Israele: cos'è e che farà la "Guardia nazionale" al servizio del ministro fascista
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Israele: cos'è e che farà la "Guardia nazionale" al servizio del ministro fascista

Il primo ministro ha dovuto pagare all’estrema destra fascista che fa parte, e che parte, della maggioranza di governo: la costituzione della “Guardia nazionale” al comando del ministro, fascista, della Sicurezza nazionale Itimar Ben Gvir.

Israele: cos'è e che farà la "Guardia nazionale" al servizio del ministro fascista
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

3 Aprile 2023 - 14.15


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Le “camice brune” d’Israele. Quando la stampa mainstream era impegnata a esaltare le capacità “mediatorie” di Benjamin Netanyahu, solo perché pressato, accerchiato, da una rivolta popolare che ha infiammato Israele per oltre tre mesi, coinvolgendo ogni settore della società, compreso l’esercito, ha annunciato il “congelamento”, ma non la cancellazione, della contestatissima riforma della giustizia, Globalist, e poche altre testate, ha evidenziato il “pegno” che il primo ministro ha dovuto pagare all’estrema destra fascista che fa parte, e che parte, della maggioranza di governo: la costituzione della “Guardia nazionale” al comando del ministro, fascista, della Sicurezza nazionale Itimar Ben Gvir.

Le “camice brune”

Battono le agenzie stampa: Dovrebbe essere composta da duemila militari la futura Guardia Nazionale israeliana, la cui istituzione ed il cui finanziamento sono stati decisi oggi con il voto del governo. Il Corpo della Guardia Nazionale risponderà al ministro della Sicurezza Nazionale e leader di spicco dell’estrema destra Bben Gvir ed avrà il compito di gestire «i reati a sfondo nazionalistico», il terrorismo e «ripristinare la governance ove necessario». Una tempistica per la creazione di una tale forza non è definita, anche se è probabile che ci vorranno mesi.

I ministri del governo israeliano hanno approvato oggi anche i tagli di bilancio necessari a rendere disponibili fondi utili alla creazione del Corpo della Guardia Nazionale, nonostante il rifiuto che l’iniziativa provoca tra l’opposizione e da parte della polizia israeliana. Lo rende noto il Times of Israel, precisando che molti ministri si sarebbero espressi contro l’iniziativa, pur votando poi a favore

Il voto, sottolineano i media israeliani, è una concessione del primo ministro Benjamin Netanyahu a Ben Gvir, in cambio della sua permanenza al governo nonostante l’opposizione alla decisione di Netanyahu di sospendere l’iter legislativo della riforma della giustizia.  L’esecutivo ha approvato un finanziamento di circa un miliardo di shekel (circa 250 milioni di euro) per la Guardia, riducendo di 1% il budget di altri ministeri. 

In una nota il governo ha spiegato che la Guardia – secondo i media dovrebbe avere circa 2mila uomini – “fungerà da forza dedicata qualificata e addestrata per gestire, tra le altre cose, varie situazioni di emergenza, criminalità nazionalista e terrorismo“. Inoltre rafforzerà “i ruoli attualmente ricoperti dalla polizia israeliana in queste aree”. Il ministro Ben Gvir ha definito l’istituzione della Guardia “una notizia importante per i cittadini israeliani e che migliorerà la sicurezza personale”.

In una lettera inviata a Ben Gvir, il capo della polizia Kobi Shabtai ha definito la Guardia “non necessaria”, dagli “alti costi” e che può “danneggiare la sicurezza personale dei cittadini”. Una nuova forza – ha aggiunto – di cui non si sente il bisogno e che può anche causare “pesanti danni al sistema di sicurezza interno del Paese”. Anche il capo dello Shin Bet Ronen Bar – secondo Haaretz – si è espresso contro l’istituzione della Guardia. Infine l’ufficio di Gali Baharav-Miara, Avvocato generale dello stato, si è schierato contro il fatto che la Guardia sia messa alle dirette dipendenze di Ben Gvir ed ha parlato – secondo i media – di impedimento legale a causa della sovrapposizione dei compiti con la polizia. 

In una nota il governo ha spiegato che la Guardia  “fungerà da forza dedicata qualificata e addestrata per gestire, tra le altre cose, varie situazioni di emergenza, criminalità nazionalista e terrorismo”. Inoltre rafforzerà “i ruoli attualmente ricoperti dalla polizia israeliana in queste aree”. Il ministro Ben Gvir ha definito l’istituzione della Guardia “una notizia importante per i cittadini israeliani e che migliorerà la sicurezza personale”.

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Un’analisi illuminante

E’ quella su Haaretz di Amos Harel, una delle firme storiche del quotidiano progressista d’Israele, voce e anima della rivolta anti-golpisti.

