La battaglia di Little Bighorn: quando Toro Seduto annientò il 7° Cavalleria di Custer
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La battaglia di Little Bighorn: quando Toro Seduto annientò il 7° Cavalleria di Custer

Nel 1875 si stava sviluppando un'ampia alleanza tra le tribù indiane, guidata da Toro Seduto, per contrastare i tentativi del governo degli Stati Uniti di accaparrarsi le sacre terre dei Sioux, le Black Hills

La battaglia di Little Bighorn: quando Toro Seduto annientò il 7° Cavalleria di Custer
La battaglia di Little Bighorn
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25 Giugno 2023 - 11.23


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Nel 1875 si stava sviluppando un’ampia alleanza tra le tribù indiane, guidata da Toro Seduto, per contrastare i tentativi del governo degli Stati Uniti di accaparrarsi le sacre terre dei Sioux, le Black Hills. La scoperta dell’oro l’anno precedente aveva portato numerosi cercatori a invadere illegalmente queste zone, scatenando la reazione dei nativi americani.

Il periodo di relativa tranquillità e pace che aveva seguito il trattato di Fort Laramie del 1868, nel quale i Sioux avevano accettato di trasferirsi all’interno delle riserve assegnate loro, sembrava ormai solo un lontano ricordo.

Quando scadde l’ultimatum del governo il 1 gennaio, all’inizio del 1876, l’esercito americano iniziò a cercare tutti gli indiani che erano usciti dalla riserva per difendere le Black Hills. Toro Seduto comprese il pericolo imminente e si adoperò per radunare tutte le tribù sparse sulla terra in un unico grande campo. Così nacque la comunità di oltre 10.000 persone, principalmente Lakota Sioux, Cheyenne ed Arapaho, sulle rive del Little Bighorn, un fiume che attraversava i territori del Wyoming e del Montana.

Si racconta che una settimana prima della battaglia di Little Bighorn, Toro Seduto avesse compiuto una memorabile Danza del Sole, durante la quale si tagliò la pelle delle braccia per offrire sacrifici al Grande Spirito.

Era l’alba di domenica 25 giugno 1876. Nel campo di Toro Seduto, alcuni uomini e ragazzi stavano portando i cavalli a pascolare, mentre altri nuotavano nel fiume. Gli anziani erano ancora riuniti in una grande tenda e le donne stavano spegnendo i fuochi che avevano accompagnato le danze della notte precedente. Sembrava una giornata tranquilla, nessuno poteva immaginare l’inferno che si sarebbe scatenato poco dopo.

Nel primo pomeriggio, l’esercito americano venne avvistato a poche miglia dal villaggio, suscitando non poco stupore. Mentre Cavallo Pazzo stava nuotando nel fiume insieme al suo amico Naso Giallo, udì i primi spari. Chiamò immediatamente un wicasa wakan (uomo sacro) per invocare gli spiriti, si vestì lentamente e si dipinse il viso in preparazione alla battaglia, mentre i suoi impazienti guerrieri lo aspettavano.

Sotto il comando del Tenente colonnello George Armstrong Custer, un eroe della guerra civile noto per il suo carattere impetuoso e indisciplinato, il 7° Cavalleria dell’esercito americano si divise frettolosamente in quattro colonne per cercare di circondare i Sioux: la colonna di Custer con cinque squadroni (211 uomini), quelle comandate dagli ufficiali Benteen e Reno con tre squadroni ciascuno (115 e 141 uomini rispettivamente), e l’ultima colonna, guidata da McDougall, con 128 uomini incaricati di scortare i rifornimenti.

Mentre Custer e Benteen continuavano ad aggirare il villaggio, fu Reno il primo a sparare, ma anziché fuggire, gli indiani contrattaccarono con forza, costringendo i soldati a una ritirata precipitosa.

Custer giunse nelle vicinanze del campo Sioux alle 4:15 del pomeriggio. Quando si rese conto che aveva calcolato male la situazione, era ormai troppo tardi. La sua carica fallì e si trovò circondato dai guerrieri di Cavallo Pazzo, che nel frattempo avevano messo in fuga lo squadrone di Reno, riuscito a ricongiungersi con le truppe di Benteen.

Senza protezione, i soldati cercarono di formare una linea difensiva utilizzando i cavalli come scudi disperati, ma si resero conto che non avevano via di fuga. In poco più di un’ora, gli indiani annientarono Custer e i suoi uomini con tre attacchi frontali devastanti.

Alla fine della battaglia, l’esercito aveva perso complessivamente 268 soldati. L’unico superstite tra gli uomini di Custer fu il trombettiere John Martin, ossia Giovanni Crisostomo Martino di origini italiane, nato a Sala Consilina e emigrato negli. States, che era stato inviato a chiedere rinforzi prima che l’intera colonna venisse decimata.

La sconfitta provocò una dura reazione da parte dell’esercito americano, che intensificò gli sforzi per ripristinare l’ordine e riportare i Lakota Sioux nelle riserve. Fu proclamata la legge marziale.

Toro Seduto, che in passato aveva dimostrato audacia e coraggio, non partecipò direttamente ai combattimenti, ma agì come guida spirituale. Alcuni mesi dopo la battaglia, si rifugiò in Canada, dove visse libero per diversi anni prima di fare ritorno negli Stati Uniti e arrendersi all’esercito. Cavallo Pazzo, invece, rimase sulle montagne del Bighorn prima di essere ingannato e catturato a Fort Robinson, dove fu ucciso con un colpo di baionetta da una sentinella.

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