Tunisia, sostenere il popolo non il dittatore: una posizione coraggiosa
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Tunisia, sostenere il popolo non il dittatore: una posizione coraggiosa

Il memorandum con la Tunisia è stato un flop totale non solo per i continui flussi migratori ma anche per la situazione che si è creata a Lampedusa

Tunisia, sostenere il popolo non il dittatore: una posizione coraggiosa
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Settembre 2023 - 14.42


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Aiutare la Tunisia. Ma il popolo, non l’autocrate razzista al potere.

Un discrimine di fondo. Che passa attraverso la cancellazione del memorandum Europa-Tunisia.

Il popolo, non l’autocrate

“Il memorandum con la Tunisia è stato un flop totale non solo per i continui flussi migratori ma anche per la situazione che si è creata a Lampedusa: una situazione di totale caos voluto, perché altrimenti non si spiega come mai il governo Meloni dichiari lo stato di emergenza per accelerare le procedure e poi lasci tutti quelli che arrivano sul molo per giorni, trattati come bestie, senz’acqua, senza cibo e senza servizi igienici. Ma che paese è quello che adotta una simile gestione dei flussi migratori?“. È la denuncia della deputata del Pd Laura Boldrini che, ai microfoni di Radio Radicale, stigmatizza severamente la linea adottata dalla presidente del Consiglio.

L’ex presidente della Camera spiega: “Gli altri paesi della Ue devono certamente fare qualcosa ma il problema è che la Meloni non vuole. La premier non si batte per la redistribuzione dei migranti all’interno della Ue, perché non vuol dare un dispiacere ai suoi amici sovranisti. L’altro giorno la Meloni ha incontrato Orban: si sono abbracciati e tutto, ma intanto – continua – il suo amato amico Orban le ha voltato le spalle, perché non ne vuole sapere della redistribuzione dei migranti. Qui c’è un conflitto d’interessi della premier: da un lato, è il presidente del Consiglio di un paese che avrebbe tutto l’interesse a redistribuire i migranti in Europa, dall’altro non vuole la redistribuzione per non far dispiacere il gruppo dei conservatori di cui lei è presidente. Quando uno fa troppe parti in commedia, si creano problemi seri“.

E aggiunge: “Ricordo che ora vige il principio della volontarietà nella redistribuzione dei migranti. Principio che non funziona e infatti siamo in panne. Quindi, bisogna lottare per la revisione del regolamento di Dublino che impone al paese di primo approdo la gestione degli arrivi. Peraltro, la Germania e la Francia hanno già detto che non sono più disposti a prendere le persone che arrivano in Italia, come avveniva in passato. Secondo le regole vigenti, infatti, dovranno essere rimandate indietro, a riprova del fatto che l’Italia si sta isolando, perché questo governo sta usando metodi che non funzionano”.

La deputata si sofferma anche sulla recente missione in Tunisia, dove si è recata col parlamentare dem Giuseppe Provenzano: “Abbiamo incontrato tantissime personalità sia del mondo politico, sia della società civile: avvocati, giudici, sindacalisti, attivisti. E abbiamo visto un paese in fortissima sofferenza e sotto pressione, che purtroppo non sta intravedendo una via d’uscita a questa crisi. Parliamo di una crisi politica prima che economica – spiega – Saied ha avocato a sé tutti i poteri, ha chiuso il Parlamento con l’esercito, ha destituito il governo, ha annullato il Consiglio Superiore della magistratura, ha fatto decreti presidenziali molto liberticidi. Oggi tutte le figure pubbliche in dissenso con lui sono sotto processo e in detenzione: i capi politici dell’opposizione sono tutti in carcere. Stessa sorte per gli attivisti, come Chaima Issa, una donna di 43 anni che è di fatto la prima prigioniera politica donna in Tunisia”.

