Piazzapulita mostra l'estate della rimozione: si ballava in discoteca dopo 35.000 morti di Covid-19
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Piazzapulita mostra l'estate della rimozione: si ballava in discoteca dopo 35.000 morti di Covid-19

Nella prima puntata della nuova stagione di Piazzapulita, un confronto tra i mesi dell'inferno di marzo e aprile e l'estate in cui si è dimenticato tutto

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10 Settembre 2020 - 20.25


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Fa molto male vedere le immagini mostrate da Piazzapulita, che questa sera è tornato per la nuova stagione. Sono le immagini di marzo e di aprile, quando l’Italia fu investita in pieno dalla pandemia di Covid-19. Le terapie intensive piene, gli ospedali al collasso, le persone che morivano in casa. 
Salto in avanti di sei mesi: sabato scorso a Roma hanno sfilato i negazionisti del Covid, tra cui Sara Cunial, parlamentare, che sostengono che le mascherine non servano e che il Coronavirus sia un’invenzione. L’estate italiana è stata trascorsa in discoteca, dove sono scoppiati altri focolai, oppure all’estero, nonostante gli appelli e le preghiere alla cautela. 
Un’estate di rimozione. L’Italia non ne poteva più di vedere quelle immagini, non ne poteva più di morte, di sofferenza. 
Eppure, non si può dimenticare, non si deve rimuovere. Perché sarebbe non solo sbagliato, peggio, sarebbe criminale. Perché in quelle terapie intensive, che in questi giorni stanno tornando a riempirsi, sono morte oltre 35.000 persone, in una maniera orribile. “Questa è una brutta morte” ammette uno dei medici nel servizio. Poco prima, a un paziente che stava venendo intubato comunicano che dovranno portarlo proprio in quel reparto. “Perché?”, domanda il paziente, terrorizzato. 
Perché è lì che si portano quelli che non riescono più a respirare da soli. Ed è lì che poi si muore. Si muore soli, senza la famiglia a fianco, senza che nessuno sappia quanto stai soffrendo se non i medici che sembrano alieni, bardati per non lasciar entrare quel virus che ha divorato i tuoi polmoni. 
Questo fa il Coronavirus, questo è stato e questo ancora è: vedere queste immagini può far male ma è più che mai necessario.

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