Erdogan riempito di miliardi e l'Iran sanzionato: due pesi e due misure nell'emergenza afghana
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Erdogan riempito di miliardi e l'Iran sanzionato: due pesi e due misure nell'emergenza afghana

A darne conto, in una nota ufficiale, è l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Erdogan riempito di miliardi e l'Iran sanzionato: due pesi e due misure nell'emergenza afghana
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

21 Dicembre 2021 - 18.53


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Erdogan riempito di miliardi. L’Iran sanzionato. Due pesi e due misure. L’ennesima vergogna dell’Occidente.

Emergenza umanitaria

A darne conto, in una nota ufficiale, è l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.

“Al termine di una visita di tre giorni nella Repubblica Islamica dell’Iran, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi ha esortato la comunità internazionale ad aumentare il sostegno al governo e al popolo dell’Iran che sta accogliendo gli afghani in fuga dal deteriorarsi delle condizioni nel loro paese. Secondo le stime preliminari del governo dell’Iran, nel 2021 sono arrivati in Iran almeno 500.000 afghani.


L’Alto Commissario ha incontrato il ministro degli Esteri iraniano, Dr. Abdolahian, il ministro degli Interni, Vahidi, e il ministro della Sanità, Dr. Einollahi, per discutere le modalità di gestione ed assitenza degli afgani appena arrivati, anche attraverso la registrazione e la documentazione. Ha inoltre invitato il governo a riconoscere i bisogni di protezione ed i rischi che si affrontano in caso di ritorno in Afghanistan. Grandi si è recato a Zahedan, la capitale della provincia di Sistan e Baluchistan, dove ha incontrato famiglie afghane, tra cui neonati e anziani, fuggiti in Iran da Nimrooz circa quattro mesi fa.

‘I rifugiati afghani hanno raccontato con dolore e disperazione cosa vuol dire dover lasciare le proprie case alle spalle”, ha detto l’Alto Commissario Grandi. Donne in età universitaria hanno espresso all’Alto Commissario la loro angoscia per aver dovuto abbandonare gli studi e non sapere cosa riserverà loro il futuro.

L’Alto Commissario ha anche visitato un nuovo cantiere a Niatak, 14 chilometri a est di Zabol, utilizzato per ospitare temporaneamente gli afghani appena arrivati allo scopo di soddisfare i loro bisogni immediati e facilitare la loro regolarizzazione. L’Unhcr sta anche discutendo con il governo per l’estensione dell’assistenza ai nuovi arrivati nelle aree urbane.



‘Il governo dell’Iran ha ospitato generosamente i rifugiati per decenni, nonostante la precaria situazione economica peggiorata dalla pandemia. Ma poiché la situazione in Afghanistan resta fragile, dobbiamo garantire che coloro che fuggono in Iran possano ottenere la protezione e l’assistenza di cui hanno bisogno’, ha aggiunto Grandi.


‘Nel corso di quest’anno L’Unhcr ha già intensificato i suoi sforzi e continuerà a lavorare con il governo dell’Iran per assicurarsi che non sia lasciato solo a sostenere la responsabilità di accoglienza dei strutturati rifugiati. Chiediamo maggiore sostegno finanziario per i servizi inclusivi dell’Iran, in particolare sanità e istruzione, così come un aumento delle forniture di vaccini Covid-19 che vengano equamente distribuiti tra le comunità ospitanti ed i rifugiati afghani”.



L’Unhcr cercherà anche maggiori opportunità di istruzione terziaria per gli studenti afghani, e si adopererà per facilitare maggiori opportunità di reinsediamento dall’Iran.

L’Iran è uno dei paesi al mondo che ospita più rifugiati, ed ha accolto i rifugiati afghani per oltre quattro decadi. In Iran, i rifugiati hanno avuto accesso a sanità, istruzione e alle opportunità di sostentamento, e la maggior parte di loro vive nei villaggi, nelle città e nei paesi insieme alle comunità iraniane che li accolgono.

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Devono esser compiuti sforzi strutturati e vigorosi per affrontare le sfide umanitarie, economiche e di sviluppo per poter stabilizzare la popolazione all’interno dell’Afghanistan, e allo stesso tempo è necessario far sì che i bisogni dei paesi ospitanti siano egualmente riconosciuti come prioritari e resi più sostenibili nel tempo”.

Così l’Agenzia delle Nazioni Unite.