Annota Harel: “I piani per la creazione di una guardia nazionale israeliana, che avanzano a rilento da quasi due anni, hanno ricevuto negli ultimi giorni una spinta da una fonte inaspettata. La trappola politica in cui si trova il Primo Ministro Benjamin Netanyahu lo ha costretto a promettere al Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir che la guardia sarà costituita e risponderà direttamente al Ministro, e persino a stanziare fondi e definire posizioni di staff per essa.


Il gabinetto ha approvato la decisione domenica e ha istituito un comitato per formulare i poteri e la catena di comando della guardia nazionale. Lo ha fatto nonostante le forti obiezioni del commissario di polizia, del procuratore generale, del capo dello Shin Bet e di ogni altro professionista a cui era stato chiesto un parere.
Data la gestione caotica dell’attuale governo, è difficile vedere la promessa di Netanyahu come una prova che il piano sarà effettivamente realizzato. Ma dal modo in cui Ben-Gvir e altri ministri di destra parlano della Guardia Nazionale, è chiaro che intendono utilizzarla non come una normale agenzia di polizia, ma come un’organizzazione paramilitare che opererebbe all’interno di Israele in tempi di crisi, principalmente per affrontare disordini e incidenti nazionalisti che coinvolgono gli arabi israeliani.
Negli ultimi mesi, la polizia e le Forze di Difesa Israeliane hanno tenuto diverse riunioni congiunte sulla divisione del lavoro tra loro nel caso in cui dovesse ripetersi quanto accaduto nel maggio 2021 – un’escalation con i palestinesi (in quel caso, con Hamas nella Striscia di Gaza) che porta a scontri interetnici in città miste arabo-ebraiche e a tentativi di bloccare le strade principali utilizzate dall’esercito per spostare truppe ed equipaggiamento.
Di recente hanno formulato un piano in base al quale i riservisti del Comando del Fronte Interno dell’esercito si dispiegheranno per garantire che decine di strade che passano vicino alle città arabe rimangano aperte. La polizia, ed eventualmente la guardia nazionale, avrebbero apparentemente mantenuto la sicurezza all’interno delle comunità arabe e nelle città miste.
Ma gli alti ufficiali dell’esercito e della polizia hanno espresso il timore che i riservisti dell’esercito vengano “risucchiati” e si trovino a scontrarsi con i cittadini arabi in Israele.
Il deputato di Yesh Atid Yoav Segalovitz, ex viceministro della Pubblica Sicurezza ed ex maggiore generale della polizia, ha dichiarato che intende chiedere alla Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset di discutere la questione dopo la pausa primaverile della Knesset.
“Inserire l’IDF in una missione come questa richiede un’ampia e approfondita riflessione, perché comporta rischi strategici significativi”, ha detto. “I soldati non dovrebbero confrontarsi con i cittadini israeliani”. Segalovitz teme che gli arabi israeliani vedano il piano come “una militarizzazione del loro rapporto con lo Stato”. E ha avvertito che se i soldati usassero il fuoco vivo contro gli arabi israeliani durante le rivolte all’interno di Israele, sarebbe un punto di svolta estremamente grave nelle relazioni dello Stato con la comunità araba.
“Una presenza militare nelle comunità arabe e sulle strade principali all’interno della Linea Verde potrebbe mettere in pericolo le relazioni tra ebrei e arabi e coinvolgere l’esercito in un incidente con ramificazioni politiche”, ha aggiunto, riferendosi alla linea che separa Israele dalla Cisgiordania.
La ragione addotta per trasferire la responsabilità della messa in sicurezza delle strade all’esercito è che la polizia non ha la forza lavoro necessaria per svolgere questo compito, mentre l’esercito potrebbe essere più adatto. L’idea è di dispiegare la fanteria leggera delle riserve del Fronte Interno in jeep. Queste porterebbero armi e attrezzature per la dispersione della folla. Il piano prevede lo schieramento di 16 battaglioni in ampie zone del Negev e lungo le principali strade del nord (ma non la Wadi Ara Road). Le forze dovrebbero anche proteggere le infrastrutture strategiche. Circa la metà dei battaglioni sono già stati formati e sottoposti a un addestramento iniziale. I funzionari coinvolti nelle discussioni hanno anche sollevato la possibilità che questi battaglioni di riserva possano essere dispiegati in città miste e nei quartieri arabi di Gerusalemme Est, anche se questo non fa ufficialmente parte del piano. I battaglioni dovrebbero essere collegati alle compagnie della Polizia di frontiera, che guideranno i riservisti dell’esercito.
Da quando è stato formato l’attuale governo, sono cresciute le pressioni da parte dei ministri per far avanzare i piani per un dispiegamento d’emergenza dell’IDF nelle comunità arabe, soprattutto nel Negev, viste le affermazioni della destra sulla mancanza di governance nel sud.
