Israele, la passeggiata provocatoria di Ben Givr e la protesta di due coraggiosi parlamentari italiani
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Israele, la passeggiata provocatoria di Ben Givr e la protesta di due coraggiosi parlamentari italiani

La visita del ministro della Sicurezza interna di Israele, Ben Givr, alla Spianata delle Moschee lascerà purtroppo un'ulteriore scia di sangue in Medio Oriente

Israele, la passeggiata provocatoria di Ben Givr e la protesta di due coraggiosi parlamentari italiani
Ben Gvir
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Gennaio 2023 - 14.20


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Laura Boldrini e Arturo Scotto sono due parlamentari attenti e coraggiosi. Attenti alle tematiche e ai dossieri di politica internazionale . Coraggiosi, perché non hanno paura di toccare un nervo scoperto, almeno qui in Italia: Israele. O per meglio dire le politiche praticate dai governi dello Stato ebraico. Come quello da poco insediatosi: il sesto governo a guida Netanyahu. Il governo più a destra nella storia d’Israele.

Polemiche e rimozioni

 “La visita del ministro della Sicurezza interna di Israele, Ben Givr, alla Spianata delle Moschee lascerà purtroppo un’ulteriore scia di sangue in Medio Oriente“. Così in  una nota i deputati di Pd-Idp. “L’Autorità nazionale palestinese – proseguono Boldrini e Scotto – ha dichiarato che la visita alla Spianata è paragonabile a un atto di guerra. Il ministro degli Esteri della Giordania, il cui governo ha la giurisdizione di quell’area, ha parlato di flagrante violazione del diritto internazionale e di atto provocatorio. L’ex primo ministro israeliano ha parlato di deliberata provocazione. Si rischia nei prossimi giorni una ulteriore escalation del conflitto, con decine di morti oltre che la pietra tombale su qualsiasi ipotesi di processo di pace fondato sul principio due popoli-due stati, che già non è più nell’agenda del nuovo governo di ultradestra di Benjamin Netanyahu”. “Presenteremo nelle prossime ore un’interrogazione al governo Meloni – annunciano i due esponenti Pd – per capire quali azioni intenda mettere in campo per promuovere a livello internazionale un’iniziativa per la pace e il dialogo e per far rispettare le risoluzioni delle Nazioni Uniti a cui l’Italia ha sempre aderito”.

La reazione dell’Ambasciata israeliana

 “In quanto Paese democratico, Israele rispetta pienamente il principio della libertà religiosa. Israele rispetta altresì il mantenimento dello status quo sul Monte del Tempio nella città santa di Gerusalemme. Per queste ragioni, l’odierna visita del Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir, presso il Monte del Tempio non ha rappresentato né un precedente né una violazione dello status quo. Ci hanno pertanto deluso le dichiarazioni dell’On. Laura Boldrini e dell’On. Arturo Scotto, i quali hanno parlato di una visita che “lascerà una scia di sangue”. Una scia di sangue sarebbe semmai l’eventuale risultato di azioni terroristiche ed è quindi fondamentale che non venga lasciato spazio alcuno a giustificazioni di simili azioni. Non ci hanno invece sorpreso le dichiarazioni al riguardo da parte del Senatore Tino Magni, invitato a partecipare poche settimane fa a un evento organizzato a Milano da sostenitori di Hamas. Ci auguriamo quindi che i rappresentanti politici italiani mantengano un approccio positivo, evitando mistificazioni che prendono di mira il nuovo Governo israeliano, che ha da pochi giorni iniziato il suo lavoro”. Lo sottolinea una nota dell’ambasciata israeliana a Roma. 

 “Le dichiarazioni di Laura Boldrini e Arturo Scotto reiterano un approccio fazioso alle vicende del conflitto fra israeliani e palestinesi che, incredibilmente, incitano all’uso della violenza da parte della minoranza araba in Israele. La visita del neo-ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir presso il Monte del Tempio non viola alcuno ‘status quo’ che rammentiamo proibisce ai fedeli di confessioni diverse da quella islamica di pregare sulla Spianata della Moschea e consente a chiunque poter passeggiare; cosa che ha fatto il ministro israeliano. La circostanza si può constatare da tutti e video che circolano sui media. Il ruolo dell’Italia , qualunque sia l’appartenenza politica, dovrebbe invece favorire il dialogo fra le parti ancor più oggi che lo Stato d’Israele ha dato vita ad un nuovo governo nel segno della stabilità e a cui facciamo gli auguri di buon lavoro, visto che è bene rimarcare essere l’unica democrazia del Medio Oriente. Noi italiani possiamo diventare i protagonisti per favorire il dialogo, dichiarazioni come quelle odierne di esponenti Pd-Idp deludono e non aiutano certamente il processo di pace”. Lo dichiara la senatrice di Fratelli d’Italia Ester Mieli. 

