Israele: la vergogna della stretta di mano tra l'ambasciatore e il capo dei fascisti rumeni
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Israele: la vergogna della stretta di mano tra l'ambasciatore e il capo dei fascisti rumeni

Chi scrive ha avuto modo di conoscere, nell’ultratrentennale frequentazione d’Israele e della Palestina, Colette Avital. Conoscerla e apprezzarla quando era una combattiva parlamentare laburista, stretta collaboratrice di Yitzhak Rabin e Shimon Peres

Israele: la vergogna della stretta di mano tra l'ambasciatore e il capo dei fascisti rumeni
Da sinistra a destra: l'ambasciatore israeliano in Romania Reuven Azar, il leader del partito AUR George Simion e il capo del consiglio regionale della Samaria Yossi Dagan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Settembre 2023 - 16.26


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Chi scrive ha avuto modo di conoscere, nell’ultratrentennale frequentazione d’Israele e della Palestina, Colette Avital. Conoscerla e apprezzarla quando era una combattiva parlamentare laburista, stretta collaboratrice di Yitzhak Rabin e Shimon Peres, e negli incarichi diplomatici e di governo che ha ricoperto nella sua lunga e intensa vita pubblica. 

Una vita pubblica segnata da equilibrio, competenza, passione politica e coraggio intellettuale. Per questo, anche per questo, il suo grido d’allarme sulla deriva fascistica di chi governa oggi Israele, è illuminante.

Scrive Avital per Haaretz: “Mi sono seduta davanti al mio computer e ho guardato più volte l’ambasciatore di Israele a Bucarest che stringeva la mano al leader del partito di estrema destra rumeno Aur. E sono rimasta scioccata. È difficile descrivere l’ondata di emozioni che ho provato – rabbia, incredulità e soprattutto un dolore lancinante – a causa di questa immagine orribile.

Mentre guardavo il filmato, mi sono tornati in mente i ricordi. Erano i ricordi del Movimento Legionario della Seconda Guerra Mondiale, noto anche come Guardia di Ferro, il padre spirituale dell’Aur. I membri di questo gruppo entravano nelle case degli ebrei, picchiandoli e maledicendoli, saccheggiando tutto ciò che potevano e infine giustiziando gli ebrei. Ho visto mio padre, picchiato e sanguinante, essere portato in municipio come ostaggio. Ho visto mia zia, la sorella di mia madre, una giovane studentessa, essere violentata davanti a tutti noi.

I nostri nuovi amici sono gli eredi di quei rumeni “patriottici” a cui Israele ha deciso di stringere la mano. Sono le persone che perpetuano la via della Guardia di Ferro, le persone che glorificano i nomi degli assassini come eroi di guerra. A chi ha dato legittimità lo Stato ebraico? I governi israeliani hanno sempre rifiutato di avere legami con partiti di questo tipo. Quando il passato nazista dell’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kurt Waldheim, candidato alla presidenza austriaca, fu tardivamente rivelato, Israele richiamò il suo ambasciatore anche se ciò apparentemente contraddiceva i suoi interessi diplomatici. E quando il partito di Jörg Haider entrò in una coalizione di governo all’inizio degli anni 2000, Israele congelò le relazioni.

Nel nostro paese diviso, c’era sempre una cosa su cui potevamo essere d’accordo: Non ci sarebbe stato nessun silenzio, nessun perdono per i crimini dei nazisti o per l’antisemitismo.

Oggi Israele insiste giustamente affinché i paesi del mondo conducano una lotta senza compromessi e adottino misure decisive contro tutte le manifestazioni di antisemitismo. Ma dal nulla, per giustificare l’incontro dell’ambasciatore con il leader antisemita, ci è stato detto che un partito di estrema destra che aveva dichiarato in parlamento che l’Olocausto era una “questione minore” ha capito il suo errore e ha voltato pagina.

Ha improvvisamente visto la luce. Non è più antisemita. Ama Israele e promette di essere leale nei suoi confronti – e nei confronti del diritto di Israele all’intera Terra di Israele.

Nel 1880 allo storico tedesco Theodor Mommsen fu chiesto cosa pensasse dell’antisemitismo. Gli fu detto che le sue opinioni avrebbero potuto aiutare a combattere il fenomeno. Così rispose: “Vi sbagliate se credete che si possa ottenere qualcosa attraverso la ragione. Io stesso ci credevo… ma è inutile. In fin dei conti, quello che io o chiunque altro possiamo offrirti sono argomenti logici e morali che nessun antisemita ascolterà mai. Gli antisemiti non sentono altro che odio e gelosia e sono attenti solo ai loro istinti più bassi”. (Da “Pensare la Germania”, disponibile in ebraico e tedesco, di Moshe Zuckermann e Moshe Zimmermann)

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È difficile credere che Israele o i suoi leader siano così ingenui da credere alla storia della trasformazione dell’AUR. In questo modo, stanno concedendo legittimità agli antisemiti in cambio di un bel po’ di soldi.

