Il governo Meloni sdogana la vendita di armi agli Emirati Arabi: il "Made in Italy" esporta morte
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Il governo Meloni sdogana la vendita di armi agli Emirati Arabi: il "Made in Italy" esporta morte

Nel Consiglio dei ministri il governo di Giorgia Meloni ha revocato il divieto di vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti: era stato introdotto a partire dal 2019, principalmente per contrastare le attività militari in Yemen

Il governo Meloni sdogana la vendita di armi agli Emirati Arabi: il "Made in Italy" esporta morte
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18 Aprile 2023 - 14.10


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L’hanno deciso provando a silenziarlo, come una varia ed eventuale in una riunione di condominio. Tant’è che la stampa mainstream, quella che rilancia, modello Istituto Luce, le veline di palazzo (Chigi) non ne ha fatto cenno, per non creare problemi al potente di turno.

Sovranisti e riarmisti

Eppure la decisione assunta è di estrema gravità. Nel Consiglio dei ministri tenutosi ieri a palazzo Chigi, il governo di Giorgia Meloni ha revocato il divieto di vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti: era stato introdotto a partire dal 2019, principalmente per contrastare le attività militari in Yemen, dove dal 2015 al 2019 gli Emirati Arabi Uniti avevano sostenuto l’Arabia Saudita nella guerra contro i ribelli houthi, appoggiati dall’Iran. La guerra, da cui gli Emirati Arabi Uniti si erano ritirati proprio nel 2019, si è trasformata nella peggiore crisi umanitaria del mondo, secondo l’Onu. 

Nel comunicato diffuso al termine del Consiglio dei ministri, il governo Meloni ha detto di aver deciso di revocare il divieto di vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti sia perché il loro impegno militare in Yemen era cessato sia perché sembrano esserci segnali promettenti su un accordo di pace che ponga fine alla guerra. Il governo ha citato inoltre i fondi stanziati negli ultimi anni dagli Emirati Arabi Uniti per la stabilizzazione e ricostruzione dello Yemen, continuati nel 2022 con 500 milioni di euro e un impegno, lo scorso novembre, di stanziare l’equivalente di quasi un altro miliardo di euro nei successivi tre anni. 

Gli accordi di esportazione di armi verso gli Emirati Arabi Uniti erano stati parzialmente sospesi dal primo governo di Giuseppe Conte nel 2019, per poi venire revocati nel gennaio del 2021, durante il secondo governo Conte. Nel luglio del 2021, durante il governo di Mario Draghi, il divieto di esportazione di armi agli Emirati Arabi Uniti era stato ammorbidito, venendo revocato per le armi leggere ma non per armamenti più pesanti come missili e bombe.

Scrive, con la consueta nettezza analitica Luca Liverani su Avvenire: “L’export di armi verso gli Emirati Arabi Uniti «non ricade più tra i divieti della legge 185 del 1990». Il Consiglio dei ministri annuncia di avere «dato attuazione a una decisione presa dal precedente esecutivo guidato da Mario Draghi». Uno sblocco, sostiene l’esecutivo, dovuto all’evoluzione positiva della guerra in Yemen. «No, è solo un segnale di amicizia per gli Emirati – commenta Rete italiana pace e disarmo – dopo le visite di Crosetto e Meloni, visto che le licenze sospese riguardavano l’Arabia Saudita, non gli emirati».

Palazzo Chigi afferma che già ad agosto 2021 «la commissione Esteri» aveva accertato che «l’impegno militare degli Emirati in Yemen era cessato». Poi «lo scenario ha continuato a evolversi positivamente» e «l’attività diplomatica ha avuto una importante accelerazione». Da qui la decisione di ieri. Per Francesco Vignarca di Rete italiana pace e disarmo invece l’atto «è solo un’operazione politica per ingraziarsi gli emiratini. Non c’era nessuno divieto in atto della 185 per gli Emirati, la scorsa Commissione esteri aveva chiesto sì lo stop sull’export di missili e bombe a Emirati e Arabia Saudita, ma le cancellazioni di licenze avevano coinvolto nei fatti solo l’Arabia Saudita, non gli Emirati che non le avevano acquistate. Ora non si sblocca niente – afferma – perché niente era bloccato. È un riconoscimento degli Emirati come “nazione amica”, dopo le visite del ministro della Difesa Guido Crosetto e della premier Giorgia Meloni a un paese che compra armi e ci vende petrolio. E una risoluzione della scorsa legislatura – sottolinea – non vincola il governo seguente, fondato su un’altra maggioranza».