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Ora, che la senatrice Mieli non legga i giornali israeliani, ci può anche stare, seppure sarebbe consigliabile farlo prima di fare eco alla nota dell’Ambasciata d’Israele in Italia. Ma la rappresentanza diplomatica israeliana, che detto per inciso ha da sempre un ufficio stampa di grande professionalità e attivismo, i giornali di casa li legge e dunque è pienamente a conoscenza delle preoccupazioni alimentate dai propositi del neo ministro della Sicurezza nazionale, esponente di primissimo piano dell’estrema destra. Preoccupazioni presenti all’interno stesso del Likud, il partito del premier Netanyahu.

Un articolo da consigliare

Per capirne di più. E’ l’articolo di uno dei più autorevoli ed equilibrati analisti politici israeliani: Amos Harel.

Scrive Harel su Haaretz: “Il nuovo ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, era determinato a mantenere la sua promessa elettorale e a salire sul Monte del Tempio quando è entrato in carica. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e i capi delle forze di sicurezza non avevano motivo di essere entusiasti, né per il visitatore, né per il luogo, né per il momento. Netanyahu aveva programmato il suo primo viaggio diplomatico, nel suo nuovo mandato, negli Emirati Arabi Uniti, mentre i servizi segreti temevano che la visita di Ben-Gvir al sito sensibile, nella sua nuova posizione, avrebbe agitato l’arena palestinese.
Tutto questo è stato discusso nei contatti che Netanyahu ha avuto lunedì sera con tutte le persone coinvolte. Nel frattempo, sui social network politici e giornalisti di vari orientamenti hanno attaccato Ben-Gvir per non aver mantenuto la parola data. Ben-Gvir si è trovato bloccato e ha continuato a fare pressione su Netanyahu. Alla fine è stata trovata una soluzione: Ben-Gvir avrebbe detto ai media che intendeva visitare il Monte del Tempio nelle prossime settimane e, nel frattempo, si sarebbe preparato ad anticipare la sua visita, mantenendo un profilo basso, il giorno successivo, il martedì mattina. Ed è quello che è successo. Ben-Gvir è salito sul Monte del Tempio sotto stretta sorveglianza, ma i palestinesi non hanno avuto il tempo di preparare un’accoglienza tumultuosa e la visita è trascorsa in relativa tranquillità. In totale, Ben-Gvir ha trascorso 13 minuti sul Monte del Tempio – senza pregare.


L’Ufficio del Primo Ministro si è assicurato di chiarirlo alla stampa: Ben-Gvir non è il primo ministro del suo ministero a visitare il Monte del Tempio – Gilad Erdan lo ha fatto prima di lui.
Netanyahu è impegnato a preservare meticolosamente lo status quo sul Monte del Tempio, senza alcun cambiamento; e tutte le affermazioni di un cambiamento della situazione sono prive di fondamento. Prima delle recenti elezioni, Ben-Gvir ha parlato in modo diverso e ha promesso di agire per cambiare lo status quo sul Monte; per Netanyahu era importante chiarire a Ben-Gvir che la decisione finale spetta al primo ministro.
Tuttavia, la visita di Ben-Gvir al Monte del Tempio riflette un cambiamento nella situazione, almeno nell’equilibrio delle forze all’interno della coalizione di governo. Ci sono stati periodi in cui Netanyahu era attento a imporre una maggiore disciplina ai suoi ministri e a prevenire simili provocazioni. Ora sembra che non sia più in grado di dettare una politica di governo trasversale che rifletta la sua volontà. È costretto ad accettare le richieste dei suoi partner, anche da parte di qualcuno con cui si è persino rifiutato di farsi fotografare durante l’ultima campagna elettorale. Il deputato Avigdor Lieberman (Yisrael Beiteinu), ora membro dell’opposizione, ha descritto la situazione in termini sinteticamente duri: a Ben-Gvir semplicemente non interessa quello che dice Netanyahu. Per ora, sembra che la visita di Netanyahu negli Emirati sia stata rinviata per “motivi tecnici”.
È quindi ragionevole pensare che questa non sarà l’ultima volta che il presidente del partito Otzma Yehudit, discepolo del rabbino Meir Kahane, sfiderà il governo da destra. La vicenda del Monte del Tempio potrebbe essere quasi conclusa, se i palestinesi non ne perderanno il controllo. Ma Ben-Gvir è impegnato in una provocazione ancora più grande: la promessa fatta in campagna elettorale di cambiare le condizioni dei prigionieri di sicurezza palestinesi nelle carceri israeliane. Se tenterà di attuarla, è probabile che dovrà affrontare uno sciopero della fame di massa, che potrebbe peggiorare la situazione nei Territori.
Nonostante questi timori, non si è registrata alcuna reazione violenta immediata dei palestinesi alla visita di Ben-Gvir. A volte queste cose richiedono tempo, fino a una conflagrazione molto più grande.
Molti hanno paragonato l’attuale visita a quella dell’allora leader dell’opposizione, Ariel Sharon del Likud, sul Monte del Tempio nel settembre 2000. La visita in sé incontrò pochissima opposizione, ma il giorno dopo scoppiò la violenza durante la preghiera del venerdì dei musulmani sul Monte del Tempio. La polizia di Gerusalemme uccise sette dei rivoltosi, dando così il segnale dell’inizio della Seconda Intifada.
Questa volta i timori si concentrano su due possibili direzioni: Il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza o gli attacchi terroristici dei “lupi solitari” in Cisgiordania e all’interno di Israele. Mentre gli Stati Uniti, i Paesi europei, la Giordania, l’Egitto e altri Paesi arabi hanno criticato o espresso le loro preoccupazioni alla luce della visita, sembra che Hamas si stia accontentando di una condanna relativamente debole. È possibile che questa risposta esprima una gamma relativamente ampia di considerazioni. Ogni giorno, 17.000 lavoratori della Striscia di Gaza – muniti di permesso – lavorano in Israele. È possibile che sia conveniente per Hamas continuare così, mentre il gruppo continua a mettere a ferro e fuoco la Cisgiordania sotto i piedi di Israele e dell’Autorità Palestinese, senza aprire un nuovo confronto militare contro l’IDF a Gaza.

