Ong, premi Nobel, giudici, scrittori e giornalisti israeliani: anche loro nemici dello Stato ebraico?
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Ong, premi Nobel, giudici, scrittori e giornalisti israeliani: anche loro nemici dello Stato ebraico?

J-Link è una rete di associazioni democratiche della diaspora ebraica. Esempio di cosa significhi essere veri “amici d’Israele”. Che non sono i Renzi, i Salvini e la stampa mainstream

Ong,  premi Nobel, giudici, scrittori e giornalisti israeliani: anche loro nemici dello Stato ebraico?
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22 Agosto 2022 - 18.42


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J-Link è una rete di associazioni democratiche della diaspora ebraica. Esempio di cosa significhi essere veri “amici d’Israele”. Che non sono i Renzi, i Salvini e la stampa mainstream per la quale qualsiasi critica allo Stato ebraico significa essere antisemiti e anti sionisti. I veri amici sono quelli che criticano quelle politiche che allontanano la pace e che marcano una deriva ultranazionalista d’Israele.

Due importanti prese di posizione

“Cari amici e sostenitori di J-Link,

Nell’ottobre 2021 il Ministro israeliano della Difesa Benny Gantz aveva designato come terroristiche 6 organizzazioni della società civile palestinese operanti nella Cisgiordania. L’intento era quello di opporsi alla loro attività in difesa dei diritti umani e di privarle di finanziamenti internazionali. Malgrado ripetute richieste rivolte da più parti al governo di Israele di esibire prove di tali accuse ciò non è avvenuto. J-link scrisse al Ministro Gantz nell’ottobre 2021 sollevando dubbi circa la legittimità e solidità di tali accuse. Non abbiamo ricevuto risposta.

Indagini svolte da diversi paesi europei non hanno trovato alcun sostegno alle accuse. Al contrario il sospetto è emerso che gli atti di Israele fossero motivati dal desiderio di impedire un processo presso la Corte penale internazionale per violazioni dei diritti umani in Cisgiordania.

Inoltre la UE ha rilevato che le accuse di abuso di fondi europei da parte delle organizzazioni palestinesi mancavano di prove. Di conseguenza “La UE intende continuare a ispirarsi al diritto internazionale e a sostenere organizzazioni che promuovono tale diritto, i diritti umani e i valori democratici”.

Il 18 agosto 2022 l’esercito israeliano ha condotto un’operazione improvvisa negli uffici delle 6 organizzazioni, abbattendone porte, rovesciando arredi, confiscando documenti e affissando un ordine militare che pone fuori legge le organizzazioni, senza alcuna prova che giustificasse tale intrusione.

Questa azione segue altri atti violenti quali l’espulsione di abitanti dal villaggio di Masafer Yatta, le demolizioni di case e gli episodi di violenza da parte di coloni israeliani contro palestinesi in totale impunità; atti che mettono in forse il dovuto rispetto da parte  di Israele dei  diritti umani e della  giustizia per i residenti palestinesi della Cisgiordania.

Facciamo appello alle organizzazioni che difendono i diritti umani, la legalità e l’integrità del governo di Israele e delle sue forze armate per chiedere che il Ministro Gantz produca immediate prove a sostegno delle accuse o cancelli l’ordine che ha posto fuori legge le organizzazioni palestinesi.

Con grande urgenza vi chiediamo di esprimere la vostra opposizione al governo israeliano per questi accadimenti”.

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Il comitato di coordinamento di J-Link

Kenneth Bob (Ameinu, USA); Giorgio Gomel (Jcall Europa, Italia); Barbara Landau (JSpace, Canada); Alon Liel (PWG, Israele); Pablo Lumerman (J-Amlat, Argentina); Gabriella Saven (JDI, Sud Africa).

Renzi, Salvini, e compagnia varia che gli fa eco: J-Link è anti sionista?