Tragedia silenziata

Quando smettiamo di parlare della situazione in un paese non significa necessariamente che tutto vada bene. Molto spesso è vero il contrario, e semplicemente le informazioni smettono di filtrare.  Il 30 novembre Human Rigts Watch (Hrw) ha pubblicato un’inchiesta minuziosa sull’Afghanistan che ha accertato l’esecuzione sommaria o la scomparsa forzata di più di cento militari o funzionari dell’ex regime afgano caduto lo scorso 15 agosto. Il rapporto è intitolato “Nessun perdono per quelli come te”, un’esplicita citazione delle parole di un capo taliban. I ricercatori della ong hanno analizzato decine di casi in quattro province e sottolineano con preoccupazione il carattere ripetuto di queste esecuzioni. Sono atti che mettono palesemente in discussione le dichiarazioni dei capi taliban che negavano qualsiasi volontà di vendicarsi e soprattutto la realtà dell’amnistia annunciata per tutti coloro che avevano collaborato con il precedente governo.  Le alternative sono due: o i leader taliban non controllano le truppe che si abbandonano a regolamenti di conti oppure con le loro dichiarazioni volevano solo mettere a tacere la comunità internazionale. Il rapporto racconta il caso di Baz Muhammad, ex dipendente della direzione nazionale per la sicurezza, l’ex servizio di informazioni. Muhammad è stato arrestato in casa sua, a Kandahar, e poche ore dopo i suoi conoscenti ne hanno ritrovato il corpo senza vita. Si è trattato chiaramente dell’esecuzione extra-giudiziaria di un uomo la cui attività era in teoria coperta dall’amnistia.

Corridoi e non solo

La vera emergenza continua ad essere l’evacuazione di tanti afghani, già collaboratori dei Paesi occidentali, la cui incolumità è a rischio oggi in Afghanistan nonostante il governo di Kabul abbia varato l’amnistia nei confronti di coloro che hanno lavorato con organismi stranieri. “E’ un dovere morale” al quale l’occidente deve obbedire, afferma il professor Giuseppe Valditara, docente di Diritto Romano all’Università di Torino e coordinatore di Lettera 150, l’iniziativa nata da decine di docenti universitari durante l’epidemia di Covid-19 e poi allargatasi ad altre tematiche. Lettera 150 si è fatta portavoce presso il governo italiano – afferma Valditara in un’intervista a Radio Vaticana-Vatican News – per la realizzazione di corridoi umanitari a favore di coloro che ancora non riescono a lasciare l’Afghanistan.

Sono circa 200 mila i collaboratori dei Paesi occidentali che non hanno potuto usufruire di ponti aerei. Sono persone che hanno messo a rischio la loro vita, il loro futuro in un Paese diventato per loro ostile, quindi credo che i Paesi occidentali, l’Italia in primo luogo, abbiano un dovere morale nei confronti di tutte queste persone. Ovviamente poi bisognerà essere molto attenti a non far arrivare insieme con i collaboratori, che sono rimasti in Afghanistan, anche personaggi legati, magari ad organizzazioni di tipo terroristico. Ma questo è un profilo ulteriore molto importante che non deve distogliere l’attenzione da questa necessità che ritengo sia innanzitutto di tipo morale e cioè insistere con il nuovo governo afghano perché sia possibile dare vita ad un corridoio umanitario per garantire un futuro a tutte queste persone che hanno creduto e attivamente lavorato insieme con i Paesi occidentali.

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In Afghanistan ci sono 18 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria; 400mila civili, di cui la metà bambini, in fuga. Solo nel 2021 sono stati uccisi 550 bambini, mentre 3 milioni e 700mila bambini e bambine non vanno a scuola, già da prima dell’arrivo dei talebani. È partendo da questi dati che Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, lancia l’allarme sulla situazione in Afghanistan in un’intervista a Fanpage.it. La crisi, spiega, è umanitaria ed esiste da prima dell’arrivo dei talebani al potere. E la soluzione non può essere solamente quella dei corridoi umanitari, per Iacomini: “È un’azione efficace ma che non copre i numeri di un esodo”. Ora “bisogna salvare questa popolazione”, ma “il problema non si risolve per slogan”. La partita si giocherà “all’interno del Paese” e la paura è quella che i bambini siano ancora più esposti a “pratiche nefaste” come flagellazioni, costrizioni, arruolamento tra le truppe, matrimoni precoci.