Boldrini invoca la necessità di rivedere l’accordo con la Tunisia, ponendo precise condizioni sul processo democratico del paese: “Questo memorandum è stato fallimentare. Stanno arrivando migliaia e migliaia di persone dalla Tunisia, tunisini e non tunisini, anche perché Saied ha avviato una campagna d’odio contro le persone che arrivano dai paesi subsahariani e che si trovano in Tunisia di passaggio o per lavoro. Quindi – sottolinea – Saied è la causa, non la soluzione del problema. Avergli dato la legittimità di essere una controparte senza condizione alcuna è stato molto grave. Nel Parlamento europeo i Socialisti e i Democratici hanno sollevato la legittimità di questo memorandum, che va rivisto completamente e impostato diversamente. Tra l’altro, non c’è stato neppure un dibattito in Aula a riguardo”.

Lettera a Ursula

A firma Giuseppe Provenzano, responsabile Esteri Pd  e Laura Boldrini. Lettera aperta pubblicata da La Stampa: “Signora Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il Mediterraneo è uno dei cuori dell’Europa, la nostra comunità di destino, come ripeteva spesso il nostro amato David Sassoli e come ha ricordato più volte lei stessa nei suoi interventi. La cooperazione tra le due sponde è fondamentale per garantire pace, sviluppo, diritti, benessere diffuso e per affrontare insieme le grandi sfide globali che abbiamo davanti, dal cambiamento climatico, alla sicurezza energetica, fino alla migrazione. Nei giorni scorsi siamo stati in Tunisia, nel quadro di una missione che abbiamo organizzato come Partito Democratico, per incontrare le forze sociali e civili, l’opposizione e tutte le forze che lavorano per una Tunisia migliore e più democratica. Come parlamentari nazionali abbiamo chiesto un confronto anche al Governo in carica, nella persona del Ministro degli Esteri che, purtroppo, ci è stato negato. Eravamo già lì mentre il Governo di Tunisi negava alla delegazione della Commissione AFET del Parlamento Europeo l’ingresso nel paese. Una decisione senza precedenti, per cui esprimiamo la nostra solidarietà ai colleghi deputati europei e all’istituzione tutta per l’offesa subita. Questo vulnus, a meno di due mesi dalla firma solenne del Memorandum of Undestanding Ue-Tunisia, che ha reso impossibile ai nostri colleghi del Parlamento europeo di svolgere il loro lavoro, ci carica della responsabilità di condividere con lei alcuni elementi che abbiamo raccolto di un viaggio che, speriamo, non diventi l’ultima visita di parlamentari dell’Unione Europea in Tunisia nei tempi a venire. La situazione nel Paese è drammatica: la crisi economica è diventata crisi sociale, in Tunisia mancano i beni di primissima necessità, a partire dal pane e dalla farina mentre – secondo gli studi condivisi con noi da alcune organizzazioni indipendenti della società civile, come il Forum tunisino dei diritti economici e sociali – il 90% dei giovani tunisini vuole lasciare il paese, non solo tra le fasce meno abbienti, e non solo per ragioni legate alla ricerca di un maggiore benessere ma per il desiderio di libertà.

È evidente, dunque, che questo dissesto economico-sociale è stato aggravato dalla brusca interruzione del percorso democratico: con un presidente che ha accentrato tutti i poteri su di sé e non ha un piano economico, gli investitori fanno un passo indietro. Il Presidente Saied, a partire dal 25 luglio 2021, ha iniziato a colpire sistematicamente le fondamenta dello Stato di diritto, sciogliendo il Parlamento legittimamente eletto, riscrivendo da sé la Costituzione, rimuovendo 57 magistrati (procuratori, giudici istruttori, giudici e pubblici ministeri) dai loro incarichi e sciogliendo per decreto il Consiglio Superiore della Magistratura, subordinando di fatto l’azione penale alla sua volontà politica. I decreti presidenziali, approvati e applicati scavalcando completamente i normali percorsi democratici, vengono usati per zittire oppositori e giornalisti, accusati – a vario titolo – di diffondere “fake news” o di “complottare” contro lo Stato. Cresce il numero degli oppositori politici in prigionia. Vogliamo segnalare un solo caso, molto emblematico, quello di Chaima Issa, una donna di 43 anni, giornalista, attivista e funzionaria ministeriale durante il governo di Elyes Fakhfakh, condannata a cinque mesi di carcere e oggi ai domiciliari per aver partecipato ad alcune manifestazioni di protesta e per aver parlato con i media internazionali. Chaima Issa sta attendendo il giudizio della corte marziale e anche i suoi avvocati sono sotto inchiesta.

