Berlino, i rebus post-Conferenza sulla Libia e le mille incognite sul terreno
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Berlino, i rebus post-Conferenza sulla Libia e le mille incognite sul terreno

Cinquantacinque sono i punti della Dichiarazione finale della e duecentocinquanta sono le milizie e tribù libiche in armi che dovrebbero essere vincolate al rispetto di un cessate il fuoco permanente

La conferenza di Berlino sulla Libia
La conferenza di Berlino sulla Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Gennaio 2020 - 16.42


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Cinquantacinque e duecentocinquanta. Sono i numeri sulla ruota di Berlino. Cinquantacinque, ovvero i punti che formano la Dichiarazione finale della Conferenza per la Libia conclusasi ieri nella capitale tedesca. Duecentocinquanta, più o meno, ovvero le milizie e tribù libiche in armi che dovrebbero essere vincolate al rispetto di un cessate il fuoco permanente e al complicato processo di stabilizzazione messo a punto a Berlino.

Mini tregua

Il documento approvato prevede – tra l’altro – il cessate il fuoco permanente, un embargo sulle armi e un processo politico per arrivare a un governo unico. Uno dei progressi definiti ieri più importanti dalla Germania sta nella designazione di cinque nomi da parte di Haftar e cinque di al-Sarraj, per un comitato militare libico misto. che secondo il piano di azione Unsmil, avrà il compito di monitorare il cessate il fuoco e stabilire la linea degli schieramenti. Fino a oggi il generale Haftar si era sempre rifiutato di offrire la sua partecipazione al formatoIl comitato militare si riunirà a Ginevra il 27 gennaio, con l’obiettivo, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, Guterres «di risolvere la crisi in Libia», perché solo un meccanismo di monitoraggio costituito in accordo con le parti in conflitto può essere garanzia di successo nel tempo. L’’organismo dovrebbe favorire il consolidarsi della tregua. Una tregua che resta appesa a un filo.

I pozzi della discordia

Sul terreno, Haftar non ha allentato la morsa sulla produzione e l’esportazione del petrolio libico, una forte arma negoziale nelle sue mani per far sentire il proprio peso. Dopo avere bloccato alla vigilia della conferenza i terminal petroliferi della Sirte, nel giorno del summit le sue forze hanno fatto interrompere la produzione del più grande campo petrolifero libico, quello di Sharara, e di quello di El Feel, gestito da Eni. Una milizia vicina ad Haftar ha bloccato l’oleodotto che trasporta il greggio dal giacimento alla raffineria di Zawiya, sulla costa del Mediterraneo. Sia i pozzi che la raffineria sono gestiti dalla “MOG”, Mellitah Oil & Gas, la società in joint venture fra Noc e l’italiana Eni. Quindi di fatto sono stati bloccati i pozzi dell’Eni. Già sabato la Noc era stata costretta a bloccare la produzione di petrolio in cinque terminal petroliferi dell’Est, anche in questo caso per ordini arrivati da milizie legate ad Haftar. “Non c’è dubbio che la chiusura dei pozzi nel Golfo di Sirte mostri che i sostenitori di Haftar nell’Est stiano alzando la voce e mostrando la forza per ricordare ai partecipanti a Berlino e alla comunità internazionale che le rimostranze che sono alla base del conflitto resistono e sono ancora irrisolte. Uno dei temi è che le rendite del petrolio che finiscono nella Banca Centrale di Tripoli vengano consegnate all’Est, in relazione al fatto che le forze militari che fanno capo al Libyan National Army di Haftar garantiscono il flusso del greggio, producendo dunque quelle entrate. La seconda richiesta, implicita in questo blocco, è quella di cambiare il capo della Banca Centrale» sdice a Francesca Mannocchi de L’Espresso, Claudia Gazzini, senior analyst per l’International Crisis Group. “Come sempre in Libia, si scrive guerra e si legge gas rimarca Mannocchi, profonda conoscitrice della realtà libica , ed autrice d’importanti inchieste sulle rotte della morte nel Mediterraneo -.  E’ stato così storicamente. Lo è con maggiore nettezza oggi. Parte della guerra di Libia si gioca sui pozzi e le raffinerie nel paese, ma ormai una parte consistente si gioca nel Mediterraneo orientale. Zona di perforazione, e sede di progetti di gasdotti, zona in cui confluiscono ambizioni contrapposte. Il petrolio è un ricatto rivolto all’interno e un ricatto agli alleati esterni.

Il problema dell’ingerenza straniera

Ma l’ostacolo più grande, probabilmente, oltre alle rivalità interne, sarà misurare la reale volontà di applicare in pratica quanto hanno sottoscritto a Berlino quelli che fino a ieri hanno continuato a incrementare la propria influenza nel Paese: la Turchia, la Russia, gli altri Stati arabi, in primis Egitto e Emirati Arabi Uniti. Ma anche, seppure più da dietro le quinte, la Francia.

