Buttare giù gli edifici fascisti? Santiago Calatrava, guai a farlo
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Buttare giù gli edifici fascisti? Santiago Calatrava, guai a farlo

L'archistar spagnolo respinge la proposta del New Yorker, sono stati progettati da bravissimi architetti, citanto la Posta a Testaccio e l'edificio a cubo dell'Eur

Il Palazzo della civiltà italiana all'Eur
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globalist Modifica articolo

3 Novembre 2017 - 11.57


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ll New Yorker, che sollecita l’abbattimento delle opere architettoniche edificate in epoca fascista, sbaglia: guai a buttarle giù. Il giudizio è dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava che rispedisce al mittente la proposta-provocazione che è arrivata dall’altro lato dell’Oceano e che comunque in Italia ha trovato persone (anche politici) che la pensano allo stesso modo, sia pure con motivazioni e soluzioni diverse. Ma anche tanti oppositori, e non certamente solo di destra.
”Eliminare gli edifici fascisti a Roma? Il New Yorker sbaglia. Penso alla Posta dell’architetto Libera a Testaccio, un capolavoro della memoria. O all’edificio a cubo all’Eur. Sono stati progettati da bravissimi architetti. Guai a buttarli giu”’.
Una posizione netta da chi ha realizzato opere in tutto il mondo e che comunque, al di là del giudizio su alcune sue realizzazioni, può esprimersi a ragion veduta su edifici che dimostra di conoscere benissimo. ”Roma mi ha dato tanto. Non c’e’ posto dove io abbia imparato di piu’ – ha detto Calatrava -. L’architettura e’ consapevole. Le opere ci sopravvivono, restano testimoni di noi, del nostro tempo, dei nostri modi di fare. Un edificio impossibile da progettare? Non esiste, ma credo ci sia tanto da fare per gli ospedali. Sono i luoghi dove si nasce e dove si muore e invece spesso sono posti bruttissimi”.
La polemica sul New Yorker si deve ad una riflessione della studiosa americana Ruth Ben-Ghiat che si è chiesta, sulla rivista intellettuale americana, perché in Italia ci siano tanti monumenti di epoca fascista oppure, traducendo il concetto, perché non stati demoliti una volta caduto il regime. Con un esplicito riferimento all’Eur ed al Foro, a Roma. Non era la prima volta che la studiosa si esprime sull’argomento. Lo aveva fatto, anni fa, con il saggio ”La cultura fascista”, demolito dagli studiosi italiani per il preconcetto alla base delle sue considerazioni e per l’approssimazione dei riferimenti posti alla base delle sue tesi.
Ma perchè, a oltre quindici anni dalla pubblicazione di quel (contestato) saggio Ruth Ben-Ghiat è tornata a parlare dei monumenti fascisti? Probabilmente perché di recente negli Stati Uniti è scoppiata la polemica sui monumenti che celebrano eroi della Confederazione e di cui si è chiesta la rimozione. Ma, ci si consenta la considerazione, una statua si può anche rimuovere, spostare o anche distruggere, ma lo stesso non è giusto farlo per edifici realizzati in un periodo storicamente anti-democratico, ma dall’altissimo valore architettonico. Come appunto ha detto Santiago Calatrava.

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