Zaki, ingiustizia è fatta e l’Italia bacia le pantofole ad al-Sisi
Top

Zaki, ingiustizia è fatta e l’Italia bacia le pantofole ad al-Sisi

Per Patrick Zaki ingiustizia è fatta. Il peggiore scenario si è realizzato. Ma l’Italia continua a baciare le pantofole dell’uomo che guida uno Stato di polizia chiamato Egitto: il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi.

Zaki, ingiustizia è fatta e l’Italia bacia le pantofole ad al-Sisi
Patricl Zaki
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Luglio 2023 - 15.25


ATF

Ingiustizia è fatta. Il peggiore scenario si è realizzato. Ma l’Italia continua a baciare le pantofole dell’uomo che guida uno Stato di polizia chiamato Egitto: il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi.

Globalist ha raccontato in decine e decine di articoli la vicenda di Patrick Zaki, in altrettanti quella di Giulio Regeni. Speravamo di sbagliare, di indulgere in pessimismo. Lo speravamo per Patrick, per la sua fidanzata, per i suoi genitori. Ma non ci credevamo. Perché cosa sia la “giustizia” sotto le Piramidi lo hanno documentato innumerevoli rapporti delle più importanti organizzazioni internazionali per i diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch. A raccontarlo sono gli avvocati egiziani ancora a piede libero, come gli attivisti per i diritti umani non ancora rinchiusi nelle carceri del “faraone” d’Egitto. 

Patrick Zaki condannato a tre anni di carcere in Egitto, è questa la decisione dei giudici del Tribunale egiziano di Mansura per il caso dello studente dell’Università di Bologna e attivista per i diritti umani accusato nel Paese nordafricano di diffusione di notizie false per un articolo scritto nel 2019 su un attentato dell’Isis e due casi di discriminazione ai danni dei copti, i cristiani d’Egitto. La decisione è arrivata oggi al termine dell’undicesima udienza del processo che vedeva imputato il fresco laureato in studi di genere presso l’Università di Bologna.

La sentenza non è soggetta ad ulteriori appelli e Patrick Zaki è stato arrestato direttamente in tribunale dopo la sentenza in preparazione del suo trasferimento alla stazione di polizia di Gamasa e poi al carcere, lo hanno confermato i suoi legali presenti al momento del verdetto. Il ricercatore è stato portato via dall’aula attraverso il passaggio nella gabbia degli imputati tra le grida della madre e della fidanzata che lo attendevano all’esterno.

Zaki è stato portato via dall’aula attraverso il passaggio nella gabbia degli imputati tra le grida della madre e della fidanzata che attendevano all’esterno. «Calcolando la custodia cautelare» già scontata, «si tratta di un anno e due mesi» da passare ancora in carcere: lo ha detto Hazem Salah, uno degli avvocati di Zaki. La legale principale del ricercatore ha annunciato un ricorso contro la condanna: “Chiederemo al governatore militare di annullare la sentenza o di far rifare il processo come è avvenuto nel caso di Ahmed Samir Santawy”, ha detto Hoda Nasrallah parlando all’Ansa. “La sentenza non è soggetta ad appello o cassazione”, precisa il legale. 

 Il caso giudiziario del 32enne era iniziato con il fermo del 7 febbraio 2020 e la formalizzazione dell’arresto il giorno dopo, e durava ormai da tre anni e mezzo, di cui quasi uno già passato in carcere. Una vicenda giudiziaria lunghissima e costellata di innumerevoli rinvii che ha portato Patrick Zaki a patire anche il carcere prima della liberazione, arrivata però solo a seguito di proteste e pressioni internazionali, soprattutto dall’Italia, dove Zaki studiava. I tre giudici che dal settembre 2021 si sono avvicendati alla guida del processo, infatti, hanno più volte rinviato udienze e sentenze per cavilli burocratici, prolungando un’attesa diventata sempre più snervante. Del resto però la sentenza diventerà inappellabile, come sottolineato dallo stesso Patrick subito dopo la precedente udienza del 9 maggio scorso, ricordando che il giudice monocratico della Corte della Sicurezza dello Stato ha ricevuto tutte le carte del caso e non ci saranno altre possibilità di discussioni in Tribunale.

Zaki ha atteso oggi la sentenza da uomo libero ma sempre in Egitto da dove non è potuto mai uscire. Il neo dottore per l’occasione si è presentato questa mattina al tribunale di Mansura e ha atteso fino all’ultimo la sentenza. “Spero, come al solito, nella fine del processo che mi permetta di viaggiare normalmente” aveva scritto Patrick Zaki su Facebook prima dell’ingresso in tribunale, poi la terribile sentenza che lo riporta in carcere. Presenti a Mansura anche i diplomatici stranieri impegnati a seguire il processo nell’ambito di un programma di monitoraggio europeo e su impulso dell’ambasciata d’Italia al Cairo. “Il peggiore degli scenari possibili. Patrick Zaki condannato a tre anni” ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere. Un verdetto scandaloso. Dopo 22 mesi di carcere durissimo e un processo iniziato più di un anno fa, l’immagine di Patrick trascinato via dall’aula del tribunale di Mansura è terrificante. Ora più che mai #FreePatrickZaki, twitta Amnesty.

“Straziante. L’accademico e ricercatore egiziano Patrick Zaki condannato a 3 anni da un tribunale per la sicurezza dello stato per il suo articolo del 2019. È così che ‘Egitto vuole proteggere le minoranze religiose?” ha scritto invece l’attivista Mai El-Sadany.

Ed ora, presidente Meloni?. Ed ora ministro Tajani? Cosa dite? E soprattutto cosa avete intenzione di fare per manifestare la rabbia, l’indignazione, dell’Italia di fronte a questa vergogna? Continuerete a baciare le pantofole di al-Sisi? O avrete un sussulto di dignità, di orgoglio nazionale, parole abusate a sproposito dalla destra al governo, convocando alla Farnesina l’ambasciatore d’Egitto in Italia e richiamando in patria il nostro ambasciatore al Cairo per consultazioni? 

Speriamo in un sussulto di dignità. Ma non ci crediamo. Voi, presidente Meloni, ministri Piantedosi, Tajani e compagnia brutta amate i gendarmi come al-Sisi o come Saied. Vi riconoscete tra simili. Patrick Zaki, Giulio Regeni per voi sono solo “incidenti di percorso”, Qualche parola di circostanza e poi ancora a baciare le pantofole all’autocrate d’Egitto. Vergogna. E ancora vergogna.

Native

Articoli correlati