11/11/11: la fine del fancazzismo
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11/11/11: la fine del fancazzismo

Il giorno fatidico speriamo segni la fine di 20 anni di Fancazzismo che ha ubriacato destra, sinistra e reso l'Italia un paese coatto. Ora tutti a fare il proprio lavoro.

apicella e berlusconi
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Stefano Marcelli Modifica articolo

11 Novembre 2011 - 17.57


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Dunque, è arrivato l’11/11/11. E una miriade di strologhi, numerologi e cazzari è impegnata a spiegarci il perché e il percome si tratti di un evento epocale: chi preannuncia la nascita del Nuovo Messia, chi il Trionfo di Satana, chi rifà la storia del sistema binario e chi consiglia di cambiare taglio di capelli.
Più che la sagra dell’11 è l’rresistibile ascesa dello spread che renderà, però, memorabili questi giorni. E non c’è dubbio che questa data resterà memorabile.
Perché, dopo quasi vent’anni di allegra permanenza al governo, esce di scena ( speriamo! ) Silvio Berlusconi con tutto il suo corollario di improbabili politici e probabilissime cricche oltre all’accertata masnada di puttane e puttanieri.

Scorrendo giornali e televisioni straniere, se si vuole, ci può ammazzare dalle risate scorrendo le sintesi di questo ventennio approntate dai colleghi: un’elenco di gaffes più o meno gravi, di plaisanteries ( volgarità ) da caserma, offese e sfondoni che nessun politico italiano ( e nemmeno greco ) è riuscito a mettere insieme nella plurisecolare storia del nostro Stivale.

Ma c’è poco da ridere, anche da parte di chi da vent’anni sogna questo momento, di chi si è battuto con tutte le proprie energie contro il Cavaliere e la miriade dei suoi epigoni e ritiene quindi di non avere alcuna responsabilità di questo degrado.

Perché nel mondo si considera Berlusconi l’effetto e non la causa del fallimento complessivo della classe dirigente italiana, per non dire di un popolo, che per più di vent’anni ha perso il contatto con la realtà, ha rincorso privilegi e sgamotti, vissuto di rendite al di sopra delle proprie possibilità e, sicuramente, al di sotto dei minimi storici dell’etica e della presentabilità.
Perché l’Italia è l’unico Paese del mondo dove uno come Berlusconi ha potuto essere preso sul serio fino ad essere eletto Primo Ministro per quasi vent’anni?
Perché questi sono stati venti anni di puro fancazzismo su tutti i fronti e in tutti i campi. Nei partiti si sceglievano i candidati in base alla telegenicità, alla rapidità di battuta e al trendysmo invece che alle capacità e ai programmi. Invece di discutere sulle misure per trovare lavoro ai giovani e dare un futuro al Paese, si discuteva di pettinature e tagli di vestiti, si cambiavano nomi e simboli ai partiti, mentre stipendi degli eletti e rimborsi ai partiti continuavano a lievitare.

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L’economia si spostava dalla produzione alla finanza e diventava virtuale, giornali e tivù si occupavano di gossip, tenedenze, balocchi tecnologici e dimenticavano la società, le opinioni sostituivano i fatti. La corruzione dilagava ovunque, superando di gran lunga i livelli certificati da Tangentopoli.
Una vera e propria ubriacatura dove fra sesso ed evasione fiscale, populismo e corruzione, assunzioni e promozioni per demerito e liste bloccate, format demenziali e piccoli fratelli, l’Italia è divenuta un paese coatto. E’ un’era che merita di passare ai posteri immortalata negli scatti di Cafonal piuttosto che nei libri di storia e il cui uomo-simbolo è il miliardario immeritevole interpretato da Panariello.

Oggi ci risvegliamo come dopo una lunghissima sbronza, vergognandoci per il nostro comportamento e dovendo riparare ai danni compiuti.

Tutta colpa di Berlusconi? Anche i venti anni passati dalla sinistra italiana a cambiare nome e bruciare leader per ritrovarsi oggi senza identità, senza un vero partito, senza un programma chiaro per il futuro del Paese? Se oggi al posto di Berlusconi sale a Palazzo Chigi una persona perbene, un tecnico, come Mario Monti portato per mano da nonno Napolitano, invece del leader dell’opposizione è perché la sinistra non è considerata affidabile per gestire la crisi del Paese e non ne ha nemmeno voglia.

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Appena qualche giorno fa, davanti all’ipotesi di un voto imminente, nel PD si era già aperta la caccia a Bersani e al suo posto. Si era fatto avanti, dalla periferia fiorentina, anche un ragazzo come Matteo Renzi, che minacciava di candidarsi alle primarie per il posto di Presidente del Consiglio.

Il Renzi, che a 36 anni è già stato presidente della Margherita fiorentina, Presidente della Provincia, e sindaco del capoluogo, senza lasciare tracce rimarchevoli di questo suo passaggio ( qualcuna sì e se ne occupa la Corte dei Conti ) ha sbagliato tutto: ha chiamato come padrino alla Leopolda il Gori di canale 5 mentre Mediaset sta crollando in borsa, ha ricevuto l’investitura da Berlusconi in articulo mortis e propugna l’epurazione delle istituzioni su base anagrafica proprio nel momento in cui l’Italia si mette nelle mani di un ultraottantenne (Napolitano) e un ultrasettantenne (Monti) sperando che la salvino dal caos. Ma si può essere più in controtempo di così?

Quell’ipotesi di candidatura la teniamo come l’ultimo colpo di coda del fancazzismo politico che ha dominato l’Italia negli ultimi decenni.

La gente non ne può più e invita i politici ad atteggiamenti più seri e responsabili. Basta leggere i blog e i profili facebook di Di Pietro, Vendola e della Lega dove militanti ed elettori chiedono di pensare agli interessi del Paese e non a quelli di partito, di smetterla con la demagogia, le narrazioni e le poesie e di votare il governo Monti.

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Mi viene in mente una vecchia corrispondenza di Felice Cavallari su un’assemblea alla Sorbonne di Parigi del maggio ’68. Salì sul palco un operaio di cinquant’anni e disse agli studenti: “ Voi oggi parlate di rivoluzione, ma poi metterete la testa a posto ed avrete bei lavori, belle mogli, belle case dove metterete al mondo bei figli. Io vivo in una banlieu triste e misera, faccio un lavoro di merda, ho una vecchia moglie mai stata bella e figli non troppo intelligenti che nel migliore dei casi avranno una vita come la mia. Io non voglio la rivoluzione, voglio stare un po’ meglio prima di morire “.
Io, che sono cresciuto in mezzo agli operai fiorentini, so quanto questa testimonianza sia vera e come oggi sia estendibile molto al di là dei confini della vecchia classe operaia.

La gente chiede lavoro, equità, benessere e di poter guardare serenamente al proprio futuro. Che poi sarebbero, detti terra terra, anche i principi del socialismo. Mi auguro che, dopo il fatidico 11/11/11 l’Italia riparta da qui, con imprenditori, magistrati, giornalisti, intellettuali e politici che tornano, con umiltà e serietà, a fare il proprio mestiere. Quello della politica, lo ricordo, è quello di risolvere i problemi dell’Italia e degli italiani.

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