Il "grande elettore" di Marine Le Pen? Cercatelo al Cremlino: storia dei finanziamenti di Putin
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Il "grande elettore" di Marine Le Pen? Cercatelo al Cremlino: storia dei finanziamenti di Putin

Per averne contezza ci aiutano due preziosi report di due brave giornaliste: Eléonore Weil e Laura Aprati. E per allargare l’orizzonte, alla Germania, ci viene in soccorso una dettagliata analisi di Jacopo Di Miceli

Il "grande elettore" di Marine Le Pen? Cercatelo al Cremlino: storia dei finanziamenti di Putin
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Aprile 2022 - 17.15


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Il “grande elettore” di Marine Le Pen siede al Cremlino. Ed è un elettore molto munifico. Per averne contezza ci aiutano due preziosi report di due brave giornaliste: Eléonore Weil e Laura Aprati. E per allargare l’orizzonte, alla Germania, ci viene in soccorso una dettagliata analisi di Jacopo Di Miceli

La “Banca” del Cremlino

Scrive Weil su Haaretz: “ È stato un momento cruciale del dibattito di mercoledì sera. Emmanuel Macron, in carica, cercando di evitare una sconfitta storica nelle elezioni presidenziali francesi, ha colpito la sfidante Marine Le Pen.

“Lei dipende dalla Russia e lei dipende dal signor Putin. … Quando parli con la Russia, non stai parlando con un leader straniero, stai parlando con il tuo banchiere”, ha detto Macron.

La Le Pen ha serrato la mascella e ha risposto nervosamente che era una donna indipendente che era stata costretta a cercare un prestito estero perché nessuna banca francese le avrebbe concesso un prestito.

Queste parate di Macron sembrano funzionare. Nonostante il forte secondo posto di Le Pen nel primo turno delle elezioni una settimana e mezza fa, i bookmaker dicono che dovrebbe vincere facilmente il ballottaggio di domenica.

Macron si riferiva a un prestito che il partito di Le Pen ha ricevuto nel 2014 dalla prima banca ceco-russa, sospettata di essere vicina al presidente russo Vladimir Putin. Che il prestito fosse indispensabile o meno, i legami familiari di Le Pen con la Russia risalgono a molto tempo fa.

La relazione risale al padre di Le Pen, Jean-Marie, fondatore del Fronte Nazionale di estrema destra, ribattezzato da Marine nel 2018 come Rally Nazionale.

Jean-Marie – un uomo che è stato condannato per commenti antisemiti – ha fatto amicizia con il leader ultranazionalista e alleato di Putin Vladimir Zhirinovsky negli anni ’90 e ha fatto una serie di visite ufficiali al Cremlino, incontrando una serie di funzionari del governo. Ha anche preso un prestito di 2 milioni di euro nel 2014 da un ex ufficiale del KGB ed ex direttore di VEB Capital, una banca russa di proprietà statale, ha riferito il sito di notizie investigative francese Mediapart.

Nonostante gli sforzi di Marine Le Pen di prendere le distanze da suo padre – nel 2015 lo ha fatto licenziare dal partito che ha fondato – ha perseguito una stretta relazione con la Russia e il suo leader. In un articolo del 2011 sul giornale russo Kommersant, ha espresso ammirazione per Putin e ha invitato l’Europa ad allontanarsi dagli Stati Uniti e a formare legami più stretti con Mosca.

Nel 2014 ha difeso l’annessione della Crimea da parte della Russia, definendo “legittimo” il referendum del governo russo sulla penisola. Ha anche descritto le sanzioni di Bruxelles sulla Russia come “stupide” e ha detto che il governo appena eletto dell’Ucraina è entrato in carica attraverso un “colpo di stato”.

Il primo incontro ufficiale di Le Pen con Putin è avvenuto nel marzo 2017, quando si è recata a Mosca poco prima delle ultime elezioni presidenziali francesi; avrebbe perso il ballottaggio contro Macron con solo il 34% dei voti. Le Pen si sedette con Putin per una chiacchierata – in quei giorni il tavolo era piccolo – e furono fotografati mentre si stringevano la mano e sorridevano.

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Nonostante i tentativi di Le Pen di prendere le distanze da Mosca nelle ultime settimane, condannando l’invasione russa dell’Ucraina e sostenendo la maggior parte delle sanzioni UE su Mosca, ha detto che avrebbe spinto per legami più stretti tra la Russia e la Nato una volta che la guerra fosse finita.

Dice che le sue opinioni su Putin sono cambiate, ma teme che un divieto sulle importazioni di petrolio e gas russo “getterebbe la Russia nelle braccia della Cina”.

I legami della Le Pen con la Russia hanno altre implicazioni oltre all’economia. La loro ideologia condivisa è in parte basata sul sentimento anti-americano e sulla convinzione che la Francia dovrebbe prendere le distanze dalla Nato. Ed entrambi credono che gli islamisti radicali possano essere contrastati solo frenando l’immigrazione e limitando la libertà religiosa.

