Perché una vera civiltà cattolica non contempla il nazionalismo religioso
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Perché una vera civiltà cattolica non contempla il nazionalismo religioso

Il nazionalismo oppressivo viene utilizzato come oppio per le masse, affinché esse non siano consapevoli delle contraddizioni interne e della mancanza di integrità personale di chi le comanda

Estremisti di destra in Polonia
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

19 Giugno 2020 - 12.27


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Bisogna destrutturare il nazionalismo. Questo l’obiettivo di un saggio da leggere e possibilmente capire, quello che il gesuita Joseph Lobo pubblica sull’ultimo numero de La Civiltà Cattolica su come il nazionalismo usa la religione. Il testo è da leggere per il suo valore e anche perché le bozze de La Civiltà Cattolica vengono vistate dalla Segreteria di Stato. Da capire poi perché riguarda il nostro futuro, individuale e collettivo.
L’ uso della religione da parte del nazionalismo malato l’autore spiega entrando nel profondo delle deviazioni concettuali diffuse in ambienti religiosi e che poi lo conducono ad arrivare al fondo del problema: “I movimenti nazionalistici ristretti e oppressivi prosperano costruendosi un «estraneo» o un «altro» come nemico comune, facendone un capro espiatorio, mentre le contraddizioni interne del «noi» vengono volutamente nascoste. Quando il Mahatma Gandhi ha combattuto gli inglesi, era acutamente consapevole delle contraddizioni interne dell’India. Di conseguenza, prima di ogni satyagraha (la sua azione politica basata sulla resistenza passiva) digiunava e pregava per liberare se stesso e i suoi seguaci dalla rabbia, dall’avidità e dalle altre schiavitù interiori. Per lui, l’integrità personale di tutti, specialmente dei leader, era di fondamentale importanza. Il nazionalismo oppressivo viene utilizzato come oppio per le masse, affinché esse non siano consapevoli delle contraddizioni interne e della mancanza di integrità personale di chi le comanda. «Ma è un falso patriottismo – dice Guy Hershberger –, che, a scanso di una migliore conoscenza, pone questi uomini su piedistalli di perfezione, ne avvolge gli spiriti in un’aura di divinità e scredita qualsiasi critica che lo storico potrebbe sentirsi chiamato a fare riguardo alle loro persone apparentemente immacolate e alle loro carriere impeccabili». Le contraddizioni interne, che una narrazione nazionalista cerca di nascondere, sono spesso gli stessi mali, come la povertà di massa, l’ingiustizia sociale, la corruzione.”
Il problema, ad avviso di chi scrive, è che sul fronte culturale non si capisce appieno la rilevanza del fatto religioso per il discorso nazionalista. I nazionalisti invece ne sono ben consapevoli e non affrontano la questione con superficiale disprezzo: “La religione può raggiungere i livelli profondi della realtà umana e indurre una trasformazione a livello sia personale sia strutturale. Gli ideologi del nazionalismo religioso- culturale hanno sempre compreso molto bene che il livello fondamentale dell’essere umano è quello religioso, per il fatto che la sua apertura verso l’infinito gli permette di trascendere il suo stesso sé, e quindi hanno prodotto molti martiri per la loro causa, mentre torturavano e uccidevano altre persone. Questo può essere contrastato soltanto per mezzo di un impegno che nasca da aspirazioni religiose ancora più profonde e più autentiche. Qui si radica l’importanza del ruolo della religione e della teologia.”
Padre Joseph Lobo a mio avviso indica una profonda verità che non va colta soltanto nel suo significato di critica del nazionalismo religioso, o dell’uso nazionalista della religione, ma anche nell’urgenza di elaborare un discorso laico sul ruolo delle religioni nelle società laiche e moderne. Eppure occasioni di dialogo tra credenti e “figli del lumi” sul senso del vivere insieme in uno spazio comune e condiviso ormai sono quasi sparite.
Nel suo articolo padre Lobo ricorda che Johann Dräseke, scrisse a Brema nel 1813: «Tutti i templi, tutte le scuole, tutti i municipi, tutti i luoghi di lavoro, tutte le case e tutte le famiglie devono diventare arsenali in difesa del nostro popolo contro tutto ciò che è straniero e malvagio. Il cielo e la terra devono unirsi in Germania. La Chiesa deve diventare uno Stato per accrescere il suo potere, e lo Stato deve diventare una Chiesa fino a essere il Regno di Dio. Soltanto quando saremo diventati devoti in questo senso, e ci uniremo tutti in questa devozione, e diventeremo forti in tale unità, non dovremo mai più sopportare un giogo.»
