L'Europa è diventata sempre più schiava di Putin
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L'Europa è diventata sempre più schiava di Putin

Il Cremlino accelera sulla costruzione della pipeline South Stream, l'Europa perde il suo Nabucco e si prepara a dire addio all'indipendenza energetica da Mosca.

L'Europa è diventata sempre più schiava di Putin
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6 Giugno 2012 - 11.29


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di Valerio Refat

Se nel quadro della crisi che sta ridisegnando i rapporti di forza in seno all’Unione Europea le prospettive della moneta unica si configurano sempre più come un’incognita, il futuro dell’approvvigionamento energetico del vecchio continente appare più che mai nelle mani di Mosca. Il terzo pacchetto energetico della Ue continua a non piacere ai russi che contestano la separazione tra l’attività di produzione e quella di trasporto dell’energia, misura che finirebbe per penalizzare Gazprom. Ma le dichiarazioni con le quali Vladimir Putin ha annunciato la chiusura imminente dei lavori per il secondo ramo del North Stream e la piena operatività del South Stream entro la fine del 2014 lasciano intendere che il Cremlino è ad un passo dal vincere la grande partita dei gasdotti iniziata alla fine degli anni Novanta.

Dopo le difficoltà iniziali, il progetto del corridoio sud per il trasporto dell’oro blu ha ricevuto una decisa accelerazione a fine 2011, quando la Turchia ha autorizzato il passaggio della pipeline sui fondali del Mar Nero che si trovano sotto la sua giurisdizione. Il ramo meridionale dell’infrastruttura è destinato a rifornire l’Italia attraverso la Grecia e il canale d’Otranto, mentre per il segmento balcanico è previsto il passaggio nei territori di Bulgaria, Serbia, Ungheria, Croazia, Slovenia e Austria, dove verrà stoccato gran parte del gas in arrivo.

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Prima della partenza dei lavori, le società che detengono le quote del consorzio (la russa Gazprom il 50 per cento, l’italiana Eni il 20 per cento, la francese Edf e la tedesca Winthershall il 15 per cento a testa) dovranno fare i conti con un significativa crescita dei costi. La conferma è arrivata da Yaroslav Golko, responsabile del dipartimento investimenti e costruzioni di Gazprom, che in un’intervista ha parlato di incremento delle spese pari ad almeno 19 miliardi di euro rispetto ai 15,5 preventivati originariamente. Ma secondo altri osservatori il costo complessivo dell’opera potrebbe superare i 23 miliardi. Quando lavorerà a pieno regime, South Stream sarà in grado di trasportare fino a 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno.

Intanto nel campo del Nabucco, il progetto rivale finanziato dall’Unione Europea per trasportare il gas dal Mar Caspio aggirando la Russia, regna la confusione più totale. La messa in funzione del gasdotto è stata rinviata al 2018 e, nonostante le dichiarazioni improntate all’ottimismo della società azera Socar, una parte sempre più consistente dei soci del consorzio si starebbe orientando verso la costruzione del West Nabucco o Piccolo Nabucco, gasdotto lungo solo 1.350 chilometri contro i 4.000 previsti inizialmente. Dopo le voci di addio di partner di primo piano come la tedesca Rwe e l’ungherese Mol, nei giorni scorsi gli analisti di British Petroleum hanno impietosamente definito il Nabucco un progetto senza futuro che potrebbe non vedere la fine dell’estate.

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