"In Ucraina cʼè tensione, ma non panico": la testimonianza da Kiev
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"In Ucraina cʼè tensione, ma non panico": la testimonianza da Kiev

Luca Pesante, inviato di Tgcom24 in Ucraina: "Domenica mattina abbiamo visitato un grande istituto scolastico e i rifugi per gli studenti che sono stati allestiti proprio in questi giorni con tutto il necessario per resistere in caso di attacco".

"In Ucraina cʼè tensione, ma non panico": la testimonianza da Kiev
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14 Febbraio 2022 - 09.01


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Luca Pesante, ha raccontato il clima che si respira in Ucraina: “La vita non si è fermata. Cʼè tensione, ma non panico, anche se tutti si dicono pronti a qualsiasi evenienza. Domenica mattina abbiamo visitato un grande istituto scolastico e i rifugi per gli studenti che sono stati allestiti proprio in questi giorni con tutto il necessario per resistere in caso di attacco”.

A Kiev le scuole sono aperte, anche la domenica. Senza lezioni, resta il luogo dove gli studenti si incontrano, per fare sport e stare insieme. Come racconta l’inviata dell’Ansa Laurence Figà-Talamanca, nella perferia della capitale ucraina, nella scuola n.113 del quartiere di Darnytsa, i ragazzi e le ragazze si raccoglono nella palestra per giocare a pallavolo.

Ma appena due piani al di sotto degli studenti che si passano la palla, nel sottosuolo dell’edificio di mattoni, è tutto pronto per la guerra e per accogliere i 500 studenti della scuola, dalle primarie alle superiori, in caso di un bombardamento aereo dei caccia di Putin.

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Al rifugio si accede da una porta di legno, in fondo al corridoio di una qualsiasi scuola del mondo: alle pareti i disegni dei bambini più piccoli, i premi sportivi dei più grandi, la memoria storica dell’istituto che sta per celebrare i suoi 70 anni.

Si scende una rampa di scale e si accede a due grandi sale buie e umide, descrive l’inviata. “All’interno scorte di acqua, cibo, carta igienica, torce nel caso un attacco interrompesse la corrente, e libri per continuare a studiare o ammazzare il tempo: tutto il necessario quindi per sopravvivere chiusi lì dentro per un certo numero di ore. Il rifugio esiste da quando esiste la scuola, all’epoca le bombe che facevano paura erano quelle che sarebbero potute arrivare da occidente e non da oriente, e alle pareti ci sono ancora dei manifesti sovietici che insegnano a usare le armi, le granate, a rimontare un fucile o le tecniche militari di trincea”.

Nel tempo il rifugio aveva cambiato destinazione d’uso, ma nel 2014 con la guerra nel Donbass i locali sono tornati alla loro funzione primaria. E oggi – con la minaccia di una nuova invasione russa – sono nel pieno della loro efficienza, con le scorte alimentari rinnovate regolarmente e le prove di fuga dei ragazzi che nel loro corso di studi hanno lezioni di sopravvivenza una volta a settimana. “Ma non ci serviranno”, assicura la direttrice della scuola, Nataliya Sheniavska parlando con l’ANSA. “Ho fiducia nella diplomazia, nella capacità di dialogare, nella vostra missione di giornalisti di aiutare a capirci ed aiutare la pace”, dice.

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“Potrebbe succedere – sostiene Oleg, 20 anni, l’insegnante di ginnastica che gioca con i suoi ragazzi – Ma non vivo nel timore incessante di dover andare al fronte”. Vlada ha 19 anni, è qui con il suo fidanzato e studia giornalismo all’università: “Nei media c’è molto allarmismo – dice -.Tutti temiamo una guerra, ma questo non ha modificato le nostre vite: siamo chiamati a vivere l’ordinario della quotidianità”. 

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