A questo si aggiunge il discorso del 21 febbraio 2023, in cui il Presidente Saied ha pronunciato e diffuso un messaggio xenofobo in cui ha parlato di «orde di immigrati irregolari provenienti dall’Africa subsahariana» che sarebbero arrivati in Tunisia portando «la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati», i quali sarebbero parte di un disegno «per cambiare la composizione demografica» e fare della Tunisia «un altro Stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico».

Tutto ciò ha avuto un impatto su larga scala con conseguenti aggressioni nei confronti dei migranti subsahariani, cacciati dalle case in cui vivevano, minacciati lungo le strade, attaccati e feriti con armi da taglio, licenziati in tronco dai posti di lavoro, arrestati arbitrariamente, e dunque con nessun’altra alternativa a quella di lasciare la Tunisia. Una pericolosa onda xenofoba che mette in difficoltà anche le associazioni e gli organismi internazionali che lavorano nel paese.

Questi brevi cenni, di cui possiamo fornire ogni dettaglio ai suoi uffici, dimostrano chiaramente che la Tunisia – oggi – non solo non è un Paese sicuro per i migranti che lo attraversano nella speranza di arrivare in Europa ma nemmeno per i suoi stessi cittadini, che subiscono un attacco alla democrazia molto allarmante.

Appare dunque evidente che, in questo contesto, è impossibile dar seguito al Memorandum of Understanding che la Commissione Europea ha sottoscritto lo scorso 16 luglio. Le chiediamo dunque di accogliere l’appello del Gruppo dei Socialisti & Democratici al Parlamento Europeo affinché, con un gesto di dignità politica, l’Unione Europea abbandoni questo fallimentare modello di esternalizzazione delle frontiere e ritrovi la sua ispirazione umanitaria, democratica e sociale.

Questo non significa non collaborare con la Tunisia, porta dell’Africa, Paese giovane, nutrito da forze civili e politiche coraggiose, speranza per il consolidamento delle rivoluzioni democratiche. Anzi, crediamo che l’Unione Europea debba sostenerlo sul piano economico e sociale, non subordinando gli aiuti al negoziato con il Fondo Monetario Internazionale, ma forte di una reale volontà di cooperazione, ponendo condizioni forti sul ripristino del percorso democratico, la liberazione dei prigionieri politici, il rispetto dei diritti umani dei tunisini e dei migranti.

L’Unione europea ha il dovere di aiutare la Tunisia, non la torsione autocratica che sta subendo per mano del Presidente Kais Saied. Solo in questo modo possiamo garantire che l’Unione Europea e la Tunisia guardino, insieme, a un futuro di pace, libertà e giustizia”.

Un fallimento annunciato

Ne dà conto, in un documentato report per Notizie Geopolitiche, Enrico Oliari: “Non si contano più gli sbarchi di migranti provenienti dalla Tunisia, individui provenienti principalmente dall’Africa subsahariana, in particolare dalla Guinea e dalla Costa d’Avorio. In 72 ore ne sono sbarcati 10mila. Spesso giovani che si ammassano nella regione di Sfax, dove devono scontare forti attriti con la popolazione che protesta contro la loro massiccia presenza, in un paese alle prese con una drammatica situazione economico-politica e che è carente di infrastrutture destinate all’accoglienza.