Un alto ufficiale dell’IDF ha dichiarato che i disordini del 2021 in Israele hanno portato l’esercito a concludere che la messa in sicurezza delle strade principali era essenziale e che la polizia avrebbe avuto difficoltà a farlo perché aveva molte altre responsabilità. Ha aggiunto che, secondo l’opinione della procura militare, il dispiegamento di truppe all’interno di Israele è ammissibile in caso di emergenza. Il piano non prevede il dispiegamento di soldati in città miste. Ma ha ammesso che in casi estremi, quando la polizia ha difficoltà a funzionare, ciò potrebbe essere possibile. Un’altra fonte della sicurezza, che ha partecipato agli incontri congiunti ma che si è opposta duramente al piano, ha criticato le proposte discusse in tali incontri. Ha detto che gli scenari su cui si basano “segnano una svolta strategica nell’atteggiamento verso la lealtà dei cittadini arabi verso lo Stato in situazioni di conflitto o di guerra, al punto da definirli come una potenziale quinta colonna. Questo comporta molti rischi e impone un’inversione di tendenza, dalla A alla Z, negli atteggiamenti verso i cittadini arabi del Paese”. La fonte ha citato due eventi storici in cui sono stati arrecati gravi danni agli arabi israeliani: il massacro di 48 residenti arabi a Kafr Qasem nel 1956 da parte di membri della Polizia di frontiera (che erano subordinati all’IDF) e le rivolte arabe dell’ottobre 2000, in cui la polizia ha ucciso 13 arabi israeliani. Ha osservato che le valutazioni dell’intelligence sulla portata dei disordini previsti durante le future escalation e sul numero di potenziali partecipanti sono piuttosto modeste, ma nonostante ciò, durante gli incontri sono stati espressi timori sulla capacità della polizia di contenere tali incidenti da sola.
Il punto di vista tradizionale dello Shin Bet è che il controllo della sicurezza non richiede una politica globale nei confronti degli arabi israeliani, ma solo strumenti per trattare su base individuale con la piccola percentuale che si impegna in attività terroristiche sovversive. Ancora oggi, l’opinione dello Shin Bet, espressa nelle riunioni, è che il gruppo pericoloso – quello con un potenziale di violenza nazionalista – esiste solo ai margini della società araba israeliana e conta al massimo 5.000 persone, la maggior parte delle quali giovani. Inoltre, il Comando del fronte interno e i servizi di emergenza hanno gradualmente sviluppato una più stretta cooperazione con le municipalità arabe, a partire dalla Seconda guerra del Libano del 2006 e continuando a migliorare nel corso dei cinque cicli di combattimenti a Gaza dal 2008 al 2022. Questa cooperazione ha avuto un ulteriore impulso durante la crisi del coronavirus, quando i soldati dell’Home Front Command sono stati generalmente accolti con favore quando sono venuti a fornire aiuto alle città e ai quartieri arabi. Per anni, il comando si è astenuto dall’addestramento per affrontare rivolte o blocchi stradali arabi, in parte a causa della sensibilità dei sindaci arabi. Due anni fa, questo addestramento è ripreso, suscitando le critiche dei sindaci. Il piano suscita la preoccupazione che la missione imposta all’IDF non sia adeguata alle capacità dei riservisti. Affrontare le rivolte violente è principalmente un lavoro di polizia, e i responsabili sono la Polizia di frontiera e l’unità antisommossa della polizia. Anche in Cisgiordania, l’IDF ha spesso fallito nel gestire le manifestazioni violente o ha risposto con una forza eccessiva. Le difficoltà aumenterebbero in caso di scontri con cittadini israeliani. In tal caso, i riservisti con un addestramento limitato dovrebbero usare attrezzature per il controllo della folla contro gli israeliani. Le istruzioni legali esistenti per l’uso dei soldati contro la popolazione civile, e in particolare all’interno di Israele, proibiscono l’uso del fuoco vivo se non in situazioni di pericolo di vita. Ma senza un addestramento e una preparazione sufficienti, la strada per l’uso del fuoco vivo contro i civili sembra breve. Questo potrebbe accelerare un conflitto totale all’interno di Israele.

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Una maggiore presenza militare sulle strade principali vicino alle comunità arabe potrebbe anche inviare agli arabi il messaggio che sono diventati potenziali nemici e quindi stimolare scontri localizzati. Questo piano viene introdotto in un momento in cui la comunità araba si è abituata a una maggiore presenza della polizia e non la vede necessariamente come un chiaro passo verso un’escalation.
Alcuni funzionari della sicurezza coinvolti nella questione hanno affermato che, nonostante la proliferazione di armi illegali nella comunità araba, il sentimento di perdita della governance nel sud e i timori di scontri violenti tra ebrei e arabi, i preparativi per affrontare la questione devono continuare a basarsi sulle forze di polizia e sulla polizia di frontiera. Il timore è che l’uso di soldati non qualificati possa causare molte vittime e distruggere le relazioni dello Stato con la comunità araba per molti anni a venire”.


Un pericolo per la coesione interna d’Israele. Un obiettivo per le “Camice brune” di Ben Gvir.


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