Ora i sindacati hanno confermato lo sciopero e Meloni la butta sul vittimismo. Quasi sei ore di confronto sulla manovra a Palazzo Chigi non cambiano le posizioni di Cgil e Uil.
È confermato lo sciopero generale del 29 novembre, hanno annunciato i leader Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri, al termine di un incontro fiume in cui hanno regalato a Giorgia Meloni rispettivamente il libro di Camus «L’uomo in rivolta» e una calcolatrice. Un siparietto che alleggerito l’atmosfera all’inizio ma senza modificare lo scenario di netta contrapposizione. Né ha fatto breccia nelle due sigle sindacali l’impegno della premier per un nuovo intervento sull’Irpef in base alle «risorse che avremo a disposizione e che arriveranno anche alla chiusura del concordato preventivo».
Un bilancio che sarà nuovamente aggiornato dopo il 12 dicembre, quando scadrà la nuova finestra di un mese del concordato come previsto dal decreto legge che il Consiglio dei ministri si appresta a varare nelle prossime ore, per poi farlo confluire come emendamento nel decreto fiscale, all’esame della commissione Bilancio del Senato. Reso strutturale il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito, l’intenzione dell’esecutivo, ha chiarito Meloni, «è intervenire anche sullo scaglione successivo».
L’epilogo dell’incontro non ha sorpreso Meloni. Che per il protrarsi della riunione con le sigle sindacali non è andata a Bologna per il comizio del centrodestra per le Regionali, preceduto da giorni di polemiche politiche per gli scontri. Nel suo intervento in videocollegamento la leader di FdI ha ribadito il proprio stupore per i «toni senza precedenti» usati da sindacati, per quella esortazione alla «rivolta sociale». E ha raccontato di aver domandato a Landini e Bombardieri come mai non avessero indetto lo sciopero «quando il tasso di disoccupazione era doppio o i governi di sinistra usavano i soldi dei cittadini per salvare le banche: nessuna risposta».
«Non si è potuto fare un passo avanti», è la sintesi del segretario della Cgil, ribadendo il «pessimo» giudizio sulla manovra, su cui il governo ha confermato che i margini di modifica «sono limitati». Per Landini l’aumento salariale per il pubblico impiego «non può essere il 6% proposto nell’accordo separato», rispetto alla crescita dell’inflazione, e «l’unica spesa che viene aumentata è quella per armi e difesa».
Bombardieri coglie da Meloni la «disponibilità a discutere della detassazione degli aumenti contrattuali», pronto al confronto «se il governo decide di cambiare le scelte». Ma per ora non basta: «Si sono specchiate due visioni diverse della manovra».
Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra giudica invece «convincenti» le risposte su «sostegno ai redditi, lavoro, pensionati e famiglie». A dispetto dei suoi colleghi non ha portato «gadget» alla premier «ma proposte per migliorare la politica di sviluppo di questo Paese», come ha spiegato prima dell’inizio della riunione a Palazzo Chigi, a cui hanno partecipato sette ministri, da quello dell’Economia Giancarlo Giorgetti al vicepremier Antonio Tajani, ma non Matteo Salvini.
Accettando la nuova calcolatrice, Meloni ha notato con sarcasmo che Bombardieri potrà usarla «per fare un rapido calcolo» e verificare «la cifra record» messa dal governo sul capitolo sanità.
La premier difende i vari capitoli della manovra, dalle pensioni minime che «anche nel 2025 e nel 2026 saranno rivalutate oltre il livello di inflazione indicato dall’Istat», alle misure per la famiglia, passando per il quoziente familiare nelle tax expenditures. Tutto ciò, ha aggiunto, segna «un cambio di passo», non più «misure più utili a raccogliere consenso nell’immediato» ma «le basi per una crescita duratura». Nella sua analisi torna sempre l’eredità del superbonus, che pesa «38 miliardi nel 2025», senza cui «qualsiasi provvedimento di questa legge di bilancio avrebbe potuto essere più che raddoppiato». Nonché la rivendicazione che «la credibilità e il coraggio di questo Governo hanno consentito di poter far partecipare banche e assicurazioni alla copertura» della manovra.