La cosa che appare evidente è il momentaneo fallimento dell’accordo di luglio con la Tunisia, sbandierato dal governo Meloni come una grande conquista, tant’è che la presidente del Consiglio è tornata a bussare a Bruxelles per sottolineare, come hanno fatto tutti i suoi predecessori, che siamo davanti ad un problema europeo, non italiano.


Nonostante il Pesc Josep Borrell avesse ieri sottolineato che non possono esserci accordi di singoli paesi con terzi, è doveroso puntualizzare che Meloni si era presentata a Tunisi dal presidente Kais Saied con l’olandese Mark Rutte e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen: avevano messo sul piatto, sotto forma di memorandum d’intesa, 150 milioni di euro dei contribuenti europei per sostenere il bilancio, più un altro regalo di 105 milioni di euro dei contribuenti italiani per il controllo delle frontiere e il contrasto ai trafficanti, anche se questi ultimi sguazzano nel mare di corruzione tunisino. Oltre a questo era stato garantito l’appoggio politico al prestito da 1,9 miliardi del Fmi, che avrebbe sbloccato altri 900 milioni di euro a interesse agevolato dall’Unione Europea e dato il supporto necessario alla Tunisia per non fare la fine del Libano e andare in default.
Ieri il governo tunisino ha negato l’ingresso a una delegazione di eurodeputati della commissione Affari esteri dell’Europarlamento. La missione sarebbe dovuta durare due giorni, con lo scopo di valutare la situazione politica e “sostenere il dialogo nazionale inclusivo”, ma anche fare una valutazione sul quel memorandum d’intesa finalizzato sostanzialmente a che la Tunisia si tenesse i migranti.
La delegazione era composta dagli eurodeputati Michael Gahler (Ppe, Germania); Dietmar Koster (S&d, Germania), Salima Yenbou (Renew, Francia), Mounir Satouri (Verdi/Ale, Francia) ed Emmanuel Maurel (La Sinistra, Francia): avrebbero voluto incontrare i rappresentanti dell’opposizione, i leader sindacali, esponenti della società civile. Per farla breve, utilizzare il memorandum d’intesa per intromettersi negli affari interni di un paese extra-europeo.


Pacifico che in una realtà caratterizzata da una delicatissima situazione politica che vede oppositori, giornalisti e persino magistrati arrestati, l’assenza della Corte costituzionale in quanto mai nominata, un governo e un Parlamento sciolto salvo poi indire elezioni senza partiti, si sia chiusa la porta in faccia a chi poi sarebbe rientrato a Bruxelles per urlare strali contro Saied.


E pacifico pure che la Tunisia stia usando i migranti per fare pressioni su Roma e sull’Ue, anche perché dei soldi del memorandum d’intesa ancora non si è visto nulla, a dire dello stesso presidente tunisino. Persone che contano di costruirsi un futuro e di aiutare le famiglie in patria (per la Somalia le rimesse rappresentano il 40% del pil), lasciandosi alle spalle l’Africa della povertà e dei colpi di Stato, dei cambiamenti climatici e del vecchio e nuovo imperialismo economico, delle dittature e dei radicalismi.
Di certo l’Europa, a cominciare dall’Italia, non può accogliere gli oltre 700mila migranti previsti dai servizi segreti, ma neppure la fragile Tunisia sarebbe in grado di farlo. E qui, forse, la Meloni del “blocco navale subito” si sta dimostrando incapace di affrontare il 360% di sbarchi in più rispetto a un anno fa, quando era da poco caduto il governo, da lei contestatissimo, di Mario Draghi, con ministro dell’Interno Luciana Lamorgese”.

Una incapacità, aggiungiamo noi, reiterata. E per questo ancora più grave. 

La presidente del Consiglio invoca una “rivoluzione copernicana nella Ue” sui migranti. Inizi da Lei, signora Presidente. Ma è chiederLe troppo. E poi c’è l’”ammiraglio Salvini” che le spara, metaforicamente, addosso. In attesa di cannoneggiare i barconi dei migranti.

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