Orban, razzista "goebbelsiano", faro europeo per Meloni e Salvini
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Orban, razzista "goebbelsiano", faro europeo per Meloni e Salvini

Le autorità ungheresi stanno usando mano sempre più dura contro migranti e profughi che dalla Serbia tentano di entrare irregolarmente in Ungheria.

Orban, razzista "goebbelsiano", faro europeo per Meloni e Salvini
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Settembre 2022 - 17.40


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Un razzista patentato, odiatore seriale conclamato, nemico dichiarato e praticante di qualsiasi cosa che assomigli all’inclusione. Teorico “goebbelsiano “ della purezza della razza. In due parole: Viktor Orban, faro europeo di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

Pugno di ferro

La notizia: e autorità ungheresi starebbero usando mano sempre più dura contro migranti e profughi che dalla Serbia tentano di entrare irregolarmente in Ungheria. La denuncia arriva dall’Ong ‘KlikAktiv – Center for Development of Social Policies’, che in un post su Facebook ha riferito in questi giorni di aver raccolto testimonianze di migranti che raccontano di profughi presi di mira con “pallottole di gomma” al confine, rimossi dal ‘muro’ che chiude la frontiera “con le jeep, come fossero bambole”, ma anche di persone “trascinate per le gambe” e altre “spogliate completamente nude prima di essere costrette a ritornare in Serbia”. L’Ong ha posto l’accento in particolare sul caso di un migrante dal Marocco. L’uomo sarebbe stato fermato dalla polizia di frontiera ungherese assieme ad altri. Dopo essere stato picchiato, gli agenti avrebbero trovato un rasoio elettrico tra i suoi effetti personali e gli avrebbero tagliato i capelli in testa per disegnare una croce prima di rispedirlo in Serbia. “Hanno acceso la macchinetta, mi hanno bloccato e mi hanno disegnato una croce” sulla testa, ha detto il migrante, citato dalla Ong, che ha postato più foto dell’uomo per corroborare le accuse. “Purtroppo il trattamento inumano e degradante dei rifugiati è diventato una cosa comune alle frontiere esterne della Ue e questo caso non fa eccezione”, spiega l’Ong all’Ansa. “La stessa pratica è stata praticata in passato al confine croato-bosniaco, quando la polizia croata ha dipinto croci sulla teste di profughi con vernice rossa”, ricorda l’organizzazione.

L’inferno della rotta balcanica

Ne scrive Andrea Gaiardoni, in un documentato report su Bo live Università di Padova: “I migranti lo chiamano the game, ma è tutto fuorché un gioco: è il tentativo, incessante e ostinato, di provare a raggiungere l’Europa dopo aver affrontato migliaia di chilometri lungo la Balkan Route, uno dei corridoi più affollati dell’Europa dell’Est, piena di esseri umani d’ogni età, tutti in fuga dai loro paesi (Afghanistan, Siria, Iraq, Pakistan, Bangladesh) e tutti in cerca di un futuro da chiamare così. Il che comporta fatiche e rischi d’ogni genere, risalendo per mesi e con ogni mezzo la penisola balcanica, chi dalla Turchia, chi dalla Grecia, e poi Macedonia, Albania, Bulgaria, Serbia, infine Bosnia. La fine della corsa, il collo dell’imbuto, è sempre davanti a un muro, o a una recinzione, comunque un confine blindato verso quella terra promessa che si chiama Europa. Ed è proprio lì che va in scena the game: la straordinaria determinazione nell’inventare e scoprire nuovi percorsi, alla ricerca di nuovi passaggi, fessure invisibili tra le reti, tra i muri, schivando armi e violenze di chi è chiamato a difendere quei varchi, pronti a tutto pur d’impedire ai migranti di trovare oltre confine un futuro migliore. Dieci, venti, cinquanta volte, non importa, si ricomincia sempre daccapo, anche se ogni volta con più ferite, sulla pelle e nell’anima. Ma, come sempre accade quando la difesa dei confini tracciati sulle terre diventa più importante del rispetto degli esseri umani, c’è chi si fa prendere la mano. Come racconta Medecins sans frontieres, che nel suo ultimo rapporto,pubblicato la scorsa settimana, parla non soltanto delle violenze, ma delle umiliazioni, gratuite, verso i disperati che si affollano in Serbia, al confine con l’Ungheria, dunque Unione Europea. La città più vicina è Subotica: nei dieci chilometri che la separano dalla frontiera, può accadere di tutto. Stop all’immigrazione. Difesa delle radici cristiane. No al miscuglio delle razze. Basta con la follia gender. 