Ci sono 400mila persone in fuga, la metà sono bambini: come facciamo ad assisterli? Quali sono le vie di accesso? Bisogna fare quello che non è stato fatto negli ultimi anni per Siria, Iraq, ovvero non bisogna spegnere la luce. Oggi sul bagnasciuga siamo tutti indignati, ma tra un mese in campagna elettorale parleremo ancora di Afghanistan? Il corridoio umanitario può essere la soluzione per 18 milioni di persone in fuga? Bisogna salvare questa popolazione, che negli ultimi 20 anni si è trovata in una condizione difficile, a differenza di altri scenari complessi dove ancora restano le truppe straniere, in Afghanistan non c’è stata quella osmosi con la popolazione che porta al nation building. Vanno aperte le vie di accesso interne, continuare con altre Ong il nostro lavoro, l’obiettivo è salvare vite di bambini e bambine dialogando con tutti”

L’allarme di Save the Children

In Afghanistan quasi 800.000 bambini stanno affrontando un inverno gelido senza ripari adeguati. 8,6 milioni di bambini vivono in famiglie che non hanno coperte a sufficienza e più di 3 milioni non hanno il riscaldamento per tenersi al caldo. Nel Paese alcuni bambini sono già morti di fame a causa dell’aumento dei prezzi del cibo che le famiglie non possono più permettersi e 5 milioni di bambini sono a un passo dalla carestia. Questo l’allarme per la richiesta di aiuti immediati lanciato da Save the Children- l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro – che sta sostenendo più di 26.000 famiglie in nove delle province più colpite, fornendo coperte, vestiti caldi e mezzi e combustibile per riscaldarsi.

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Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite, circa 1,6 milioni di persone vivono in tende di emergenza o rifugi di fortuna – spesso niente di più se non dei fragili teli di plastica sorretti da bastoni – che offrono scarsa protezione da pioggia, neve e temperature sotto lo zero. In inverno le temperature raggiungono i -12,1˚C in alcune province e i bambini che dormono all’aperto senza vestiti invernali adeguati o senza il riscaldamento sono a grave rischio di ipotermia, infezioni respiratorie acute come la polmonite e, nei casi peggiori, di morte. Circa il 25-30% dei decessi di bambini sotto i cinque anni in Afghanistan sono dovuti a infezioni del tratto respiratorio e il 90% di questi è dovuto a polmonite. Secondo Save the Children le morti infantili potrebbero aumentare questo inverno a causa dell’aggravarsi della crisi umanitaria.

In Afghanistan l’inverno è anche la stagione della fame. Si prevede che quest’anno il Paese affronterà la sua peggiore crisi alimentare. Ad ottobre Save the Children ha rilevato cheoltre 14 milioni di bambini soffriranno la fame questo inverno e 5 milioni saranno a un passo dalla carestia.

“Il Paese sta affrontando la peggiore crisi alimentare mai registrata e quest’inverno milioni di bambini dormiranno al freddo e affamati. Le notizie scioccanti di bambini che muoiono di fame dovrebbero farci vergognare tutti” annota Thomas Howells, direttore di Save the Children in Afghanistan. “Anche in circostanze normali, il rigido inverno afghano è una lotta disperata alla sopravvivenza per molte famiglie, ma quest’anno lo sarà ancora di più. Migliaia di famiglie vivono in campi per sfollati, dove spesso un telo di plastica è tutto ciò che hanno per proteggersi dalle gelide temperature invernali. I bambini piccoli che dormono all’aperto in tenda senza vestiti caldi, coperte o riscaldamento, non hanno assolutamente alcuna possibilità di sopravvivere in queste condizioni sotto lo zero. È solo questione di tempo prima che siano vittime di ipotermia, polmonite o, nei casi peggiori, di morte”.

Gli aumenti dei prezzi e il collasso dell’economia hanno spinto molte famiglie sul lastrico. Molte non possono permettersi combustibile o legna da ardere per riscaldare le case. I costi del carburante sono aumentati di circa il 40% nell’ultimo anno e la legna sufficiente per una famiglia durante l’inverno costa circa 200 dollari. Molte famiglie sono costrette a bruciare plastica o altri materiali dannosi per riscaldarsi, aumentando così i rischi per la salute dei bambini nei mesi invernali.

Le sanzioni, la storia insegna, hanno colpito i popoli e non i regimi. In questo caso, la punizione inflitta è doppia: agli afghani che cercano rifugio in Iran. E al popolo iraniano. Punizione doppia. E doppia vergogna per il “civile” Occidente.

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