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La guerra, sottolinea Francesco Vignarca, «è iniziata nel 2015, ci sono voluti 5 anni e decine di migliaia di morti per sospendere e cancellare alcune licenze. E agli Emirati e ai Sauditi ancora nel 2021 sono state autorizzate commesse rispettivamente per 57 e 47 milioni di euro». Poi però, «bastano pochi mesi da una tregua per stendere il tappeto rosso all’export militare, senza nemmeno attendere sviluppi. E se tra qualche mese Arabia Saudita e Iran tornano a scontrarsi? Li abbiamo riforniti per la prossima guerra?».

Un precedente illuminante 

Siamo a marzo 2022. Tre organizzazioni per i diritti umani – Mwatana for Human Rights (Yemen), la Rete Italiana Pace e Disarmo e il Centro europeo per i diritti costituzionali e umani ECCHR (Berlino) – hanno impugnato la decisione della Procura di Roma di archiviazione delle indagini sulla responsabilità penale di alti funzionari dell’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti (UAMA) nonché dei dirigenti dell’azienda RWM Italia per le esportazioni di armi potenzialmente collegate a un attacco aereo mortale sul villaggio Deir Al-Ḩajārī in Yemen dell’8 ottobre 2016. Il Pubblico ministero ha deciso di non procedere ulteriormente nonostante nel febbraio 2021 il Giudice per le Indagini Preliminari di Roma abbia ordinato la prosecuzione dell’indagine penale. Il ricorso presentato dai denuncianti sostiene che ci sono prove sufficienti nel caso per passare direttamente al processo.
«Chiedere l’archiviazione del caso dopo quasi quattro anni di indagini è un duro colpo per tutti i sopravvissuti agli attacchi aerei in questione, che non avevano un obiettivo militare identificabile e che hanno ucciso e ferito dei civili. L’assassinio della famiglia Husni e le ferite subite da uno dei sopravvissuti, Fatima Ahmed, non sono solo ‘danni collaterali’ ma il risultato di un attacco deliberato contro i civili. Il rischio potenziale che le armi esportate da RWM Italia potessero essere usate in attacchi illegali in Yemen era già ampiamente noto nel 2015. Se i dirigenti di RWM Italia e i funzionari dell’UAMA sono complici dei gravi crimini commessi dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi e dai loro partner, devono essere ritenuti responsabili», hanno evidenziato le tre organizzazioni della società civile in una dichiarazione congiunta.

Milioni di bambini stanno vivendo orrori indescrivibili a causa della guerra in Yemen. Colpiti per strada, bombardati mentre sono a scuola: sono bambini e bambine a cui è negata un’infanzia. Rimasti orfani, senza più una casa, senza più i propri cari. Tutto questo è inaccettabile.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11 della Costituzione Italiana), eppure il nostro Paese è stato tristemente protagonista di questa guerra. Negli scorsi anni rapporti, foto e reportage realizzati in Yemen hanno dimostrato che alcuni resti delle bombe esplose in zone civili, su case e villaggi in cui erano presenti famiglie con bambini, recavano il codice A4447 che riconduce ad una fabbrica di armi in Sardegna. Ora la vendita di quelle bombe è stata sospesa e le autorizzazioni approvate sono state revocate ma noi chiediamo che il blocco riguardi tutte le tipologie di armi utilizzate nel conflitto in Yemen”.

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L’appello di Save The Children

Dopo aver fermato le bombe e i missili italiani venduti all’Arabia Saudita che le ha usate in Yemen contro i bambini e la popolazione civile, ora fermiamo la vendita di tutte le armi italiane alla Coalizione Saudita!

Milioni di bambini stanno vivendo orrori indescrivibili a causa della guerra in Yemen. Negli ultimi 3 anni 2.300 bambini sono stati uccisi a causa della guerra, colpiti per strada, bombardati mentre erano a scuola o nelle loro case.Sono un quarto di tutte le vittime civili. Tutto questo è inaccettabile!

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11 della Costituzione Italiana), eppure il nostro Paese è tristemente protagonista di questa guerra. Negli scorsi anni rapporti, foto e reportage realizzati in Yemen hanno dimostrato che alcuni resti delle bombe esplose in zone civili, su case e villaggi in cui erano presenti famiglie con bambini, recavano il codice A4447 che riconduce ad una fabbrica di armi in Sardegna. Ora la vendita di quelle bombe è stata sospesa e le autorizzazioni approvate sono state revocate ma noi chiediamo che il blocco riguardi tutte le tipologie di armi utilizzate nel conflitto in Yemen.

In Yemen migliaia di bambini stanno vivendo orrori indescrivibili e rischiano la vita a causa di una guerra in cui vengono utilizzate anche armi italiane. Il loro diritto a crescere in un contesto di pace ed essere protetti è costantemente violato. 