Bambini pestati dalla polizia di frontiera

Il confine tra Ungheria e Serbia è lungo 175 chilometri ed è interamente recintato da una doppia rete di filo spinato alta 4 metri, costellata di sensori che regalano scosse elettriche ai più intraprendenti e presidiata da una divisione indipendente della polizia ungherese chiamata “Cacciatori di frontiera”, che conta circa 4mila uomini ben armati e mal pagati  (stipendio lordo mensile di 260mila fiorini, poco più di 650 euro): una combinazione che di solito porta guai. «L’uso indiscriminato della violenza contro gli esiliati al confine tra Ungheria e Serbia è regolare, costante», è il racconto, riportato nel rapporto di Medici senza frontiere, della dottoressa Andjela Marcetic, medico di Msf in Serbia. «Ogni settimana vediamo diverse persone, compresi alcuni bambini, con gravi lividi, ferite profonde e tagli, lussazioni e fratture, spesso su gambe, braccia e talvolta sulla testa. Le ferite che curiamo durante queste visite mediche corrispondono alle testimonianze di queste persone, che descrivono violenti pestaggi per mano della polizia ungherese prima delle deportazioni in Serbia. Sebbene possiamo curare alcune di queste lesioni, siamo anche preoccupati per l’impatto a lungo termine di tali traumi sulla loro salute mentale». Soprattutto sui più piccoli, che spesso arrivano alla fine della Balkan Route senza nemmeno un familiare ad accompagnarli.

Stando alle testimonianze raccolte da Msf, i pestaggi dei Cacciatori di frontiera contro i migranti sono sistematici e organizzati, come una “catena di smontaggio”, delle forze dei più deboli, della loro ostinazione nel tentare di superare la frontiera. Si va dalle percosse a mani nude a quelle con manganelli o cinture di cuoio, dall’uso di spray al peperoncino ai gas lacrimogeni, dai maltrattamenti alle umiliazioni, alle privazioni dell’acqua e dell’assistenza medica. «Siamo stati portati in un piccolo container bianco tra le recinzioni, con altre 40 persone», ha raccontato a Msf una delle persone curate. «Abbiamo trascorso circa 12 ore in quel container. Ho chiesto di andare in bagno, ma non mi hanno lasciato andare. I poliziotti ungheresi ci hanno spruzzato ripetutamente in faccia spray al peperoncino e anche all’interno del prefabbricato, da una piccola finestra laterale». Da gennaio 2021 – si legge ancora nel rapporto – le équipe mediche mobili di Msf hanno curato 423 vittime di violenze al confine. La maggior parte delle persone curate descrive uno schema che si ripete con drammatica regolarità: percosse, negazione dell’accesso ai bisogni di base e molestie, spesso accompagnate da umiliazioni razziste. Alcune persone affermano di essere state vittime di furto e distruzione di beni, mentre altre sono state costrette a spogliarsi, anche in pieno inverno. C’è anche chi ha denunciato di aver subìto altre forme di umiliazione: in alcuni casi gli agenti sarebbero arrivati a urinare addosso ai migranti fermati, in supremo segno di spregio…”.

I fans di Viktor

Così Marco Brasolin, inviato de La Stampa a Bruxelles, in un articolo del 25 luglio 2022: “Il segretario della Lega Matteo Salvini e il premier ungherese Viktor Orban si sono incontrati oggi a Roma, all’Accademia di Ungheria. Il meeting è durato in tutto circa un’ora. Il colloquio tra i due è terminato con uno scambio di saluti davanti ai cronisti. Con il segretario leghista c’era il responsabile del Dipartimento Esteri Lorenzo Fontana. Ai giornalisti che gli hanno fatto una domanda sull’opportunità di incontrare il leader di Budapest Salvini ha risposto: “Non scherziamo, il presidente ha visto pure il Papa”, riferendosi al colloquio privato di Orban, in visita questa mattina da Papa Francesco.

I due hanno parlato prevalentemente della guerra in Ucraina e della situazione internazionale e il leader della Lega si è complimentato con Orban per la recente vittoria elettorale, e per le parole di Papa Francesco, che questa mattina ha lodato Budapest per l’impegno nell’accoglienza dei profughi ucraini. Il leader della Lega ha sottolineato l’apprezzamento del proprio partito “per la saggezza del Papa, in particolare a proposito dell’invasione dell’Ucraina per sollecitare lo stop al conflitto”.

Orban quindi ha illustrato le sue politiche economiche a tutela delle famiglie e dei più giovani, con finanziamenti mirati per chi fa figli e vantaggi fiscali. Salvini ha ricordato che a breve in Italia ci saranno le elezioni amministrative, il prossimo 12 giugno, e tra un anno si svolgeranno le politiche: “Sono convinto che il centrodestra vincerà”.

Così Bresolin.

Legami “neri”.

