Il massacro di Debre Libanos, la più grande strage di cristiani ordinata dai fascisti
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Il massacro di Debre Libanos, la più grande strage di cristiani ordinata dai fascisti

Il massacro di Debre Libanos, il monastero più importante dell'Etiopia, cominciò il 21 maggio 1937 ad opera del generale Maletti: oltre 2 mila cristiani copti verìnnero uccisi con l'accusa di essere contrari al colonialismo fascista

Il massacro di Debre Libanos, la più grande strage di cristiani ordinata dai fascisti
Il maresciallo Graziani ad Addis Abeba
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12 Luglio 2023 - 09.08


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Nel cuore della guerra coloniale combattuta dall’Italia di Mussolini in Africa nera, nel 1937, si è consumato uno dei più gravi massacri di cristiani mai avvenuti in suolo africano. Questo tragico evento ha trovato spazio nelle pagine dei romanzi e dei libri di Paolo Comentale e Paolo Borruso, che hanno portato alla luce una verità a lungo insabbiata.

Il massacro di Debre Libanos ((in amarico ደብረ፡ሊባኖስ) , avvenuto nel monastero più importante dell’Etiopia, ha scosso la Chiesa etiopica e ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva. I fascisti italiani, in seguito all’attentato subito dal viceré Rodolfo Graziani, hanno accusato i monaci copti del monastero di Debre Libanos di essere complici dell’attacco. Ciò ha scatenato una feroce rappresaglia che si è trasformata in un vero e proprio eccidio.

L’Etiopia rappresentava l’ultimo impero cristiano e l’Italia fascista aveva l’obiettivo di imporre il proprio dominio, minando il legame tra il cristianesimo etiopico e il potere imperiale del Negus. Nonostante gli sforzi del Negus Haile Selassie nel cercare di difendere la Chiesa e la sua identità africana, la guerra italo-etiopica ha portato alla conquista coloniale e alla repressione della classe dirigente etiopica.

L’azione condotta dalle truppe italiane, guidate dal generale Pietro Maletti, ha portato all’uccisione di oltre duemila persone, tra monaci, diaconi, sacerdoti, fedeli e studenti. Il massacro non è stato solo una risposta all’attentato, ma è stato anche il risultato di un profondo disprezzo verso i cristiani etiopici. La propaganda fascista ha demonizzato il nemico, dipingendo le vittime come eretici e scismatici.

Il massacro di Debre Libanos non è stato solo un episodio di guerra, ma è stato anche un atto di razzismo. Gli italiani hanno perpetrato violenze e deportazioni, colpendo la Chiesa etiopica e saccheggiando i suoi beni. Nonostante le vittime avessero combattuto per la difesa del proprio paese, sono state oggetto di un odio incomprensibile.

Mussolini, rendendosi conto che la strategia repressiva stava alimentando la resistenza etiope, decise di cambiare rotta e nominò il duca Amedeo d’Aosta come viceré, promuovendo una politica di conciliazione con la Chiesa copta e di rivalutazione delle strutture sociali locali

Tuttavia, nonostante l’apparente cambio di rotta nella politica coloniale italiana, i segni indelebili del massacro di Debre Libanos continuarono a permeare la società etiopica. Le ferite non rimarginarono mai del tutto, e la memoria di quel tragico evento si tramandò di generazione in generazione, alimentando un sentimento di ingiustizia e rancore nei confronti dell’Italia fascista.

È solo negli ultimi decenni che la verità su Debre Libanos ha cominciato ad emergere con forza, grazie all’impegno di storici, scrittori e attivisti che hanno portato alla luce i dettagli del massacro e cercato giustizia per le vittime.  Si è offerto, anche se con grande ritardo, un toccante resoconto del massacro suscitando un senso di repulsione per i crimini di guerra commessi dai connazionali italiani su ordine del fascismo.

Gli studi e i libri sui crimini coloniali fascisti rappresentano  un monito contro le derive disumane delle dittature del primo Novecento invitano a mantenere viva l’attenzione sul periodo imperialista, affinché tali atrocità non vengano mai dimenticate né ripetute. 

La storia di Debre Libanos ci ricorda che il processo di riconciliazione e giustizia può richiedere molto tempo e sforzo. È necessario affrontare apertamente il passato, investigare i crimini commessi e fare i conti con le ombre che ancora oscurano la nostra storia. Solo così possiamo sperare di costruire un futuro basato sulla pace, sulla comprensione reciproca e sul rispetto dei diritti umani.

La memoria di Debre Libanos deve continuare a risuonare come un monito contro l’odio, la violenza e l’oppressione. Dobbiamo imparare dalla storia e lavorare per un mondo in cui simili atrocità non abbiano più luogo. Solo allora potremo veramente dire di aver tratto insegnamento dal passato e di aver compiuto progressi verso un futuro migliore e più giusto per tutti.

Ps: Finita la guerra, nonostante le sue malefatte criminali, Graziani scontò appena quattro mesi di carcere, ma non fu per le sue responsabilità nelle ex colonie, bensì per il ruolo successivo che ebbe nella Repubblica Sociale Italiana. Una volta uscito, divenne dirigente del Movimento Sociale Italiano.

Pietro Maletti, che aveva comandato i militari impiegati nella strage di Debre Libanos, morì in Libia durante un attacco britannico nel 1940 e fu decorato con una medaglia d’oro. Appena vent’anni dopo suo figlio Gianadelio si ritrovò ai vertici dei servizi segreti (deviati) dell’Italia repubblicana, il suo ufficio (l’ufficio D) fu invischiato nelle più gravi vicende dalla strategia della tensione e dei terrorismo fascista e morì in Sudafrica dove si era rifugiato per sfuggire alla giustizia italiana.

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