Antonio Marras: 'per la mia moda ho bisogno di arte e cinema'
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Antonio Marras: 'per la mia moda ho bisogno di arte e cinema'

Così lo stilista sardo parla della sua moda e delle sue ispirazioni, un risultato di un sapiente intreccio tra diverse discipline artistiche.

Antonio Marras: 'per la mia moda ho bisogno di arte e cinema'
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24 Febbraio 2016 - 12.27


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“Io vivo di contaminazioni, mutazioni, relazioni. Ma, soprattutto, penso che il mio lavoro, la moda, abbia bisogno, anzi necessità direi, di intrecciare arte, cinema, musica, video, letteratura e teatro per poter restituire le tensioni dello spirito del tempo. Di questo tempo. Dunque fenomeni, stili, tendenze di una dimensione in continua mutazione”.

Così Antonio Marras, nella pagine dell’inserto Moda del ‘Corriere della Sera’ di oggi, parla della sua moda e delle sue ispirazioni, un risultato di un sapiente intreccio tra diverse discipline artistiche. Il rapporto con la moda, ma soprattutto con le ‘contaminazioni’ tra le quali è cresciuto e si è formato, da quella Alghero che gli ha dato i natali, fino alla consacrazione e al riconoscimento universale tra i più apprezzati e stimati creativi del suo tempo.

“La moda – spiega lo stilista in un articolo scritto di suo pugno – è uno dei luoghi privilegiati dell’ibridazione e della contaminazione tra linguaggi e non solo . Un outfit è il risultato di intrecci di stili, di volumi, di forme, di epoche, di provenienze, di luoghi, di suggestioni, di influenze, di stimoli e di amicizie”. Amante a 360° del mondo dell’arte, che lega spesso alla cultura sarda con materiali semplici e tradizionali, dopo il debutto con la linea ‘piano piano dolce Carlotta’ Marras è stato direttore creativo di Kenzo, che ha guidato per 8 anni.

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“Sono convinto e lo ripeto spesso – afferma Marras – che sono quel che sono proprio perché (da algherese, sardo, italiano, cittadino del mondo) sono il risultato di misture, mescolanze, contaminazioni formatesi in Sardegna e nel Mediterraneo nel corso di millenni. Popoli di confine, abituati al contatto e allo scambio”. “L’uso di abiti vintage – conclude – come materiale di base ben sintetizza il tema della memoria, contaminazione e quello delle sovrapposizioni culturali che nascono dall’incontro con la diversità e con nuovi contesti”.

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