Scavo: "Vogliono intimidire le nostre fonti. È l'effetto collaterale delle intercettazioni".
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Scavo: "Vogliono intimidire le nostre fonti. È l'effetto collaterale delle intercettazioni".

Le sue inchieste sui lager libici, i respingimenti in mare, i finanziamenti a trafficanti di esseri umani “riciclati” nella cosiddetta Guardia costiera libica, hanno lasciato il segno. Parla il giornalista de l'Avvenire

Nello Scavo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Aprile 2021 - 14.31


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Le sue inchieste sui lager libici, i respingimenti in mare, i finanziamenti a trafficanti di esseri umani “riciclati” nella cosiddetta Guardia costiera libica, hanno lasciato il segno. Nello Scavo, firma di Avvenire, è uno dei giornalisti intercettati nell’inchiesta di Trapani. Globalist lo ha intervistato.

Partiamo dalla più stretta attualità. Andrea Palladino sul Domani rivela che l’ordine di indagare sulle Ong è partito dal ministero dell’Interno. “Le indagini – scrive Palladino – sono state cruciali per legittimare la battaglia del ministro Minniti prima e di Salvini poi contro i ‘taxi del mare’. Ora si scopre che fu lo stesso ministero a dire alla polizia di indagare sulle organizzazioni umanitarie, pur non avendo alcun elemento concreto”.  E aggiunge: il 12 dicembre del 2016, all’inizio del governo Gentiloni, dal ministero dell’Interno esce Angelino Alfano e arriva Marco Minniti. Quello stesso 12 dicembre in un ufficio del Viminale alcuni funzionari licenziano una lunga informativa. L’oggetto – rivela  Palladino – è  “attività di analisi dei  flussi migratori in Italia” ed è indirizzata allo Sco, ovvero all’ufficio di polizia giudiziaria che gestirà l’inchiesta di Trapani”. Tu sei tra i giornalisti intercettati. Qual è il segno più profondo di questa vicenda?

Per comprenderne appieno la gravità occorre inquadrarla nel contesto politico-temporale nella quale si innesta. In quelle settimane, arriva in segreto la delegazione libica in Italia , di cui fa parte uno dei capi del traffico di esseri umani, “Bija”. Noi riusciamo a dimostrarlo due anni dopo. Ci sono queste inchieste, si comincia a parla di “taxi del mare”. Salvini che nel marzo di quell’anno accusa i servizi segreti di tenere nel cassetto informazioni sensibilità sul rapporto tra Ong e trafficanti. Il senatore Stucchi, leghista, che a quei tempi era presidente del Copasir, dopo due giorni emette un comunicato in cui dice “dopo avere sentito i vertici dei Servizi, possiamo affermare che le dichiarazioni del senatore Salvini sono al momento destituiti di ogni fondamento”. Tempo dopo scopriamo che invece c’erano questi addetti alla sicurezza privata delle navi di salvataggio che passavano informazioni alla Lega. E la polizia, raccogliendo queste informazioni, annota in un verbale che i pizzini che gli passavano questa vigilanza privata, sono stati utilizzati dalla Lega per la campagna elettorale. Questo lo scrive un poliziotto che annota le comunicazioni. Se mettiamo insieme tutto questo contesto, non è illogico che vengano direttamente o indirettamente intercettati alcuni giornalisti. Perché evidentemente c’era molta preoccupazione anche su quali fossero le nostre fonti. Prendiamo la vicenda che mi coinvolge: don Mussie Zerai era indagato in quanto individuato come collegamento tra trafficanti e Ong. Adesso lui è stato archiviato. A quel tempo lui è considerato un perno di questa inchiesta. Viene intercettato mentre parla con me. Io l’ho chiamato diverse volte, e chissà perché vengono annotate come “importanti” solo alcune telefonate…

Vale a dire?

Quelle nelle quali parliamo di come lui mi deve passare alcune informazioni. Se tu leggi tutte le intercettazioni, quelle di Sergio Sandura, quelle di Nancy Porsia, alla fine si sono fatti una idea molto precisa di come lavorano i giornalisti in quei contesti. E’ questa la cosa che più mi ha colpito, oltre naturalmente al fatto di essere stato intercettato. A ciò si aggiunge il fatto che questi dicono che le intercettazioni sono penalmente irrilevanti e però invece di buttarle nel cesso, come prevede la legge, sono rimaste in giro. In quel contesto politico molto particolare, quelle intercettazioni sono sintomatiche. Sintomatiche di un modus operandi molto particolare. E del resto l’attuale procuratore facente funzione di Trapani ha sostanzialmente disconosciuto. O meglio, lui dice non disconosco l’indagine però non me ne ero occupato io. E quando in una intervista di ieri all’Adnkronos gli chiedono, in buona sostanza, se fosse stato lei a istruire quell’inchiesta avrebbe fatto intercettare i giornalisti? La sua risposta è stata: su questo preferisco non commentare. Il che vuol dire che non era molto d’accordo con questa pratica. Io la inserisco in questo clima molto particolare in cui probabilmente loro avevano capito che noi stavamo toccando dei fili scoperti. E lo facevamo senza neanche conoscerci, a quel tempo. Loro forse pensavano che questi giornalisti lavorassero in pool, invece questo non c’era perché ognuno seguiva il proprio percorso giornalistico d’inchiesta. 

La vicenda delle intercettazioni è una ennesima puntata di questa caccia al testimone scomodo, iniziata cercando di criminalizzare le Ong operative nel Mediterraneo?

Secondo me sì.  Questi giornalisti erano individuati come schierati, ma poi hanno intercettato anche Biroslavo che non è certo uno schierato per l’accoglienza. Loro avevano necessità di capire quale era tutta la rete delle nostre fonti, non solo in Italia, perché quello che fanno su Nancy Porsia è un lavoro che fanno anche in Libia. Un po’ alla volta ci hanno attenzionati tutti, ed alcuni sono finiti sotto tutela. Uno degli effetti collaterali di questi sviluppi sulle fonti,  anche interne alle istituzioni In  queste ore diverse di queste fonti mi hanno contattato, con i metodi che usiamo noi, molto preoccupate. Mi chiedono, e non credo che sia il solo, ma ci siamo anche noi in queste intercettazioni, possiamo essere tranquilli? Immagina di essere un pubblico ufficiale, una fonte informativa che potrebbe dare a dei giornalisti di cui si fida , con cui vorrebbe stabilire un contatto, perché tante volte è andata così, ci hanno cercato le fonti. Se tu hai il dubbio che siamo tutti intercettati, ma io, è la logica conseguenza, a chi le do queste informazioni? Io penso che il problema non è Nello Scavo, Sergio Scandura, Nancy Porsia e gli altri intercettati. Non è minacciata la mia libertà d’informare, a essere minacciata è la libertà dei cittadini di essere informati. E’ talmente massiccia l’operazione che io mi metto nei panni di una fonte. Lì per lì non ci avevo pensato, poi mi ci ha fatto pensare una fonte del caso “Bija”. Una persona che vive da tempo con preoccupazione. Lui ha voluto darmi una mano, di sua iniziativa tra l’altro, ma sente la preoccupazione di finire inguaiato. Ovviamente mi ha chiesto “Nello posso stare tranquillo? Io non ci sono, tu hai letto qualcosa che mi riguarda?”. Gli ho risposto di stare tranquillo, che lui non c’era. Ma questo ti fa capire che altre fonti, in futuro, prima di contattare Sergio o me o Francesco o altri, ci penseranno due volte. Vogliono farci terra brucia intorno, intimidire le fonti. E questa è davvero la cosa più grave.

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