Sergej Lavrov, Ministro degli Esteri russo, ha avuto il coraggio di smentire che l’attacco che ieri ha colpito l’ospedale pediatrico di Mariupol sia stato condotto dalla Russia e ha dichiarato che quella struttura era in mano al battaglione Azov, reparto militare ucraino notoriamente neofascista.
Non è ovviamente vero: i video e le testimonianze dei giornalisti sul posto hanno inviato immagini strazianti di donne incinte ferite o uccise dalle bombe e di bambini sotto le macerie. Ma Lavrov definisce tutto questo una “patetica retorica” occidentale.
Il capo della Diplomazia di Mosca mente davanti al mondo in maniera scioccante: “Tre giorni fa, il 7 marzo, la delegazione russa al Consiglio di sicurezza dell’Onu ha presentato delle prove che dimostravano il fatto che l’ospedale in questione fosse stato da tempo preso sotto il controllo dal Battaglione Azov e da altri estremisti. Tutte le gestanti, le infermiere e il resto del personale era stato cacciato”.
L’attacco di ieri all’ospedale pediatrico di Mariupol – città di 450mila abitanti assediata da alcuni giorni dalle forze russe – ha causato la morte di tre persone tra cui una bambina, e 17 feriti tra cui dei bambini e delle partorienti. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che il raid contro l’ospedale pediatrico “è la prova che il genocidio russo contro la popolazione è in corso” ed è tornato a chiedere all’Occidente l’istituzione di una no-fly zone.
Il portavoce del governo russo Dmitry Peskov ha detto che le autorità apriranno un’indagine per far luce su quanto accaduto all’ospedale pediatrico perché “nessuno, né noi né voi, è in possesso di informazioni chiare”.