Più incognite che certezze

Annota Pietro Batacchi, direttore di RID (Rivista Italiana Difesa), tra i più apprezzati analisti militari italiani: “Gli esiti della tanto attesa Conferenza di Berlino sulla Libia sono stati accolti generalmente in maniera favorevole, ma le incognite sul futuro della guerra civile che dilania il Paese restano ancora molte, forse troppe. Il risultato più concreto portato a termine dalla Cancelliera Merkel è la creazione di un Comitato Militare congiunto, che dovrebbe riunirsi a Vienna a partire dal 27 gennaio, incaricato di tracciare le linee del cessate il fuoco e monitorarle. A quel punto nel Paese potrebbe essere dispiegata una missione di stabilizzazione europea sotto mandato ONu di cui però nel documento approvato a Berlino non si fa menzione perché altrimenti Haftar non lo avrebbe accettato. Il resto sono impegni generici, come quello sull’embargo di armi al Paese. Nulla di vincolante, l’embargo è lasciato alla “buona volontà” dei singoli Paesi, anche se sono previste delle sanzioni da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in caso di sue violazioni. Altrettanto generica la richiesta per il disarmo e la smobilitazione di tutte le milizie, le vere protagoniste del conflitto libico. In definiva il pallino resta in mano ai signori della guerra libici, ed al trio Putin, Erdogan, al-Sisi con buona pace dell’Europa, che hanno una presenza militare sul terreno da far valere alla bisogna. Al momento Haftar ha una posizione di forza essendosi spinto nel cuore della Tripolitania, ma a Sarraj restano comunque la capitale, dove vivono un terzo dei Libici, ed un importante porto come Misurata, più alcuni assetti energetici strategici. In queste condizioni il lavoro del Comitato Militare per la demarcazione delle linee di cessate il fuco non si profila affatto facile, anche perchè in questa fase Haftar difficilmente accetterebbe di ritirare troppo indietro le proprie truppe e milizie. Siamo di fronte, pertanto, ad una situazione sul terreno per cui – per arrivare veramente ad un cessate il fuoco duraturo – le milizie filo- Sarraj dovrebbero avanzare per riequilibrare i rapporti, ma non hanno la forza per farlo, mentre Haftar non è in grado di prendere la capitale e “domare” Misurata. Uno stallo, insomma, che potrebbe restare tale ancora per molto tempo, fino a cristallizzarsi in una ripetizione dello scenario siriano-libanese-iracheno, ovvero in una divisione in sfere d’influenza di un Paese che non c’è più.”.

Come le ciliegie

Una Conferenza tira l’altra. a Germania ospiterà una seconda conferenza a Berlino, il prossimo mese, che avrà la funzione di monitorare la situazione in Libia. Lo ha annunciato questa mattina il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas. “Abbiamo deciso di organizzare una conferenza di monitoraggio all’inizio di febbraio a livello di ministri degli Esteri”, ha spiegato il capo della diplomazia tedesca.La questione, dopo i progressi di ieri, è raggiungere una tregua completo e avviare un processo politico che apra la strada a una pace duratura, ha aggiunto Maas. Al termine del vertice di domenica i leader mondiali si sono impegnati a non interferire nel conflitto nel Paese nordafricano e di sostenere l’embargo sulle armi, anche se il rispetto dell’embargo , nella Dichiarazione finale di Berlino, è legato alla “buona volontà” dei singoli Paesi, con l’aggiunto a meccanismi sanzionatori previsti dall’Onu nella risoluzione del 2011 sull’embargo di armi alla Libia, meccanismi mai attuati.

Roma insiste

L’Italia è pronta a svolgere “un ruolo di primo piano per il monitoraggio della pace in Libia”, ha ribadito il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il quale dopo Berlino oggi è a Bruxelles per partecipare al Consiglio degli Affari Esteri, che deve dare una prima risposta ai passi decisi alla conferenza internazionale svoltasi domenica nella capitale tedesca sulla crisi libica. “Vi garantisco che lavoreremo in maniera serrata per raggiungere l’obiettivo comune: la fine delle ostilità”, aggiunge Di Maio nel post su Facebook. Il capo della diplomazia italiana ricorda come, tra i punti concordati a Berlino, ci siano molte delle proposte su cui insisteva l’Italia: “Il rispetto dell’embargo delle armi con relative sanzioni per chi viola le regole, la necessità di agire solo tramite azioni politiche escludendo quelle militari e il monitoraggio costante della situazione in Libia”.  “È stato un buon incontro, sono stati nominati i cinque componenti per il Comitato militare congiunto per la Libia”. Così Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, quando gli è stato chiesto degli esiti della Conferenza di Berlino tenutasi ieri. “Dobbiamo usare questa occasione per avanzare verso una soluzione” ha detto a margine del Consiglio affari esteri in programma oggi al Consiglio europeo a Bruxelles. Borrell ha continuato: “Il cessate il fuoco ha bisogno di qualcuno che se ne occupi, come la questione dell’embargo delle armi”. “Ci sono mote cose ancora da discutere per capire come implementare l’incontro di ieri” ha concluso il rappresentante Ue.

Il Sultano rilancia

Chi non vuol sentire parlare di Europa è il “Sultano” di Ankara. Visto che è coinvolta l’Onu, non è corretto che l’Ue intervenga come coordinatore del processo” di pace in Libia, ha sentenziato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, commentando l’esito della conferenza di Berlino con i giornalisti al seguito sul volo di ritorno dalla Germania. “I nostri passi nel processo libico hanno raggiunto un equilibrio politico. Se la tregua dovesse essere rispettata continueremo a sostenere questa pista sul campo e nelle discussioni”, ha dichiarato Erdogan citato dall’agenzia stampa turca, Anadolu. 

È tornata intanto la calma a Tripoli, dopo i nuovi, violenti scontri avvenuti nella serata di domenica a sud della capitale, lungo l’asse della strada che collega l’aeroporto all’altopiano meridionale. Gli scontri erano scoppiati poco dopo la conclusione della conferenza internazionale convocata a Berlino per cercare di riportare la pace in Libia. E i colpi di artiglieria, ha riferito una fonte al sito Libya Akhbar, sono stati uditi perfettamente in tutta la capitale.

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