Dai partiti volevo ministro un nuovo italiano. Dai cattolici vorrei il sinodo
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Dai partiti volevo ministro un nuovo italiano. Dai cattolici vorrei il sinodo

Il sinodo è il solo momento ecclesiale in cui il laicato cattolico è protagonista. Ed è quello di cui l’Italia ha bisogno, un momento in cui una cultura di popolo torni a raccontarsi, a definirsi, a riconoscersi

Zuppi e Papa Francesco
Zuppi e Papa Francesco
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

14 Febbraio 2021 - 16.20


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La vera sfida del governo Draghi sembra proprio quella di riuscire a portare l’Italia al di là delle secche della polarizzazione politica, per questo la mia critica a questo governo è molto semplice: avrei voluto ministro un nuovo italiano. Ma siccome non c’è ora chiedo ai cattolici non un loro ennesimo  partitino, ma il sinodo della Chiesa in Italia. Se nel Paese del cattolicesimo su 23 ministri non può esserci un nuovo italiano, e credo non ci sarà neanche tra i sottosegretari, vuol dire che il sinodo è urgente. E vorrei spiegare perché.

La polarizzazione è un fenomeno pericolosissimo e che ha coinvolto tutti e che è stato innescato dagli errori delle vecchie forze politiche e poi lanciato nell’agone politico dai neo-populisti, dai sovranisti, ai quali molta parte avversa ha dovuto rispondere adeguandosi nella reazione al loro estremismo. Questo processo di polarizzazione o estremizzazione della politica ha sempre il suo apice nella criminalizzazione dell’altro: l’altro inteso come migrante, come credente, e poi come soggetto politico. Così possiamo ritenere che questo processo sia cominciato in Italia con la chiusura dei porti (praticata da Salvini ma pensata prima da lui e non attuata grazie alla fermezza del ministro Del Rio), sia cresciuto con la criminilazzazione dei musulmani e oggi si compia nella critica spicciola del primo governo repubblicano dagli anni Cinquanta che coinvolge esponenti di tutti i partiti, ad eccezione di Fratelli d’Italia. Urla belluine tipo “il ritorno di Jurassic Park” o di “nani e ballerine” ne sono la più evidente rappresentazione ed espressione. 

Chi ha polarizzato è vittima della polarizzazione che ha prodotto, ma è anche vero che il meccanismo di riflusso nel primitivo è il medesimo. Chi di spada ferisce di spada perisce, verrebbe da dire, ma non c’è dubbio che il meccanismo vada spezzato. 

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Purtroppo la polarizzazione è stata estrema, le tesi esposte in Italia, soprattutto da chi voleva farne il laboratorio della nuova internazionale di Steve Bannon, sono state feroci. Ma se mentre tutto questo accadeva è stato naturale pensare che a un estremismo si reagisca con un estremismo uguale e contrario, oggi bisogna rendersi conto urgentemente che mai un estremismo ne sradicherà un altro. Gli estremismi sono come i ladri di Pisa: di giorno litigano, mala notte rubano insieme. Fermezza sì, estremismo no. Si tratta infatti di un processo di disumanizzazione dell’altro che oggi cogliamo in tante reazione incredule davanti alla composizione dell’esecutivo Draghi come ieri lo abbiamo colto, inorridendo, davanti all’evidente disumanizzazione di ogni migrante, di ogni africano, di ogni “diversamente credente”. Questa disumanizzazione arriva in alcuni commenti di chi ha subito il comportamento disumanizzante della “nuova destra” a materializzarsi nei toni di alcuni contro lo stesso Draghi: infatti in tanti racconti diviene il ritratto del banchiere assetato del sangue dei poveri. 

