In questi momenti tristi tornano in mente i metodi rudi e spicci della Russia che colpirono David Sassoli, in qualità di presidente del parlamento europeo.
Allo scomparso esponente del Pd fu vietato l’ingresso in Russia. Si era trattato di risposta all’analoga misura adottata dall’Unione europea nei confronti di sei cittadini russi.
Era il 30 aprile del 2021 e oltre a Sassoli, la Russia aveva vietato l’ingresso a Vera Jourova, vicepresidente dela Commissione europea responsabile per le politiche su valori e trasparenza, così come a Jorg Raupach, capo dell’ufficio del procuratore generale di Berlino.
Gli altri europei interessati dalla misura sono Ivars Abolins, presidente del Consiglio nazionale dei mass media elettronici della Lettonia, Maris Baltins, direttore del Centro linguistico statale della Lettonia, Jacques Maire, membro della delegazione francese all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Ana Scott, capo del laboratorio di sicurezza chimica e nucleare dell’Istituto svedese di ricerca sulla difesa, e Ilmar Tomusk, capo del dipartimento linguistico dell’Estonia.
Oggi quel divieto d’ingresso in Russia è coma un’ulteriore medaglia per l’operato dello scomparso presidente del parlamento europeo.
Come replicò Sassoli
Rispose allora lo scomparso presidente del parlamento europeo: “Quando i sistemi autoritari sono in difficoltà hanno bisogno di trovare i nemici per cercare di placare il disagio sociale interno. Cercano di scaricare sull’Unione il peso della loro grave crisi economica che non consente a una parte rilevante della popolazione di mettere insieme il pranzo con la cena. La loro iniziativa è un segno di debolezza. E, in questo momento, denota anche una mancanza di lucidità”.