Dieci anni senza Luigi Comencini: il maestro della commedia italiana
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Dieci anni senza Luigi Comencini: il maestro della commedia italiana

Regista di 'Pinocchio', 'Cuore', 'Pane amore e fantasia' e molti altri film degli anni '70 e '80 con tanti "bravi italiani" come protagonisti.

Luigi Comencini
Luigi Comencini
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6 Aprile 2017 - 17.27


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Luigi Comencini moriva 10 anni fa. Dotato di uno stile particolarmente armonioso e soave, che gli ha permesso di distaccarsi dall’amarezza e dall’asprezza del neorealismo, per aderire alla commedia all’italiana, firma con Suso Cecchi D’amico, Age & Scarpelli delle sceneggiature perfette, dove i personaggi rimangono comunque autentici e multidimensionali, ma tornano a sorridere (dopo la distruzione della guerra e le miserie del dopoguerra) in un mondo che, in fin dei conti – e anche dopo le catastrofi e i disastri – non cambia mai.

 Lombardo, padre delle sorelle Comencini (Paola, Cristina e Francesca, avute dalla felice unione con la figlia della principessa Grifeo di Partanna, Giulia) e archiviata la laurea in architettura presso il Politecnico di Milano, dopo aver svolto l’attività di critico e giornalista, fonda con Alberto Lattuada e Mario Ferreri la Cineteca Italiana. Poi decide di dedicarsi alla regia esordendo con cortometraggi in 16 mm per il Cine-guf del capoluogo lombardo e con i documentari La Novelletta (1937), Bambini in città (1946) e L’ospedale del delitto (1950).

Nel 1943, si affinerà anche come sceneggiatore (oltre che come aiuto regista) per Ivo Perilli ne La Primadonna, ma il suo primo film a soggetto troverà la luce solo nel 1948, si tratta di Proibito rubare con Tina Pica e Adolfo Celi. Pellicola che lo mise subito in vista da critica e pubblico per il suo talento; seguiranno: Persiane chiuse (1951) e La tratta delle bianche (1952), entrambi con Eleonora Rossi Drago.

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Dopo aver diretto Totò in una delle sue avventure (L’imperatore di Capri), troverà un enorme successo con la pellicola Pane, amore e fantasia (1953), storia d’amore tra un maresciallo e un’ostetrica di paese, incrociata a quella di una fanciulla poverissima, soprannominata “la Bersagliera” (interpretata da una memorabile Gina Lollobrigida che da quel momento in poi farà suo quel soprannome) e un carabiniere impacciato. Il film vince l’Orso d’Argento al Festival di Berlino e lancerà ufficialmente la nascita di un nuovo genere cinematografico tutto di casa nostra: la commedia all’italiana, che prosegue con Pane, amore e gelosia, La bella di Roma e Mariti in città.

Nel decennio successivo, continua a dare prove della sua bravura anche come regista drammatico in Tutti a casa (1960), La ragazza di Bube (1963) e Incompreso (1966). Storie che riguardano temi ancora sentiti sulla pelle degli italiani. Una su tutte: la povertà del dopoguerra. Mentre negli anni della liberazione sessuale e della contestazione, si specializza nella pungente commedia satirica ridendo e facendo ridere gli italiani dei loro stessi vizi. I piaceri del sesso, della ricchezza e del gioco sono rappresentati perfettamente in Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano (1970), Il gatto (1977, in cui è anche attore) e Lo scopone scientifico (1972), ma questo è anche il periodo di conquista del piccolo schermo.

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Sarà infatti consacrato a padre del cinema italiano del Novecento, firmando il telefilm che, più di ogni altro nella storia della televisione, ha riscosso unanime i plausi di critica e pubblico: “Le avventure di Pinocchio”.

La sua firma dietro la macchina da presa, lascia una traccia fortissima e vitale nell’immaginario e nello sviluppo dell’Italia post Sessantotto, stimolandola con il suo occhio pungente e sagace, a guardare al di là delle apparenze e delle facili bugie. Membro della giuria del Festival di Venezia, nonché Leone d’Oro alla carriera nel 1987, negli anni Ottanta firma i suoi ultimi lungometraggi: Cercasi Gesù (1982), Un ragazzo di Calabria (1987) e Buon Natale… Buon Anno (1989).

Poi è ancora televisione con Cuore e La Storia, mentre la sua ultima regia è tutta per il remake di Marcellino pane e vino (1955), intitolata semplicemente Marcellino (1991).

Luigi Comencini diresse i più grandi e indimenticabili attori italiani: Giulietta Masina, la triade Gassman-Tognazzi-Mastroianni, Alberto Sordi, il duo comico Franco e Ciccio, Gino Cervi, Stefania Sandrelli e l’eterea Silvana Mangano.

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Ma non si fece mancare star straniere come Fernandel, Gérard Depardieu e la terribile Bette Davis. Il tutto con una vocazione al cinema che si fa viva, totale e presente particolarmente in tutte quelle storie che sono accomunate dalla stessa matrice tipicamente italiana. Trame e scene intense che avvolgono lo spettatore rendendo plausibili sentimenti che, a volte, non lo sono affatto, e lo guidano fino all’ultima scena. Inventivo, coraggioso, disposto a rischiare e a provare diverse situazioni, anche quando potrebbe rendere i suoi personaggi dei comuni stereotipi di casa nostra, Comencini è, oltre che un mentore, un conoscitore del valore delle parole. Soprattutto di una: italiani.

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