Se noi guardiamo al campo cattolico, ad esempio, la polarizzazione della politica estremista la avvertiamo in chi presenta Draghi e i suoi tecnici come uomini della finanza malvagia. Il bene comune, che ovviamente richiamano come bussola, lo incarnano solo loro, lo perseguono solo loro. E’ grande il lascito dell’epoca della polarizzazione, talmente grande da riessere penetrato per reazione anche nel mondo cattolico. Chi parla così di Draghi va capito: ha sofferto la disumanizzazione dei migranti, dei rifugiati come ha patito le politiche del liberismo selvaggio. Questo si deve capire. Ma in questo governo non vedo gli estremisti di quei campi, si è tentato di coinvolgere i ragionevoli di tutti i campi, per rendere possibile quel “siamo tutti sulla barca” che impone una de-polarizzazione prima di tornare, auspicabilmente presto, alla necessaria dialettica tra diversi. Allora si opponga al presunto liberismo di Draghi non un processo alle intenzioni ma un appello alle coscienze, basato sulle politiche, non sugli a-priori. Colpisce a questo riguardo che chi urla  “tornano gli xenofobi” non si chieda come costoro abbiano accettato al ministero dell’interno del nuovo governo chi ha smontato i loro decreti sicurezza. 

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La  “disumanizzazione” dell’altro parte ovviamente dall’altro più evidente, quello che ha una pelle di diverso colore, o un’altra fede religiosa. Per questo la libertà di religione fonda le altre libertà. Ma se lo stesso cattolicesimo conciliare arriva a non distinguere tra eletti ed elettori, se alcuni di loro identificano Draghi con il prototipo del “banchiere affamatore”, dobbiamo renderci conto di quanto cammino abbia fatto la polarizzazione estremista nel nostro discorso politico. 

Non mi è facile difendere un’associazione con chi ho aborrito. Ma anche lui ha aborrito me e le mie idee, e oggi mi sembra che un paletto sia stato posto, chiaro: a guidare il ministero dell’Interno non c’è Salvini, ma la signora Lamorgese. Chi voleva rifondare la politica dell’accoglienza in Italia poteva usare diversamente gli anni trascorsi senza Salvini al Viminale e votare, ad esempio, lo ius soli. Non lo ha fatto. Quel che constato e contesto riguarda tutti i partiti: tra i loro ministri non c’è nessuno nuovo italiano. In particolare direi che né Italia Viva, né il Pd, né LeU ne ha indicato uno. Dunque?  

Dunque bisogna rifondare un discorso proprio della nostra collettività nazionale e sarà difficilissimo, e non ci  si riuscirà rimuovendo, quel che è stato fatto da Conte e le forze politiche del suo primo governo e quel che non hanno avuto il coraggio di fare  Conte e le forze politiche del suo secondo governo. Il discorso quindi riguarda noi, la nostra cultura, la nostra società. A questo riguardo il mondo cattolico più che sognare un suo ennesimo e inauspicabile partito dovrebbe cominciare a mettere in pratica la richiesta pressante che gli ha fatto Papa Francesco e convocare un sinodo della Chiesa in Italia. Con i partiti che sembrano diventati solo participi passati, con i luoghi d’incontro ridotti a bar o ristoranti per di più aperti – se va bene- solo all’ora di pranzo, dove può cominciare a ritrovare un’idea di sé, una cultura sua, la comunità italiana, se non in un sinodo? 

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Il sinodo è il solo momento ecclesiale in cui il laicato cattolico è protagonista. Ed è quello di cui l’Italia ha urgente bisogno, un momento in cui una cultura di popolo, fatta di uomini e donne, torni a raccontarsi, a definirsi, a riconoscersi. L’illusione che un gruppo di vescovi e qualche loro amico possano rappresentare l’ultima cultura rimasta viva in Italia, immiserirebbe il cattolicesimo italiano a piccola aggregazione di amici di qualche eminenza invece che farne il volano di una rinascita che poi potrebbe riguardare liberali, progressisti, conservatori. Con un sinodo della Chiesa in Italia la nostra coscienza collettiva potrebbe confrontarsi con se stessa: siamo davvero ospitali? Crediamo davvero nei diritti dei giovani? Pensiamo in sincerità all’amicizia sociale?  E se è così come mai non siamo stati ospitali, non abbiamo fatto nulla per i nostri giovani, abbiamo praticato l’inimicizia sociale? A queste domande dobbiamo rispondere, ora. Prima che sia troppo tardi.   

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