Un anno fa Papa Francesco in piena pandemia ha indicato la strada: c'è chi sta facendo l'esatto contrario
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Un anno fa Papa Francesco in piena pandemia ha indicato la strada: c'è chi sta facendo l'esatto contrario

Il 27 marzo 2020 in una piazza San Pietro vuota il pontefice ha ricordato che ci si salva tutti insieme e ha chiesto di riconoscere le fragilita

Papa Francesco nella piazza San Pietro vuota
Papa Francesco nella piazza San Pietro vuota
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

27 Marzo 2021 - 10.55


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Il discorso pronunciato da Papa Francesco il 27 marzo dello scorso non può essere solo riletto, va anche ricordato, perché andrebbe rivisto. E’ un discorso inseparabile dal vuoto nel quale è stato pronunciato, che interpretava e cambiava per ciascuno di noi il vuoto nel quale eravamo e siamo finiti con la pandemia.

La forza di quel discorso ha a che fare con il vuoto, che Francesco ha saputo abbracciare, senza temere, trasformandolo in una barca. Il vuoto che ci separa e isola da allora, trasformando le nostre città, le nostre piazze, è anche il vuoto che ci unisce, tutti nella stessa barca. Francesco ha visto questo vuoto nel quale viviamo come la barca nella quale tutti insieme ci salviamo. 
Ma soprattutto Francesco quel giorno ha sfidato la cultura bugiarda della guerra dicendoci appunto che siamo tutti sulla stessa barca mentre i più dicevano che siamo in guerra. Non eravamo in guerra e non siamo in guerra con nessuno: non c’è virus cinese, checché neanche detto tanti, anche leader politici,  non c’è complotto americano, checché ne abbiamo detto i soliti complottisti, anche leader politici, non c’è variante di questa o quella “nazione”, checché se dica ogni giorno con un linguaggio sbagliato: siamo tutti insieme contro il male e se così non fosse questa sarebbe la sconfitta, tremenda. 
La sconfitta è lasciare indietro chi non merita le cure perché troppo anziano, chi non merita le cure perché può pagarle di meno, perché è nato nel paese dove le cure si producono o si praticano. Questo è l’unico vuoto incurabile. 
La fragilità di ciascuno di noi davanti al male è evidente, non va nascosta e il 27 marzo dello scorso anno Francesco ci ha chiesto di riconoscere la nostra fragilità. Quello che non si accetta un anno dopo è lo sfruttamento della fragilità della vecchiaia, lasciandoli senza cura, dell’infanzia, lasciandoli a casa, della povertà, lasciandoli indietro pensando a guarire da soli. Sì, ricordarci, rileggere e rivedere il discorso del 27 marzo ci aiuta anche a capire chi sta trasformando le nostre società, chi sta indicando la strada per uscirne tutti migliori e chi invece sta facendo esattamente il contrario. Basta avere l’onestà di guardare fuori dalla finestra. 

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