I  diritti umani non sono terrorismo
“Israele continua a dichiarare che importanti organizzazioni della società civile palestinese sono gruppi terroristici. Recentemente, l’esercito ha messo in pratica le parole facendo irruzione nei loro uffici e facendoli chiudere.
Queste dichiarazioni sono prive di fondamento. In effetti, l’amministrazione statunitense, l’Unione Europea e altri alleati di Israele hanno trovato le accuse di Israele poco convincenti. Dopo aver esaminato a fondo il materiale fornito da Israele, tutti i Paesi europei donatori di queste organizzazioni hanno deciso di continuare a sostenerle.
La documentazione, l’advocacy e l’assistenza legale sono il cuore del lavoro sui diritti umani in tutto il mondo. Criminalizzare queste attività è un atto deplorevole tipico dei regimi repressivi.
Siamo solidali con i nostri colleghi difensori dei diritti umani nella società palestinese. Ripudiamo queste dichiarazioni prive di fondamento e chiediamo alla comunità internazionale di fare pressione su Israele affinché revochi la sua decisione”.
  Firmato: The Association for Civil Rights in Israel

Itach Ma’aki – Women Lawyers for Social Justice Mothers Against Violence

Isha L’Isha

The School for Peace

Bimkom – Planners for Planning Rights B’Tselem

Gisha – Legal Center for Freedom of Movement Gun Free Kitchen Tables

The Public Committee Against Torture in Israel Parents against Child Detention

Social TV

The Joint Democratic Initiative

HaMoked: Center for the Defence of the Individual New Israel Fund

Human Rights Defenders Fund Zochrot

Zazim – Community Action

Haqel In Defense of Human Rights Tha Abraham Initiatives

Yesh Din – Volunteers for Human Rights Combatants for Peace Mahapach-Taghir

Mehazkim

Machsom Watch

Akevot Institute

Looking the Occupation in the Eye

Adalah – The Legal Center for Arab Minority Rights in Israel Sikkuy-Aufoq

Oz Veshalom Israel’s Jewish Religious Peace Movement

Ir Amim

Women Against Violence

Emek Shaveh

Negev Coexistence Forum for Civil Equlity Recognition Forum

The Parents Circle – Families Forum Psychoactive

Harvest Coalition

Coalition of Women Against Weapons Rabbis for Human Rights

Physicians for Human Rights Israel Breaking the Silence

Peace Now

Torat Tzedek – Torah Of Justice

J Street.

Riproponiamo  la domanda:  i firmatari di questo documento sono pure loro “nemici d’Israele”?

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Una pratica, quella dell’apartheid,  che va riportata indietro nel tempo. “Questa idea è stata impiantata – annota Ilan Baruch, già ambasciatore d’Israele in Sudafrica, fondatoredelZulat Institute for Equality and Human Rights – il primo giorno dell’occupazione, dopo la Guerra dei Sei Giorni. Già alla fine del 1967 il governo israeliano aveva annesso Gerusalemme est e i suoi dintorni con molti villaggi palestinesi. Il territorio fu annesso ma la popolazione – un terzo della popolazione della città – rimase priva dei diritti civili fondamentali, dando origine al primo caso di discriminazione etnica istituzionalizzata. Non si chiamava ancoraapartheid, anche se il regime dell’apartheid in Sudafrica era all’apice dell’epoca e le relazioni diplomatiche tra i due Paesi erano quasi scontate. È da notare che la parola ‘apartheid’ suscita ripugnanza morale in tutto il mondo perché ricorda un deplorevole regime criminale e disumano, mentre tra molti israeliani suscita sbadiglio e negazione. Tuttavia, la realtà è chiara: l’annessione riciclata equivale all’apartheid. È triste vedere come la lavanderia faccia gli straordinari in Israele.

Secondo la Convenzione di Roma, che funge da fonte di autorità per il Tribunale penale internazionale dell’Aia, l’apartheid è un crimine contro l’umanità. Il regime di occupazione israeliana in Cisgiordania è definito temporaneo, e quindi la comunità internazionale distingue tra il regime militare nei territori occupati e la democrazia nello Stato di Israele, nonostante la responsabilità di quest’ultimo per la situazione in Cisgiordania controllata dall’esercito, che ha chiare caratteristiche dell’apartheid.