Mi chiedo con profondo rammarico e inquietudine: qual è la prossima mossa? Il governo israeliano riconoscerà anche il partito neonazista Alternativa per la Germania in cambio del riconoscimento dell’impresa di insediamento?

Relazioni inquietanti

Un passo indietro nel tempo. 2019. A guidare Israele è sempre lui, il premier più longevo nella storia dello Stato ebraico: Benjamin “Bibi” Netanyahu.

Così Globalist raccontava quell’evento: Tutto è pronto per il grande evento internazionale. Gerusalemme, capitale di “Visegrad 2”. I sovranisti non conoscono confini. Si ritrovano sotto ogni latitudine, in ogni angolo del pianeta. Uniti da affinità ideologiche e da pratiche comuni. Il “Gruppo di Visegrad” ha un nuovo “associato”: Israele. E poco importa che in diversi Paesi di quel gruppo (Ungheria, Polonia, in primis) spirino venti antisemiti che arrivano anche ai vertici del potere politico. Il 18 e 19 febbraio, Benjamin Netanyahu, primo ministro d’Israele, accoglierà a Gerusalemme i suoi omologhi dei Paesi del “Patto di Visegrad” (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia). Per Netanyahu, in piena campagna elettorale, sarà uno spot potente per fare il vuoto a destra. Ciò che importa di più, per chi governa oggi lo Stato ebraico, è che “quelli di Visegrad” lavorino dall’interno per minare quella Unione europea che i falchi di Tel Aviv considerano una entità ostile, smaccatamente filopalestinese e filoiraniana. Dividere l’Europa, dunque, anche per ciò che concerne la “battaglia delle ambasciate”: Netanyahu approfitterà del summit per premere sui suoi sodali europei perché seguano la strada aperta da Donal Trump, e trasferiscano le loro ambasciate da Tel Aviv a Gerusalemme. 

Ma non c’è solo questo a rendere affini e sodali il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi omologhi di “Visegrad”: altro terreno d’intesa, è quello di un sovranismo che alza muri contro i migranti.  Un discorso che vale soprattutto per il più grande amico di Netanyahu ad Est: il premier ungherese Viktor Orban. Già in passato, diverse ong israeliane hanno accusato Netanyahu di accettare il sostegno diplomatico di uno dei principali leader antisemiti europei. Il capo del governo magiaro è stato identificato da una parte della società civile israeliana come un estimatore dell’ammiraglio filonazista Miklos Horthy. Gli attacchi di Orban al finanziere George Soros, colpevole, secondo alcuni, di progettare l’invasione dell’Europa da parte di orde di migranti, hanno ulteriormente alimentato l’ostilità dell’opinione pubblica liberal nei confronti dell’“uomo forte” di Budapest. Un passo indietro nel tempo. Diciannove luglio 2017, Budapest. 

