma Festa che, come tutte le Feste, istituzionalizza il rito. Mattarella ha messo il sigillo

Perché Sanremo era e resta una Festa nazional popolare
Gianni Morandi, Roberto Benigni e Amadeus
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Maurizio Boldrini Modifica articolo

8 Febbraio 2023 - 14.27


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Sono d’accordo con Aldo Grasso: questa edizione del festival ha sancito per sempre l’istituzione del festival come Festa nazional popolare.  Festa con la effe maiuscola. Non raduno, serata, sagra dal gusto nazional popolare. Ma Festa che, come tutte le Feste, istituzionalizza il rito. Il sigillo definitivo lo ha avuto iersera. Non solo per l’inaspettata e sorprendente presenza del Presidente della Repubblica  (che ha sorriso e s’è commosso al ricordo del padre costituente).  Non solo per l’ode alla Costituzione cantata (la musica è l’arte delle arti, dirà su quel palco)  da un mirabile Roberto Benigni che ha tenuto a freno la sua proverbiale toscanità per tessere l’elogio della unità tra diversi che ha portato alla bella e unitaria Costituzione e ricordare, con altrettanta franchezza, ciò che è stato il regime fascista. E madre a mente l’articolo 21, quello sulla libertà di pensiero.  

E Mameli che diventa una star sanremese grazie al tuttofare Morandi, che incarna davvero le virtù dell’italiano medio. Più della famosa casalinga di Voghera. Apriti cielo e spalancati social. I nostalgici in camicia nera (o grigia)  sono spuntanti come funghi. Anche quelli in doppiopetto. Il leghista Salvini l’aveva fiutato che questa edizione di  Sanremo non sarebbe stata all’altezza dei tempi: aveva già messo le mani avanti sulla presenza d Zelenskj.  Poi, dopo la prima serata, le mani l’ha messe direttamente sul fuoco della polemica, prendendosela con con la presenza sul palco del  Presidente della repubblica. No, dicono coloro che s’aspettavano un festival più meloniano. No, caro Amadeus,  così non va.  

Il grande Maestro della Festa mira, però,  ad altro. Mira allo share. Ha letto la strana fenomenologia di Sanremo. Cioè, Umberto Eco. I dati gli danno, anno dopo anno, ragione. Mira al suo pubblico. Anzi, ai suoi pubblici.  I monologhi per chi ama la cultura e ( ancora) si appassiona di politica; la letterina dell’influencer di chiara fama; i giovani cantanti scamiciati e i vecchi Cugini imbellettati. E l’immancabile colpo di scena che fa infuriare gli amanti dei fiori e della buona educazione. Tanti gusti, tanti pubblici diversi, una margherita di passioni e gusti d soddisfare. Amadeus , come nota Aldo Grasso, “tira dritto e prosegue con la sua raffinata strategia di annessione di ogni anima del mainstream”. Ce n’è per tutti i gusti. I nostalgici potranno ballare il twist con Peppino di Capri;  i perenni innamorati anticipare  il San Valentino con la poesia di Gino Paoli e con la verve della Vanoni; i più giovani potranno ascoltare music rap più o meno dura e godersi star internazionali. E poi c’è il Fanta-Sanremo che fa impallidire, con le sue cifre da record, tutti gli studiosi dei fenomeni di massa. 

Tutto bene, dunque per la festa che si trasforma in Festa? No, troppi omaggi e troppe parole sdolcinate. Troppi dirigenti Rai in prima fila. Tempi lunghi e a volte esageratamente lenti e non  solo a causa del bastimento di pubblicità.  E le canzoni scelte, questa volta, convincono meno. Un’anteprima del festival che non convince. Ma tant’è: gloria a Sanremo che ci fa sorridere e placa la nostra ansia, mentre non lontano da qui si spara; mentre non lontano da qui un numero indicibile di persone muore sotto case che crollano come fossero di pastafrolla. Che Festa nazionale e popolare sia e che i politici di ogni taglia ce la lascino godere in santa pace.   

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