Un passo indietro nel tempo: 21 aprile 2022. Scrive Annalisa Cangemi su Fanpage.it: “Stop all’immigrazione. Difesa delle radici cristiane. No al miscuglio delle razze. Basta con la follia gender. Recupero della sovranità. Fin qui i punti-cardine del discorso di Viktor Orban alla Tusvanyos Summer Open University in Romania potrebbero essere il manifesto politico per il rilancio dell’internazionale sovranista, l’ossimoro inseguito per anni dai partiti euroscettici ed eurocritici nei quattro angoli del Vecchio Continente per contrastare «lo strapotere dei burocrati di Bruxelles». Ma con la guerra in Ucraina le cose sono cambiate. Il premier ungherese dice no all’invio di armi a Kiev e basta alle sanzioni alla Russia. Vuole che l’Occidente «non si schieri dalla parte dell’Ucraina, ma che sia super partes», esattamente il contrario di ciò che dicono i suoi ormai ex alleati di Polonia e Repubblica Ceca che con lui avevano condiviso le battaglie nazionaliste ai tavoli Ue. 

In Italia, Orban ha sempre suscitato un certo fascino su tutti i tre principali partiti del centrodestra che si presenteranno compatti alle elezioni del 25 settembre, ma la linea politica europea inseguita dagli orbanisti alle vongole, almeno in partenza, va in tre diverse direzioni. E non è ancora chiaro quale di queste prevarrà.

«Un governo M5S-Lega? Sono un ragazzo all’antica, sono leale. In Italia ho un solo grande amico e si chiama Silvio Berlusconi». Era il 16 maggio del 2018, in Italia si discuteva dei contenuti anti-euro della prima bozza del “governo del cambiamento” e a Sofia, a margine della riunione dei leader del Ppe, Viktor Orban rispondeva così a chi gli chiedeva un parere sul nascituro governo gialloverde. Il suo partito, Fidesz, ha sempre avuto un rapporto particolare con Forza Italia, frutto dello stretto legame tra i due leader. Basti pensare che Forza Italia ha cercato fino all’ultimo di ricucire i rapporti tra gli ungheresi e i vertici del Ppe, che si sono rotti definitivamente nel marzo dello scorso anno dopo che Orban è stato di fatto messo alla porta. Forza Italia ora è saldamente nel Ppe, il primo partito all’Europarlamento (ma non al Consiglio europeo), quello di cui fa parte anche Ursula von der Leyen. Con l’uscita di Orban, e su spinta dei partiti nordici, i popolari hanno cercato di tagliare i ponti con i sovranisti e di spazzare via le proprie ambiguità interne. Ora che il centrodestra italiano potrebbe tornare al governo, è naturale che il Ppe auspichi la prevalenza della linea di Forza Italia. Anche se pure al numero 10 della rue du Commerce a Bruxelles, nel quartier generale del partito, sanno benissimo che quello di Berlusconi sarà con ogni probabilità il junior partner della coalizione. 

E lo sa pure Orban – uno che predica costantemente l’importanza dei valori, ma razzola inseguendo sempre i propri interessi –, visto che negli ultimi anni ha di fatto scaricato Forza Italia. Con l’intensificarsi dello scontro con i popolari, il leader ungherese ha lavorato dietro le quinte per costruirsi una rete europea fuori dal Ppe. Un progetto che puntava a unire le formazioni sovraniste di “Identità e Democrazia” con quelle iscritte al partito dei “Conservatori e Riformisti europei”. Da una parte la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen, dall’altra Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski. Entrambi i leader italiani si sono fatti corteggiare e hanno corteggiato Orban. Entrambi sono volati a Budapest per la photo opportunity di rito sulle rive del Danubio. Ma proprio la rivalità tra Salvini e Meloni è stata uno dei principali ostacoli al progetto del grande gruppo sovranista, soprattutto per volere della seconda che già si stava costruendo una solida casa in Europa grazie anche all’intenso lavoro sottotraccia di Raffaele Fitto. L’altro ostacolo principale era invece rappresentato dalle ambiguità nei rapporti dei potenziali partner di coalizione con la Russia. L’invasione in Ucraina ha spazzato via queste ambiguità, visto che lo schieramento sul conflitto ha creato una frattura profondissima tra il governo polacco di Mateusz Morawiecki – perfettamente allineato con la posizione Ue – e quello ungherese guidato da Orban. Recupero della sovranità. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono d’accordo con Orban. Che però sta vivendo una fase di profondo isolamento, senza più un gruppo al Parlamento Ue e senza più alleati al tavolo del Consiglio europeo. Il leader della Lega può offrirgli la sua compagnia nella battaglia contro “lo strapotere di Bruxelles”. La leader di Fratelli d’Italia anche, ma non può certo sposare la posizione ungherese sull’invasione russa. Ed è quindi facile immaginare che da qui al 25 settembre non sgomiterà affatto per volare a Budapest alla corte del leader magiaro. Resta da capire se sotto la cenere del conflitto ucraino potranno ricomporsi i pezzi dell’internazionale sovranista. E se l’Italia – uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, quello con il secondo debito più alto dell’Eurozona – potrà permettersi di farne parte”. 

Speriamo che il duo Giorgia&Matteo non siano messi alla prova. Per il bene dell’Italia.

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