“Miracolo a New York”: David Grieco rivisita il dramma dell’Undici settembre
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“Miracolo a New York”: David Grieco rivisita il dramma dell’Undici settembre

In un romanzo avvincente rivivono i drammi e le paure del tragico evento che ha segnato la storia, ma anche un segnale di speranza per il futuro dell'umanità

“Miracolo a New York”: David Grieco rivisita il dramma dell’Undici settembre
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

6 Dicembre 2022 - 23.18


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L’attentato alle Torri gemelle rimane uno degli snodi cruciali della contemporaneità. Ciò che lo ha determinato, quel che ha prodotto pertiene all’indagine storica, ma la letteratura, che della storia è sorella, è in grado di sondare le radici profonde, gli effetti che quel traumatico evento ha avuto sugli individui, sulle società. Nell’ultimo ventennio la narrativa statunitense si è spesso concentrata sugli abissi di orrore di quei momenti, direttamente o affrontando l’argomento con ampi cerchi concentrici, toccando una delle sue vette con L’uomo che cade di Don De Lillo.

Anche da noi è però apparso un romanzo che ha come sfondo quell’attacco terroristico: si tratta di Miracolo a New York, di David Grieco (La nave di Teseo, pp. 232, € 19). Giornalista, scrittore e uomo di cinema di vaglia, Grieco è alla seconda prova narrativa dopo il bruciante esordio di Il comunista che mangiava i bambini, la cui orrorifica storia del cosiddetto “Mostro di Rostov”, il serial killer Andrej Romanovič Čikatilo, fu da lui stesso trasposta e diretta in un notevole film, Evilenko, con la magistrale interpretazione di Malcom McDowell nei panni dell’omonimo personaggio.

Anche in questa nuova opera la scintilla è la storia. Il protagonista, Matthew Mason, è un brillante medico newyorkese sui quarant’anni il quale, a causa del combinato tragico evento dell’attentato che gli ha strappato l’adorata moglie Jodie, madre di suo figlio Charlie, e della crisi del secondo matrimonio malgrado un’attrazione ancora viva per Allison, la nuova moglie, smarrisce le coordinate della propria esistenza. Come nella migliore tradizione narrativa, elemento privato e dimensione familiare sono in perfetto connubio con il grande mare della storia e dei rivolgimenti sociali, e il lento disgregarsi di una mente si riflette in un mondo ormai in pezzi.

La prosa con cui l’autore rende le peripezie psicologiche dei protagonisti (Matthew cade in una lucida follia, rischiando di trascinare Allison con sé nel baratro) e il vortice degli eventi che si susseguono è di chiara derivazione cinematografica. Regista e sceneggiatore, Grieco ha elaborato l’intreccio con un forte accento visivo – trama e personaggi sono pensati e resi per immagini, dense ed icastiche, come il notevole incipit ambientato nel pronto soccorso di un ospedale newyorkese nei drammatici momenti successivi all’attentato, con il continuo arrivo di feriti in condizioni gravissime e un pugno di medici ed infermieri allo stremo. L’autore si avvale qui di stilemi horror, con una prosodia secca e tagliente, che lascia ampio spazio al dialogo. È una caratteristica di tutto il testo, che se da un lato si pone come un interessante esperimento di fusione tra l’arte della sceneggiatura e l’opera narrativa, dall’altro avvicina temerariamente la nostra lingua a quella d’Albione, di cui conserva la sintesi brachilogica e il frasario breve, dando l’impressione che la storia sia stata immaginata in inglese, anche per meglio aderire alla realtà ambientale in cui è realizzata.

Non è questo l’unico elemento di originalità a rendere interessante e avvincente la lettura. La vicenda è narrata per lo più dal punto di vista di Matthew, il che pone una sfida al lettore, che deve districarsi tra realtà e parto d’una mente disturbata; ma a conferire movimento emotivo e di scrittura vi sono dei capitoli in terza persona – come una cinepresa che mostra gli eventi –, altri dalla prospettiva di Allison, e l’inserto di sogni e di testi di canzoni, funzionali al progressivo sfaldamento della personalità del medico e alla definizione del significato complessivo dell’opera.

Altro motivo di interesse è la città dove si svolge la storia, New York, a suo modo anch’essa protagonista con i suoi luoghi iconici, i quartieri, le strade, l’immaginifico Central Park in cui si svolge una scena cruciale: un ambiente che nella globalizzazione postmoderna sta scomparendo, e che qui si assapora in tutto il suo fascino.

Avvincenti e simbolici della civiltà dell’immagine che domina questi nostri tempi sono poi i capitoli che precedono lo scioglimento, ambientati negli studi televisivi di uno show trasmesso in diretta nazionale e che tiene gli spettatori col fiato sospeso, poiché lì si svela il gioco degli specchi e delle identità multiple di una donna sopravvissuta all’attentato ma col volto sfigurato. Vi giganteggia il conduttore, una sorta di Gianfranco Funari all’ennesima potenza, epitome dei leggendari anchorman americani che hanno fatto la storia della televisione di quel Paese. Il tema del doppio su cui è costruita la vicenda, le venature gialle che la attraversano e che stuzzicano la curiosità del lettore, trovano qui degna realizzazione, e nelle scene convergono tutti i personaggi apparsi, come accade nel momento della rivelazione di certa narrativa gialla, ma anche nel finale di quelle commedie cinematografiche memori della lezione di Feydeau: costante di questo originale romanzo è la sovrapposizione tra narrativa e suggestioni della settima arte. E nell’epilogo, la rinascita, con un messaggio di speranza: la salvezza dell’umanità risiede nelle nuove generazioni, e la sola arma da opporre all’orrore e alla distruzione di sé e del mondo è la forza dell’amore.

Insomma, se scopo della letteratura è intrattenere stimolando una riflessione sull’individuo e sul mondo in cui vive, un oggetto culturale in cui l’autore riversa umanità, realismo e le più sbrigliate fantasie, siamo in presenza di un’opera davvero riuscita.

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