Russia, cresce il 'partito della guerra': pene più dure per disertori e renitenti alla leva
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Russia, cresce il 'partito della guerra': pene più dure per disertori e renitenti alla leva

Secondo il sito di opposizione Meduza all'interno della cerchia del potere il cosiddetto «partito della guerra», favorevole a una escalation nel conflitto in Ucraina, avrebbe avuto la meglio su chi predica maggiore prudenza

Russia, cresce il 'partito della guerra': pene più dure per disertori e renitenti alla leva
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20 Settembre 2022 - 20.48


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Guerrafondai senza se e senza ma:  sale la tensione a Mosca mentre le voci di una possibile mobilitazione generale tornano a diffondersi tra la popolazione. Ad alimentarle è stata l’approvazione della Duma di emendamenti al codice penale che prevedono un inasprimento delle pene, in particolare per disertori o renitenti alla leva, nel caso di «mobilitazione», «legge marziale», «tempo di guerra» e «conflitto armato».

Tutti termini che fanno pensare ad un possibile salto di livello nella cosiddetta operazione speciale in Ucraina, con il necessario ricorso ad una maggiore forza militare.

La senatrice Olga Kovitidi, tra i parlamentari che hanno presentato gli emendamenti, ha tenuto a sottolineare che essi «non significano che ci sarà una mobilitazione». Un’eventualità scartata nei giorni scorsi da qualche altro suo collega. Ma alcuni deputati avevano già ventilato questa possibilità. E ora la coincidenza tra l’iniziativa legislativa e l’annuncio di referendum nel fine settimana nei territori filorussi dell’Ucraina per l’unione alla stessa Russia vengono interpretati da alcuni media indipendenti come due manifestazioni della stessa volontà di rafforzare l’impegno militare di Mosca a protezione di territori che, una volta annessi, dovrebbero essere difesi ad ogni costo.

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A rassicurare gli animi non servono certo alcune dichiarazioni di personalità vicine al Cremlino. È il caso di Margarita Simonyan, caporedattore di Russia Today, l’emittente internazionale finanziata dallo Stato. «A giudicare da ciò che sta accadendo e sta ancora per accadere – ha affermato la giornalista in un messaggio su Telegram – questa settimana segna la vigilia della nostra imminente vittoria o la vigilia della guerra nucleare. Non riesco a vedere una terza possibilità». E a confermare i timori di un conflitto su più larga scala è stato il tracollo della Borsa di Mosca seguito all’annuncio sui referendum ucraini, con gli indici Moex e Rts che hanno perso il 10% prima di ridurre le perdite poco sotto il 5% nel pomeriggio.

Nonostante le assicurazioni della senatrice Kovitidi, è difficile non vedere negli emendamenti al codice penale approvati dalla Duma un prodromo se non a una mobilitazione generale quanto meno ad un impegno militare rafforzato in Ucraina. Le nuove disposizioni di legge, che devono ora passare al voto del Consiglio della Federazione, cioè il Senato russo, prima di essere promulgate dal presidente Vladimir Putin, prevedono tra l’altro pene dai 5 ai 10 anni di reclusione per «abbandono non autorizzato di una unità o posto di servizio» o per «la mancata presentazione» in servizio per un periodo di oltre un mese. Tutto ciò, appunto, «durante un periodo di mobilitazione o legge marziale, in tempo di guerra o in situazioni di conflitto armato o conduzione di ostilità». Si prevedono inoltre pene fino a 5 anni di reclusione per la distruzione di armi in tempo di guerra e fino a 15 anni per azioni di saccheggio durante la legge marziale.

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Il sito indipendente Meduza, che cita alcuni «interlocutori vicini al Cremlino», afferma che all’interno della cerchia del potere il cosiddetto «partito della guerra», favorevole a una escalation nel conflitto in Ucraina, avrebbe avuto la meglio su chi predica maggiore prudenza, riuscendo a convincere Putin ad espandere l’iniziativa militare.

Tra questi `falchi´ le stesse fonti citano il segretario generale del partito Russia Unita, Andrei Turchak, e l’ex presidente Dmitry Medvedev, che sarebbero riusciti a influenzare Putin attraverso alcuni responsabili degli apparati di sicurezza, tra i quali il capo della Guardia nazionale, Viktor Zolotov, convinti della necessità di una mobilitazione. 

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