La sostituzione dell’occupazione militare con l’annessione, o la sinonima ‘applicazione’ della legge e della giurisdizione israeliana” nei territori occupati, dovrebbe far capire al mondo che in Israele esiste un regime di apartheid oppressivo, con tutto ciò che questo implica.

È doloroso che pochi di noi sappiano cosa è accaduto nel temibile regime di apartheid del Sudafrica, quanto fosse buio, e quali istituzioni siano state create e quali leggi siano state promulgate per permettere alla minoranza bianca di godere di un’alta qualità di vita, a spese di una violenta e corrotta oppressione della maggioranza nera. La somiglianza tra l’allora Sudafrica e l’attuale Israele è straziante: un sesto della popolazione sudafricana era bianca (un tasso di 5:1), mentre in Cisgiordania i coloni sono un sesto e i palestinesi sono cinque-sesti della popolazione (un tasso di 1:5). Eppure noi neghiamo la realtà e scrolliamo le spalle alle sue conseguenze: L’apartheid è già qui!”.

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Pure lui è antisionista e “amico dei terroristi palestinesi”?

Terrore ebraico

Per concludere, è di straordinaria significanza quanto scritto (dicembre 2021) per Haaretz da una leggenda vivente dell’intelligence d’Israele, l’uomo che ha guidato alcune delle azioni più spettacolari nella storia dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano. Il suo nome è Ami Ayalon, ed oggi è Maggiore Generale della Riserva.

Scrive Ayalon: “Omer Bar-Lev, un coraggioso guerriero che una volta comandava Sayeret Matkal, la forza d’èlite dello stato maggiore, è stato trasformato dai social media in un “traditore”, un “assassino” e un “terrorista”. Tra i suoi detrattori, alcuni dei quali hanno dichiarato: “Il sangue ebraico è sulle tue mani”, c’erano sindaci e altre figure pubbliche.

Per loro, il suo peccato imperdonabile era quello di dire la verità. In un incontro con un diplomatico americano in visita, il ministro della pubblica sicurezza ha usato un termine che riflette una situazione esistente: “violenza dei coloni”. La vituperazione che ha subito come risultato dimostra che la lezione dell’assassinio di Yitzhak Rabin non è stata imparata. Anche dopo che il servizio di sicurezza Shin Bet ha assegnato una scorta a Bar-Lev in seguito alle minacce, il ministro dell’Interno Ayelet Shaked aggiunge benzina al fuoco, continuando ad accusarlo falsamente e così facendo a difendere i coloni violenti. I critici di Bar-Lev sono veloci ad espandere la definizione di “terrore” quando gli autori della violenza sono palestinesi. Quando i palestinesi attaccano i soldati israeliani in servizio in Cisgiordania, si tratta di “terrore”, ma quando gli ebrei attaccano palestinesi innocenti, si tratta di “crimine politicamente motivato”, “azione a prezzi stracciati” o “violenza giovanile sulle colline”. Il rifiuto di chiamare il terrore ebraico per nome e l’uso di eufemismi permettono ai moralisti tra noi di lavarsi le mani della questione e di ignorare le gravi implicazioni del terrore ebraico, che sfida le istituzioni di governo e minaccia il futuro dello stato. Ciononostante, non pochi membri della Knesset e ministri di gabinetto ignorano il pericolo, considerandolo un comportamento marginale, persino giustificato di fronte alla violenza palestinese. Bisogna dirlo chiaramente: C’è il terrore ebraico! Il terrore è quello che ha portato all’assassinio di Rabin e all’incendio della casa della famiglia Dawabsheh, uccidendo un bambino e i suoi genitori. È il terrore che ha portato al rogo vivo di Mohammed Abu Khdeir, 16 anni, e il terrore che ha portato all’omicidio e al ferimento grave 

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