Il caso Liberazione, o dell'ignoranza volontaria
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Il caso Liberazione, o dell'ignoranza volontaria

C'è chi sostiene che il Prc chiuda il quotidiano per motivi politici. Non credo. I motivi sono patetici. [Antonella Marrone]

una vignetta di Mauro Biani propiziatoria alla riapertura di Liberazione
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Antonella Marrone Modifica articolo

23 Marzo 2012 - 12.13


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Nel paese di Flatlandia, val bene riflettere anche su una piccola storia come quella del quotidiano del Prc, Liberazione. Una notarella, niente più.

Alcuni colleghi ritengono che Liberazione sia stato chiuso per motivi politici, cioè per fare fuori una redazione “ingovernabile”. Non credo sia vero (quantunque la cosa mi gratificherebbe). Nel senso che sarebbe una lettura ad una “dimensione”: quella della realtà che abbiamo vissuto noi redattori del giornale (non tutti per la verità, c’è anche chi per difendere Ferrero e Greco sarebbe disposto a dare attenuanti dignitose alla dittatura del proletariato).
Non credo sia vero, dunque, perché bisognerebbe avere una idea politica per poter “epurare”. Un’idea dittatoriale, ma un’idea, un pensiero.
Qui siamo di fronte al nulla.
Parafrasando il mitico Fortebraccio: “Si aprì la porta di Liberazione e non scese nessuno. Era il direttore Dino Greco”.
Quali potrebbero essere le ragioni, allora? Un rude gruppo di funzionari di partito che ritiene la scomparsa del quotidiano un danno collaterale per il mantenimento dello status quo interno; un astio “clericale” verso tutto ciò che non rientri nel proprio piccolissimo modo di vedere le cose; il livore verso la “casta”, quella dei giornalisti, sedimentato in anni di miopi analisi politiche e sociologiche; la presunzione di “bastare”. E questa è la peggiore delle vacuità.

Pensare di bastare ai propri iscritti, pensare di essere sufficienti a spiegare un mondo e a coglierne le differenze; pensare che un segretario basti a dare la linea; pensare che quattro polverose parole tratte da un vocabolario ottocentesco bastino per autodefinirsi “intellettuali”. Pensare che per essere su Internet basti accroccare quattro fili e un po’ di twitt. Pensare di essere superiori e di capire meglio degli altri – come nel caso del ripristino dei fondi per l’editoria (“una bufala” sostengono); pensare di non aver bisogno di nessuno. Ma, sopra ogni altra cosa, pensare che gli altri non si accorgano di tutto ciò.

L’ “ignoranza volontaria”, scrive Jonathan Franzen, è un importante mezzo di sopravvivenza, forse il più importante di tutti.

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