Negli scorsi anni rapporti, foto e reportage realizzati in Yemen hanno dimostrato che alcuni resti delle bombe esplose in zone civili, su case e villaggi in cui erano presenti famiglie con bambini, recavano il codice A4447 che riconduce ad una fabbrica di armi in Sardegna. Con il supporto di persone come te e il lavoro di tante associazioni impegnate con noi su questo tema, lo scorso 29 gennaio abbiamo raggiunto un importante risultato: il Governo Italiano ha revocato le autorizzazioni per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, materiali bellici utilizzati nel conflitto in Yemen. Ma noi chiediamo che il blocco riguardi tutte le tipologie di armi utilizzate nel conflitto in Yemen.

In Yemen migliaia di bambini sono stati uccisi a causa della guerra, colpiti per strada, bombardati mentre erano a scuola o nelle loro case.  Bambini e bambine come Razan rischiano continuamente la vita e saranno segnati per sempre da questa guerra. Noi adulti abbiamo il dovere di proteggerli.

Nel conflitto in Yemen vengono utilizzate armi prodotte in Italia. Puoi cambiare la vita di questi bambini chiedendo al Governo di bloccarne la vendita”.

Scriveva su Il Fatto Quotidiano (15 aprile 2022) Giacomo Salvini: 

“Negli scorsi anni rapporti, foto e reportage realizzati in Yemen hanno dimostrato che alcuni resti delle bombe esplose in zone civili, su case e villaggi in cui erano presenti famiglie con bambini, recavano il codice A4447 che riconduce ad una fabbrica di armi in Sardegna. Ora la vendita di quelle bombe è stata sospesa e le autorizzazioni approvate sono state revocate ma noi chiediamo che il blocco riguardi tutte le tipologie di armi utilizzate nel conflitto in Yemen.

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Il 29 gennaio 2021 il governo Conte aveva deciso di revocare le licenze in essere e quelle future con Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, in seguito alla risoluzione approvata dal Parlamento il 22 dicembre 2020: con quell’atto le Camere bloccavano l’export di “bombe aeree e missili” verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti (in gran parte autorizzati dal governo Renzi) che utilizzavano quelle armi per colpire i ribelli Houthi in Yemen causando la morte di migliaia di civili. Dopo la revoca, costata all’Italia 328 milioni, il governo Draghi ha autorizzato nuovi contratti nel 2021 con Arabia Saudita (47,2 milioni) e Emirati Arabi Uniti (56,1). Senza formalmente violare la revoca, esportando armi consentite: se abbiamo esportato pistole, componenti e apparecchi elettronici negli Emirati, al regime di Mohammed bin Salman l’Italia ha venduto armi che rientrano nell’ampia categoria “004” che comprende “bombe, siluri, razzi, missili”. Contattato dal Fatto, il ministero degli Esteri non ha fornito dettagli specifici sulla fornitura. “E chi ci dice che queste bombe e missili italiani non vengano utilizzato dai sauditi nel conflitto in Yemen?” chiede Giorgio Beretta, della Rete Pace e Disarmo”.

“Prodotto in Italia, bombardato in Yemen”

Da Redattore Sociale del 29 luglio 2020: 

“C’è giustizia in questo mondo? Se sì, mostratela”. Ali Ahmed Jaber è uno dei sopravvissuti della guerra in Yemen. Suo fratello, sua cognata e i suoi nipoti sono stati uccisi in un bombardamento nel loro villaggio: chi si è salvato è troppo povero per riparare la propria casa. È la vicenda narrata in “Prodotto in Italia, bombardato in Yemen”, film documentario pubblicato Rete Italiana Pace e Disarmo, il Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr), e l’Ong yemenita Mwatana per i diritti umani, che racconta la storia delle vittime civili dell’attacco aereo nel villaggio yemenita di Deir al-Hajari dell’8 ottobre 2016. I risultati delle indagini su questo attacco, che ha ucciso sei membri di una stessa famiglia tra cui una donna incinta e quattro bambini, hanno dimostrato che la bomba utilizzata è stata fabbricata in Italia.

“Il flusso di armi di fabbricazione italiana che raggiunge la coalizione guidata dall’Arabia Saudita coinvolta nel conflitto in Yemen è in netto contrasto con i principi e le regole sia del diritto italiano che delle norme internazionali firmate dall’Italia – afferma Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne per la Rete Italiana Pace e Disarmo –. È quindi necessario fermarlo: chiediamo al Governo e al Parlamento di prendere una decisione politica immediata, estendendo la sospensione delle spedizioni di missili e di bombe aeree che è stata concordata nel luglio 2019 e che scadrà all’inizio del 2021”.

Due anni dopo, il governo Meloni ha deciso di sdoganare la vendita di armi a uno degli attori esterni, tutt’altro che uscito di scena, della tragedia infinita in Yemen: gli Emirati Arabi Uniti. 

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