Le elezioni negli Stati Uniti rivelano vere divisioni culturali, oltre la superficie del voto
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Le elezioni negli Stati Uniti rivelano vere divisioni culturali, oltre la superficie del voto

Da un lato, crescenti disuguaglianze economiche e sociali; dall’altro, tensioni su valori identitari, diritti civili e politiche divisive.

Le elezioni negli Stati Uniti  rivelano vere divisioni culturali, oltre la superficie del voto
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11 Novembre 2024 - 12.01


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di Fabrizio Siracusa

Pittsburgh, Pennsylvania – Un amico mi ha fatto notare che, nel fare l’analisi dei risultati delle recenti elezioni americane, alcuni osservatori hanno avanzato la tesi che l’America non è in fondo così divisa come si dice. Una di queste analisi, firmata da Federico Rampini, è apparsa all’indomani delle elezioni sul Corriere della Sera e fa leva sul fatto che c’è stato un travaso di voti dai democratici ai repubblicani in tutte le categorie di elettori, a prescindere da considerazioni di etnia, sesso, e colore della pelle.

A mio parere, è una lettura po’ superficiale del risultato elettorale. Il risultato, dice Rampini, è un rifiuto delle cosiddette politiche identitarie, su cui i democratici hanno portato avanti la campagna elettorale. Il voto ha invece dimostrato la prevalenza delle preoccupazioni di tipo economico. Mi pare che su questo Rampini abbia ragione, ma solo in parte.

Sugli elettori hanno senz’altro prevalso le preoccupazioni per l’aumento dei costi quotidiani (affitti esorbitanti, costi per l’acquisto della casa fuori dalla portata della maggioranza degli americani, generi di prima necessità che hanno subito aumenti proibitivi per molti, spese mediche in continua ascesa, ecc.) e un partito che in quattro anni non ha fatto proposte concrete per correggere la situazione, se non in campagna elettorale, perde credibilità, soprattutto se concentra il tiro sul fatto che  il partito avversario è una manica di razzisti, fanatici religiosi e maschilisti (il fatto che lo siano veramente e che ne vadano orgogliosi non conta). Forse il calcolo dei democratici è stato che qualunque proposta sarebbe stata comunque bloccata dalla maggioranza repubblicana alla Camera, ma il problema è stato che, non provando nemmeno a cambiare le cose, i Democratici sono sembrati sordi alle legittime preoccupazioni di una larga fetta dell’elettorato americano.

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Quello che pare sfuggire a chi, come Rampini, sposa la teoria di un’America meno divisa di quanto non si sia voluto far credere in campagna elettorale è che la nazione è veramente divisa, ma su linee culturali più che identitarie. Le linee divisorie che lui cita (bianchi e neri, uomini e donne, cittadini americani e immigranti, ecc.) esistono davvero e stanno producendo divisioni che in un giorno non lontano produrranno effetti devastanti per molti degli elettori che hanno votato per Trump. A rendersene conto, però, sono solo le persone meglio istruite, quelle che seguono la politica quotidianamente e che vedono i paralleli tra i discorsi che fanno i repubblicani ora e quelli che facevano Hitler e Mussolini negli anni Trenta.

A partire da Reagan, il partito Repubblicano si è messo interamente al servizio delle grandi aziende e dei plutocrati e maschera le sue reali intenzioni dietro a politiche assai divisive. In campagna elettorale, Trump ha attaccato diverse minoranze etniche come la causa dei mali dell’America, utilizzando espressioni prese direttamente dal nazismo. In diversi stati, i repubblicani hanno passato leggi che costringono le donne a partorire anche quando sono in pericolo di vita (alcune la vita l’hanno effettivamente persa). E, già prima di essere eletto nel 2016, Trump fece diverse promesse mai mantenute ai ceti meno abbienti.

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Le più clamorose? La costruzione di un muro al confine con il Messico che avrebbe dovuto risolvere il problema dai criminali in entrata e del lavoro per gli americani disoccupati, oppure la riforma sanitaria tesa ad alleggerire i costi per le famiglie e un piano di potenziamento delle infrastrutture che avrebbe tra l’altro dovuto creare decine di migliaia di posti di lavoro (questa proposta l’ha poi realizzata Biden negli ultimi quattro anni). Siccome, però, i mezzi di informazione sono, come il Partito Repubblicano, ormai quasi interamente pilotati da plutocrati e multinazionali (che ne sponsorizzano l’opera) l’accento di molte analisi e di molta informazione si sofferma su questioni di tipo sociale, non economico. E i democratici, che dovrebbero essere elogiati in quanto partito che cerca di aiutare gli emarginati e i poveri (anche se con risultati non sempre apprezzabili o ben evidenziati), vengono invece biasimati per la loro “ossessione” per le politiche “identitarie”. Siamo alle comiche.

Come già detto, i democratici sono causa del proprio male perché hanno creduto che fare da paladini per i deboli sarebbe bastato, ma la gerarchia dei bisogni di Maslow non è cambiata: la gente vuole avere un tetto sopra la testa ed essere sfamata. Tutto il resto passa in secondo piano. Anche le reali divisioni che rischiano di lacerare completamente il tessuto della società americana.

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