Questo, allargando il discorso rispetto al testo, ci porta con tutta evidenza alla esportazione di questo nazionalismo malato nel mondo a noi vicino, il mondo arabo, che di suo non conosceva neanche l’idea di nazione quando arrivarono gli europei e le idee europee. Dunque sono proprio idee come quelle di Johann Dräseke che lo hanno ispirato. Il panarabismo, ritenuto di simpatie socialiste, ha fatto perno proprio su questa idea dello straniero malvagio. E’ chiaro che proprio qui si trova, guarda un po’, il punto di contatto con il fondamentalismo islamico. Ma stiamo all’influenza del nazionalismo malato europeo sul panarabismo. La lotta per la decolonizzazione ha certamente aiutato il radicarsi di questa visione, ma c’è un nesso con la volontà di Dio anche nel laicissimo panarabismo. I confini della “nazione araba”, nella loro narrativa, erano delineati con assoluta chiarezza da una volontà superiore: il Sahara a sud, il Mediterraneo a nord, il Golfo Persico a est, l’altopiano anatolico lì sopra. Perfetto: è la mano di Dio. E gli ebrei, i berberi, i nubiani e altri?
Il nazionalismo malato ha bisogno di Dio per giustificare la sua malattia, ovunque nel mondo. Il rimedio che padre Lobo identifica è quello indicato da Abramo Lincoln tanto tempo fa: “Nella storia recente, ne è un classico esempio l’appello di Abraham Lincoln: pienamente consapevole delle atrocità del suo Paese, richiamava i «buoni cittadini» e i «patrioti» a «confessare i loro peccati [politici] e trasgressioni». Chi è affetto da cieco nazionalismo non tollererebbe un appello di questo tenore; bollerebbe piuttosto profeti del genere come «anti-cittadini», istigando la folla a liquidarli.
I frequenti tentativi dei nazionalisti volti a distorcere la storia nazionale sono finalizzati proprio a coprire i peccati nazionali, 532 come appare da questo testo: «L’essenziale insegnamento storico da impartire ai nostri figli è inculcare in loro l’apprezzamento sano degli eroi, degli ideali, delle passate conquiste del nostro Paese, e di stimolare giuste aspirazioni per il suo futuro. Insegnare ai bambini americani con libri di storia revisionati e pieni di rimorso può portare a un solo risultato, ovvero a svilire il pensiero patriottico americano e a deprimere lo spirito nazionale.»”
Qui abbiamo ben chiaro quale sia il valore globale del confronto in atto nel mondo cristiano tra fautori e avversari del nazionalismo religioso, ben presente e influente anche in Italia. Qui una mano può venire da una speranza distintiva che padre Lobo fa già nelle prime pagine del suo lavoro: “ Sia chiaro: il nazionalismo non va mai confuso con il patriottismo. Infatti, mentre il «patriota è orgoglioso del suo Paese per quello che fa, il nazionalista si vanta del suo Paese, qualsiasi cosa faccia; il primo contribuisce a creare senso di responsabilità, mentre il secondo conduce a una cieca arroganza che porta alla guerra.» Questa idea di patriottismo non è detto sia l’unica, ma la distinzione e il metodo potrebbero aiutare e molto tutti coloro che non vogliono rimanere infetti dal virus del nazionalismo malato. Ma non c’è dubbio che in prima fila oggi ci sia la teologia e uno sguardo meno presuntuoso e distratto da parte della politica farebbe bene. Tutto sommato non è stato forse il terrorismo dell’Isis, con la complicità esplicita di chi gli ha consegnato chiavi in mano ampi pezzi di Siria per presentarsi ai creduloni come suo nemico, a fare da detonatore al ritorno potente del nazionalismo religioso? La teoria degli opposti estremismi, che noi italiani non abbiamo capito bene, ha ancora molto da dire de la comparazione dei miti fondanti dei fondamentalismi e dei nazionalismi malati dovrebbe diventare materiavi studio. Cosa li lega nel profondo? A me sembra che questa idea di un altro gesuita, Paolo Dall’Oglio, lo spiega bene: l’idea fondamentalista è per lui “legata all’appartenenza religiosa comunitaria che discrimina tra vera e falsa credenza, quindi tra vera e falsa umanità.” Ecco perché la vera svolta per noi e per loro sta nel documento sulla fratellanza umana firmato un anno da Papa Francesco, ad Abu Dhabi, con la massima autorità teologica dell’islam sunnita. Io credo che padre Lobo ci voglia dire che un buon patriota lo potrebbe firmare, un nazionalista no.

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