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Se tuttavia verranno lanciati dei razzi dalla Striscia di Gaza, si tratterà del primo test di questo tipo per il nuovo governo, i cui leader hanno sempre attaccato il governo precedente, descrivendolo come debole nei confronti di Hamas. Il nuovo governo agirà necessariamente in modo diverso? Per ora, i social media nei territori stanno esplodendo e promettono vendetta. L’IDF teme un’ondata di attacchi terroristici da parte di lupi solitari, il cui fattore scatenante questa volta sarà la visita al Monte del Tempio. A meno di una settimana dal giuramento del sesto governo Netanyahu, le cose sembrano accadere a un ritmo vertiginoso. Non si tratta solo delle nuove decisioni controverse riportate ogni giorno; le battaglie legali sono già iniziate, nella loro piena intensità. La disputa sulla nomina di Arye Dery a ministro del governo, nonostante le sue precedenti condanne penali, ha raggiunto immediatamente le porte dell’Alta Corte di Giustizia. Il conflitto tra il governo e la Procura di Stato e la Corte Suprema si è aperto ancor prima che i conduttori dei telegiornali riuscissero a imparare a memoria chi sono i nuovi ministri.

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E contemporaneamente alla provocazione di Ben-Gvir, il nuovo ministro degli Esteri Eli Cohen è riuscito ad attirare l’attenzione su di sé. La nomina di Cohen alla carica più alta, a rotazione con Yisrael Katz, è stata considerata una grande sorpresa – ed è stata attribuita soprattutto ai suoi stretti rapporti con la famiglia Netanyahu e alla sua lealtà nei suoi confronti.


Ma nel suo primo discorso dopo l’entrata in carica, il nuovo ministro è già riuscito a lanciare una bomba: Israele deve parlare meno in pubblico della guerra in Ucraina, ha detto Cohen.
Si è affrettato a iniziare il suo mandato con telefonate separate al Segretario di Stato americano e al Ministro degli Esteri russo. Ha immediatamente attirato le critiche di una fonte inaspettata, colui che una volta era comunemente descritto come uno dei migliori amici di Israele al Congresso, il veterano senatore repubblicano Lindsey Graham, che ha definito i commenti di Cohen “snervanti”. Il regime di Putin sta compiendo crimini di guerra, e tacere su di essi non è una buona idea, ha detto.


Cohen ha raggiunto questa sorprendente convinzione da solo? Se sì, le sue parole esprimono una mancanza di esperienza e di giudizio ancora più profonda di quanto ci si potesse aspettare in anticipo. In caso contrario, la spiegazione potrebbe essere ancora più preoccupante: Cohen sta esprimendo le opinioni di Netanyahu, che in passato non ha mai nascosto il suo affetto e la sua vicinanza al presidente russo. Se il Primo ministro ha voluto inviare indirettamente un segnale di cambiamento della politica israeliana, sembra che abbia sbagliato strada. La risposta di Washington potrebbe essere molto più severa della reazione alla visita sconsiderata e irresponsabile di Ben-Gvir al Monte del Tempio”.
Così Harel. 

Pure lui è un “nemico d’Israele”?

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