Secondo Galia Ackerman, una giornalista franco-russa e una ricercatrice specializzata in Ucraina e negli altri stati post-sovietici, le idee di Le Pen hanno risuonato con ex leader e attuali, tra cui Donald Trump, il presidente polacco Andrzej Duda e il primo ministro sloveno Janez Janša. Lo slogan della sua campagna “Ridate ai francesi il loro paese” riecheggia il “Make America great again” di Trump, con la Le Pen che fa la sua parte nel condannare le “élite” e i “globalisti”.

I suoi legami finanziari non si limitano alla Russia; ha anche ricevuto un prestito di 10,7 milioni di euro per la sua campagna presidenziale dalla banca ungherese MKB, sostenuta dallo stato, il cui maggiore azionista è uno stretto socio del primo ministro ungherese Viktor Orbán.

Anche se più moderata sull’UE nelle ultime settimane, abbandonando una promessa di portare la Francia fuori dall’unione, Le Pen crede ancora nella coltivazione di legami con Orbán e Putin per formare un blocco alternativo. Ha chiesto l’abolizione della Commissione europea, il ramo esecutivo dell’UE, e vuole che la Francia, un membro fondatore dell’UE e la sua seconda più grande economia, esca dall’area Schengen e reinstalli i controlli alle frontiere.

Nel corso della sua carriera politica, Le Pen ha cercato di rinnovare la sua immagine e di ammorbidire le posizioni più estreme di suo padre. Ma le sue convinzioni politiche di base sembrano poco cambiate. Come la Russia, difende i valori reazionari, chiede la restrizione dei diritti LGBTQ, e si fa beffe dei valori liberali condivisi dalla maggior parte delle potenze occidentali, dice Ackerman, aggiungendo che la sopravvivenza dell’UE sarà a rischio se Le Pen diventa presidente della Francia.

Anche se i bookmakers stanno ora puntando a una facile vittoria di Macron, la fatica è stata più dura questa volta. E nel primo turno, il 57% degli elettori francesi ha scelto candidati di estrema sinistra o destra, suggerendo che un presidente francese eletto dalle frange nei prossimi anni potrebbe non essere così irrealistico”.

Così Weil.

L’altro candidato di estrema destra, il polemista Éric Zemmour, appena pochi anni fa sognava un “Putin francese” e negava l’esistenza dell’Ucraina moderna come entità statuale, un paese costruito “a casaccio”, in cui la Russia avrebbe legittimamente esercitato la sua influenza come la Francia nell’ex Africa coloniale, mentre ora si spende in analisi circonvolute. Dapprima, in un tweet ha condannato  “senza riserve l’intervento militare russo”, ma in seguito, in televisione, ha precisato di voler distinguere tra un colpevole, ovvero Putin, e dei responsabili, la Nato e il suo espansionismo.

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La storia dei rapporti Le Pen-Putin

Altro report particolarmente documentato è quello di Laura Aprati per Rainews.

Annota Aprati: “Possiamo datare i primi rapporti tra i due a partire dal 2011quando la neo leader di RN – Ressemblament National- in un’intervista al giornale economico russo, Kommersant, dichiara di voler sviluppare legami con Mosca, piuttosto che con Washington, in virtù di “interessi strategici e di civiltà comuni”. Nell’intervista si può cogliere la forte ammirazione nei confronti di Vladimir Putin. Nel 2013 la Le Pen organizza il suo primo viaggio all’estero proprio in Russia e in Crimea, dove ad accoglierla c’è Sergej Naryškin, allora presidente della Duma e oggi direttore del SVR, il servizio di intelligence internazionale russo.

L’anno della svolta nei rapporti è il 2014. A febbraio di quell’anno scoppia la prima crisi tra Russia e Ucraina, che porta all’annessione della Crimea. Aymeric Chauprade, consigliere internazionale della leader di RN viene invitato da una ONG pro-russa come osservatore esterno del referendum del 16 marzo, i cui risultati vengono definiti dalla leader del partito “incontestabili”. In questo periodo si intensifica anche il supporto del RN alla Russia nelle sedi istituzionali: secondo Nicolas Lebourg, storico francese specializzato in movimenti di estrema destra in Europa, gli eurodeputati dell’estrema destra francese, nel 2014, hanno votato per il 93% contro le risoluzioni che entravano in conflitto con gli interessi di Mosca.

Dopo il referendum plebiscitario che certifica l’annessione della Crimea alla Russia, Marine Le Pen si schiera con Mosca, il tutto rivelato dai messaggi hackerati da Anonymus. 

I finanziamenti

Ma i rapporti si fanno stretti, finanziariamente stretti, con i prestiti ottenuti dalle banche di Mosca e Budapest.

Oltre 9 milioni di euro dalla Russia nel 2017 e 10,6 milioni dall’Ungheria, per finanziare la campagna presidenziale del 2022. A quali condizioni? A questa domanda la leader non ha mai risposto se non dire “io sono una donna libera. Le banche francesi mi hanno chiuso le porte”, cercando di ribaltare sul sistema finanziario del suo paese la decisione di rivolgersi all’estero. Ma perché scegliere Mosca e Budapest? 