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L’incontro era a porte chiuse, ma il microfono è rimasto acceso per pochi minuti e le cuffie distribuite tra i giornalisti hanno trasmesso per errore l’attacco di Benjamin Netanyahu all’Europa, accusata di lavorare per minare i rapporti con Tel Aviv. Il primo ministro israeliano, nel corso di un incontro riservato che si è tenuto in mattinata nella capitale ungherese, critica con veemenza il comportamento “da pazzi” che l’Ue tiene verso Israele. Si trattava della prima vista all’Ungheria di un leader israeliano degli ultimi 30 anni. Oltre al primo ministro ungherese Viktor Orban, incontra i leader degli altri Paesi che compongono il gruppo di Visegrad – Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia.“ L’Unione europea deve scegliere se vuole vivere e prosperare o scomparire. È l’unica organizzazione di stati che stabilisce le sue relazioni con Israele, che le fornisce la tecnologia, sulle condizioni politiche. Nessuno lo fa. È folle. E contro gli interessi dell’Europa”, avrebbe detto Netanyahu ai leader di Visegrad sollecitati a usare la loro influenza nell’Ue per allentare le condizioni nei rapporti bilaterali tra Bruxelles e Tel Aviv. “Prima di tutto vi suggerisco di aiutarci ad accelerare la formazione di accordi tra Europa e Israele, e che passiate un messaggio ai vostri colleghi su come aiutare l’Europa stessa. Tutto (ciò che Israele può offrire, ndr) è a vostra disposizione, in qualsiasi campo” avrebbe proposto Netanyahu ai leader dei quattro Paesi dell’Est. “Smettetela di attaccare Israele. Sostenetelo, invece. L’Europa si sta disimpegnando dal più grande polo di innovazione al mondo. Non ha senso. State minando la vostra sicurezza, minando Israele”, ha sottolineato il premier. “Iniziate a sostenere le economie europee facendo quello che gli americani, i cinesi e gli indiani stanno già facendo”, ha spiegato Netanyahu in relazione alle potenze che hanno aumentato la cooperazione tecnologica con lo Stato ebraico. “Non sono molto politicamente corretto: so che è uno shock per alcuni di voi. Ma la verità è la verità. Noi siamo parte della cultura europea”, ha continuato. “A est di Israele, non c’è più Europa”. Netanyahu, a microfoni accesi a sua insaputa, esprime anche un chiaro sostegno per la linea anti-immigrazione del gruppo Visegrad, che in questi anni ha alzato muri e barriere di filo spinato per bloccare le ondate di profughi provenienti dal Medio Oriente. Il premier israeliano dice di credere nella libera circolazione delle merci e delle idee, “ma non delle persone” ed esortato i leader dell’Europa orientale a proteggere i propri confini. Concetti che saranno ribaditi nella due giorni della prossima settimana. “Gli uomini di Orban, i dirigenti polacchi e la destra israeliana sono fatti della medesima pasta – rimarca Zeev Sternhell, tra i più autorevoli e affermati storici israeliani -.  Sono attivamente impegnati a liquidare l’‘ordinamento liberale’. Lottano contro i diritti umani e contro la separazione delle istituzioni, puntano a un regime dove i tribunali, i mass media, le istituzioni culturali, il mondo accademico e la società civile siano sottoposti tutti al potere”. Sgomento, Sternhell aggiunge, riferendosi ai protagonisti del vertice in programma: “Tre quarti di secolo dopo la seconda guerra mondiale, personalità della Destra nazionalista, cattolica, odiatori dell’illuminismo, i cui padri hanno assecondato lo sterminio degli ebrei o si sono limitati a guardare, sono adesso visti come i nostri fratelli”. Il vertice “sovranista” interroga e inquieta anche la diaspora europea. Annota in proposito Giorgio Gomel, di JCall (European Jewish call for reason, fondata il 3 maggio 2010 da Daniel Cohn Bendit) Italia: “Il governo d’Israele  – scrive Gomel – persegue suoi interessi politici: fra questi il manifesto proposito di dividere e disarticolare l’Ue circa le posizioni che assume sul conflitto israelo-palestinese e sui rapporti con l’Iran ‘corteggiando’ i Paesi del gruppo di Visegrad e altri retti da governi nazional-populisti come l’Austria e l’Italia”. Ma, osserva ancora l’esponente di JCall – vi è anche una affinità elettiva sul piano ideologico fra il Likud di Netanyahu e alcuni di questi partiti che esaltano l’identità etnica, il rifiuto degli immigrati, l’intolleranza del diverso. L’attrazione per tali movimenti nazionalisti e antieuropei è pero autodistruttiva per Israele: l’Europa resta il primo partner commerciale e il principale fornitore di fondi di ricerca per università e imprese israeliane. Un’Europa attraversata da nazionalismi e dominata da Le Pen, Orban e Salvini non sarebbe certamente benefica per Israele”. “Gli storici di Yahd Vashem (il Museo della Shoah) – ricorda ancora Gomel – hanno condannato il documento congiunto firmato da Netanyahu e dal primo ministro polacco Morawiecki in quanto contiene “gravi errori e distorsioni” circa gli atti di cittadini polacchi collaborazionisti con i nazisti e per simili motivi, il progettato Museo Museo di Budapest che esonera del tutto il regime fascista di Horthy dalle sue colpe nello sterminio degli ebrei ungheresi”. Per cercare di parare una parte di queste critiche, Netanyahu ha dovuto sostenere che i Polacchi hanno collaborato con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale. A stretto giro di tweet  è arrivata la risposta, piccata, di Morawiecki, secondo cui il suo Paese è stato vittima dell’occupazione nazista. La polemica per “Bibi” può finire qui: “Il primo ministro non ha intenzione di replicare” alle parole del suo omologo polacco, fa sapere ad Haaretz un portavoce del premier israeliano. Ciò che oggi  conta davvero per Netanyahu è l’assonanza totale sul presente e sul futuro con i suoi amici di Visegrad. Erigere muri e combattere l’Europa “filo iraniana” è il loro credo comune. Ma la polemica politica monta. Durissimo è il commento, via tweet, di Yair Lapid, leader del partito laico centrista Yesh Aitd: “Il summit in programma nei prossimi giorni – denuncia Lapid – include un primo ministro che ha approvato una legge che umilia la memoria delle vittime dell’Olocausto e un premier che ha pubblicato materiali anti-semiti”. Il riferimento è al duo Morawiecki&Orban. 

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D’allora sono trascorsi quattro anni. A governare Israele c’è sempre Netanyahu. Ma la compagnia di cui si circonda, dentro e fuori Israele, è ancora più “nera”. Nero fascismo. Anche in salsa rumena. 

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