Le partigiane, che non abbandonarono mai la lotta per i diritti delle donne
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Le partigiane, che non abbandonarono mai la lotta per i diritti delle donne

La Resistenza delle donne è sempre stata lasciata in secondo piano: eppure la loro forza ha aperto la strada dell'emancipazione. Testimonianza di Ketty Carraffa

Le partigiane, che non abbandonarono mai la lotta per i diritti delle donne
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18 Marzo 2012 - 19.55


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di Ketty Carraffa

Da molti anni, avendo avuto l’onore e il privilegio di condividere una profonda amicizia con i partigiani scomparsi Giovanni Pesce e Nori Brambilla Pesce, ho raccolto “il testimone”, (nel caso di Nori, la “staffetta”): sono chiamata a testimoniare e a raccontare la vita dei nostri partigiani, (ora in qualità di Presidente dell’Associazione Memoria Storica – Giovanni Pesce e vice Presidente della Sezione Anpi CGIL Milano) cogliendo in particolare, gli aspetti della Resistenza delle donne, perchè molto mi ha dato la conoscenza di Nori e la sua a volte difficile vita di coppia accanto al comandante partigiano, col quale diceva spesso di aver fatto la “seconda resistenza, la più difficile”, perchè, accanto a un uomo straordinario, semplice, ma dalla grande personalità, tutto è più complicato per una donna che, d’altro canto, ha esattamente le stesse caratteristiche… La Resistenza al femminile, dal 1943 sino ai giorni nostri…

Nelle sedi istituzionali, quanto in sedi più nazional-popolari, il racconto delle vicende umane e di lotta delle partigiane, si legano fortemente al momento storico che stiamo vivendo noi, come donne e come nuove “Resistenti”, a quasi 70 anni di distanza e comunicano al pubblico una forte esigenza di cambiamento, anche nel mantenimento degli stessi valori e principi.

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Le donne che si unirono alla lotta partigiana, per liberare il nostro paese dell’oppressione ventennale del nazi-fascismo, dall’8 settembre del 1943, sino agli ultimi giorni dell’aprile 1945 con la Liberazione, aderirono alla Resistenza con consapevolezza, convincimento e si sacrificarono, non “dietro”, ma “con” gli uomini, seguendo i propri ideali e facendo partire e riconoscere il principio e l’utilizzo di un’altra parola, densa di significati e ancora attualissima per il genere femminile: “emancipazione” e, in moltissime, dopo aver imbracciato i fucili, per combattere in montagna, campagne e città italiane (le partigiane combattenti furono circa 35.000, il 20% del totale), non ritornarono in pieno alla loro vita familiare e di lavoro, nel pieno anonimato, ma continuarono la battaglia per la conquista dei loro diritti, civili, politici e sociali, facendo politica attiva, consapevoli di aver cominciato il percorso dell’inserimento a pieno titolo nella società.

Al ruolo della donna nella Resistenza e il suo coinvolgimento nella vita politica, in particolare nei partiti, avvenuta subito dopo il ’45, si rende il merito dello stravolgimento, anche se lentissimo e purtroppo ancora arenato su posizioni maschiliste, del cambiamento della mentalità tradizionale italiana, ma, allo stesso tempo, ci rendiamo conto che, seppur tantissimo è stato fatto con sacrificio e dolore dalle donne, molto più ampia e in salita è la nostra strada. Non potete immaginare lo scatenarsi dei miei sentimenti (e anche della mia ira), durante la diretta di una delle trasmissioni menzionate sopra, quando una giovanissima, commentando un caso terribile di violenza sessuale a carico di una donna, commentò: “Beh, però, se aveva la minigonna, sai com’è, l’uomo è incontrollabile, lei doveva stare attenta”. Male, malissimo. L’emancipazione è partita molto tempo fa, la cultura e la consapevolezza sono ferme al palo ancora per molta parte del genere femminile. Il nostro compito di “trasmissione e conquiste” è quindi messo a dura prova, tutti i giorni, nel nostro vivere quotidiano e nel nostro lavoro, ma, alle nostre partigiane (e ai partigiani), dobbiamo l’eredità di un paese libero, cerchiamo quindi di non buttare al vento tanto impegno.

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Se non ora, quando???

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