Un’inchiesta dei giornalisti di Mediapart (rivista online indipendente di investigazione e opinione francese, creata nel 2008 daEdwy Plenel, ex redattore capo di Le Monde) rivela che il Front national, all’inizio, aveva chiesto alle banche russe prestiti per 40 milioni di euro, fino al 2017. 

A tessere la tela dei rapporti economici tra la destra sovranista francese e le banche controllate dal regime di Mosca sono stati alcuni intermediari, incaricati di tenere i contatti con Parigi e di avvicinare i big del regime di Mosca. Tra questi Konstantin Malofeev, un oligarca ultranazionalista il cui nome emerge anche nella rete intorno ai finanziamenti alla Lega di Matteo Salvini.

A erogare i 9 milioni di finanziamento russo è la First Czech Russian Bank (Fcrb), fondata nel 1996 con capitali di Praga e di Mosca, acquisita nel 2002 dalla StroyTransGaz (Stg), la società russa che costruisce i gasdotti per la Gazprom.

La cosa interessante è che nel 2016 questa banca viene dichiarata insolvente dalla governatrice della banca centrale russa Elvira Nabiullina  (che oggi cerca di arginare in tutti i modi la “morsa” delle sanzioni internazionali sull’economia russa).

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Una domanda: che fine ha fatto il prestito al partito della Le Pen? E’ stato restituito?

Nel 2017, dopo il primo incontro con la Le Pen  e in prossimità delle presidenziali francesi,  Vladimir Putin dichiara: “Noi non vogliamo in alcun modo influenzare gli avvenimenti in corso”.

Cinque anni dopo, altra elezione, altro prestito, altro ballottaggio. Questa volta dall’Ungheria di Orbán. amico storico di Putin.

Stessa trama, stessi silenzi di Marine Le Pen”. 

Fin qui Aprati.

Gli amici di Berlino

Scrive Di Miceli su Valigia Blu: “A Berlino, invece, la posizione di Alternative für Deutschland (AfD) sembrava definita dopo la dichiarazione dei leader del gruppo parlamentare, Tino Chrupalla e Alice Weidel, uniti nel giudicare “ingiustificato” l’attacco all’Ucraina e nel pretendere la cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe russe. Ma il deputato Roger Beckamp ha destato sorpresa puntualizzando che i due presidenti parlavano a titolo personale. 

Negli ultimi anni, diversi membri di AfD si sono del resto distinti per le simpatie putiniane. Alcuni si sono recati in Crimea e a Donetsk come “osservatori elettorali”, oppure hanno partecipato a eventi di propaganda nei territori annessi a Mosca, come il Forum di Yalta. Secondo documenti visionati della Bbc l’intelligence russa considererebbe addirittura sotto il proprio controllo un parlamentare di AfD, Markus Frohnmaier, che ha spesso viaggiato in Crimea e nelle repubbliche separatiste ucraine. 

Nemmeno la guerra ha scalfito il feeling dell’anima più nera di AfD con il Cremlino. Parlamentari locali, come Gunnar Lindemann e Jörg Dornau, hanno sposato la tesi complottistica di laboratori segreti americani  di armi biochimiche in Ucraina o ripetuto o la tesi propagandistica della denazificazione del paese.Altri esponenti con incarichi dirigenziali, come Rainer Rothfuß, vicepresidente di AfD in Baviera, o il deputato del Bundestag Eugen Schmidt, presenziano tutt’oggi sulla televisione russa per esprimere comprensione nei confronti di Putin e dipingere, al contrario, la Germania come un regime che imbavaglia il dissenso. Quando il presidente ucraino Zelensky si è rivolto al parlamento tedesco, il 17 marzo, l’unico deputato rimasto seduto, senza applaudire, al termine del discorso, era Robert Farle di Alternative für Deutschland, che ha accusato i media di alimentare una guerra propagandistica contro Putin, sulla scia dello stesso allarmismo sulla pandemia.

Nonostante le prese di distanza dagli elementi più putiniani, la guerra ha scisso il partito, con l’ala völkish, capeggiata da Björn Höcke, che vede l’Ucraina come la vittima di uno scontro geopolitico tra Est e Ovest. Si spiegano così i tentativi di sintesi di Chrupalla, che il 27 febbraio rettificava chiarendo che fosse un errore identificare “un solo colpevole”, perché “questa guerra ha molti padri”. Secondo Handelsblatt dalla fine di febbraio i dissidi interni hanno provocato centinaia di dimissioni dal partito, in polemica con i rappresentanti filo-russi, ma anche – a giudicare dai commenti della base – con una leadership stigmatizzata per la sua posizione troppo appiattita sul mainstream. L’8 marzo è infine arrivata una doccia fredda dal tribunale di Colonia, che ha confermato la messa sotto sorveglianza del partito da parte dei servizi segreti per sospetti obiettivi anticostituzionali”.

E l’orizzonte si potrebbe allargare a mezza, e anche più, Europa. Perché la “Banca del Cremlino” paga bene i suoi sodali. 

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