Come ti privatizzo il carcere in Gran Bretagna
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Come ti privatizzo il carcere in Gran Bretagna

La decisione del ministro della Giustizia Kenneth Clarke è la più grande operazione di privatizzazione effettuata finora del servizio penitenziario

Come ti privatizzo il carcere in Gran Bretagna
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16 Gennaio 2012 - 10.55


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Dio salvi la Regina e tra non molto anche il detenuto. Il Regno Unito si prepara a varare la «prima operazione di privatizzazione del sistema carcerario», con una gara di appalto da 2 miliardi di sterline (oltre 3 miliardi di euro) per la gestione di nove centri di detenzione in Inghilterra.

La più grande operazione. Lo scrive il Times di oggi e aggiunge: «La decisione
del ministro della Giustizia Kenneth Clarke di dare in appalto la
gestione di nove prigioni, tra cui centri di detenzione per
minori e immigrati, è la più grande operazione di privatizzazione
effettuata finora del servizio penitenziario» Si sono presentate sette aziende, tra cui
le americane MTC e GEO, che si occupano già di prigioni, e tre società britanniche che invece non hanno alcuna esperienza nel settore. Una volta conclusa l’operazione, quasi un penitenziario su sei in Inghilterra e in Galles sarà gestito da privati. Puntando molto sul processo di riabilitazione, precisa il Times: i contratti di appalto prevederanno “pagamenti in base ai
risultati”, per cui i gestori privati riceveranno bonus o
pagheranno sanzioni a seconda del numero di recidivi.

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Dall’Australia e dagli Usa, dove questa disinvolta pratica di privatizzare la “punizione” dei cattivi è in voga da decenni, non sono mai arrivate buone notizie. La logica del profitto non aiuta, diciamo, la propensione al reinserimento del detenuto. Al contrario, il detenuto buono è quello morto: vuoi per suicidio, vuoi per carenza di igiene e servizi, vuoi per quel malinteso senso di attaccamento degli agenti al proprio dovere che porta, spesso, all’uso della forza. Eppoi, in un mondo in crisi, pieno di delinquenti, il turn over è sempre gradito.

Prison Valley. Per chi avesse voglia di approfondire il tema “privatizzazione” delle prigioni, consigliamo un bel reportage ([url”Prison Valley”]http://prisonvalley.arte.tv/?lang=en[/url]), girato poco più di un anno fa da due giovani reporter francesi nella valle delle prigioni, in Colorado, a Cañon City “una città nel mezzo del nulla, con 36 mila abitanti e 13 prigioni, una delle quali è SWupermax, la nuova Alcatraz dell’America”. Basterà per darvi un’idea di che cosa possa essere l’inferno di una prigione privata.

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In Italia se ne parla da tempo. Ogni tanto qualcuno riscopre il valore terapeutico delle privatizzazioni per affrontare il dramma delle carceri superaffollate (l’ex ministro Brunetta, tra le sue esplosive proposte per l’ottimizzazione della P.A si era messo in testa di utilizzare alcuni villaggi vacanze dismessi), ma estendere la gestione delle carceri al privato, nel nostro paese, è difficile: ci salvano la Costituzione e una serie di leggi che prescrivono come compito dello Stato la sicurezza dell’esecuzione della pena. Purché lo Stato non si “abbassi” a fare il privato, lasciando che ogni anno nelle nostre carceri muoiono centinaia di detenuti, decine di suicidi (nel 2011, 186 in tutto, 66 suicidi).

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