La patente di Natalino Sapegno
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La patente di Natalino Sapegno

La vita è fatta di piccoli casuali incontri. Come quello con il signor Ezio che ricorda quando il grande critico letterario, negato alla guida, arrivò da lui per prendere la patente.

La patente di Natalino Sapegno
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

18 Dicembre 2012 - 17.48


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di Onofrio Dispenza

Il bello della vita sono gli incontri. Anzi, credo che la vita sia esclusivamente “incontri”. Non solo quelli grandi, che determinano o modificano quell’equilibrio di passioni che Diderot chiama felicità. Anche i piccoli, quelli casuali, che riaprono paratie dimenticate della memoria e riportano alla mente un nome e accanto al nome il tempo e le piccole e grandi passioni di quel tempo.

Il signor Ezio adesso è più che ottantenne, ha sempre fatto l’istruttore di guida. Ora é titolare di scuole guide, un tempo solo istruttore, e la sera a studiare, per raggiungere un diploma al quale teneva tanto.

«Natalino Sapegno, sapete chi era?». La domanda del signor Ezio, incontrato per caso, apre il gioco del dolce e veloce ritorno indietro nel tempo: i banchi di scuola, i libri, i buoni voti in italiano che ti piaceva tanto e che compensavano quelli ignobili della matematica.. E Sapegno, lo stesso che era stato di mio padre e di mia madre e che ora era mio. Un monumento, l’incarnazione della letteratura! «Certo, Sapegno… Il trecento… Sapegno, insomma… Perché?».

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«Deve sapere – mi racconta il signor Ezio – che il professor Sapegno abitava qui, a Prati, vicino alla mia prima autoscuola. Si muoveva con un autista, mai avuta la patente…Era un esame che non aveva mai voluto affrontare… Un giorno, spinto dalle figlie che venivano da me per la patente, si presentò anche lui: “Vorrei provare a prendere la patente!”, mi disse. E cominciò quel rapporto tra lui che si preparava all’esame di guida e me che provavo a raggiungere il diploma, zavorrato dal mio italiano…».

«Si impegnava tanto il professor – ricorda Ezio – ma portare l’auto non era proprio la cosa sua… andava a esercitrasi, assieme alla figlia, ma i progressi erano lenti… Mesi e mesi di lezioni, una vera e propria sfida… Gli insuccessi facevano arrabbiare il professore, come se fosse un ragazzo, un diciottenne impaziente di prendere la tanto agognata patente. Le curve strette non riuscivano proprio a Sapegno, e scappava anche qualche parolaccia dalla bocca dell’illustre professore: “Non ho mai preso una bocciatura – borbottava il professore – sarebbe veramente buffo non essere promossi ed essere superato dalle mie figlie!».

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«Come fini?». «Io presi il diploma, ma il professor Sapegno non si presento mai all’esame».

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