Annegano nel Mediterraneo, muoiono nel gelo: le politiche disumane dell'Europa
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Annegano nel Mediterraneo, muoiono nel gelo: le politiche disumane dell'Europa

Da gennaio all'inizio di novembre sono "oltre 1.315 i morti e i dispersi nel Mediterraneo centrale nel tentativo di raggiungere l'Europa", mentre altri 28.600 migranti sono stati "intercettati in mare e riportati indietro dalla guardia costiera libica

Annegano nel Mediterraneo, muoiono nel gelo: le politiche disumane dell'Europa
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18 Dicembre 2021 - 14.00


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Politiche disumane. Che hanno contribuito alla morte in mare o nel gelo dell’Est migliaia di esseri umani. E tra questi, i più indifesi tra gli indifesi: i bambini. Politiche portate avanti dalla “civile Europa”.

Politiche disumane

Da gennaio all’inizio di novembre sono “oltre 1.315 i morti e i dispersi nel Mediterraneocentrale nel tentativo di raggiungere l’Europa”, mentre altri 28.600 migranti sono stati “intercettati in mare e riportati indietro dalla guardia costiera libica”. E’ il rapporto di Save the Children, secondo cui “non possiamo girarci dall’altra parte davanti alle politiche disumane di un’Europa che ai suoi confini ignora le sofferenze di uomini, donne e bambini”.

Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children, punta i riflettori su quei “bambini morti travolti dalle acque mentre tentavano di attraversare un fiume tra la Croazia e la Slovenia o di fame e di freddo nella foresta al confine tra Bielorussia e Polonia”, sui “ragazzi e le ragazze, respinti decine di volte, in modo spesso brutale e illegale, nonostante la minore età, vittime e testimoni di atrocità lungo la rotta balcanica o detenuti e sottoposti a violenza in Bulgaria. Uomini, donne e bambini, fuggiti da guerre, conflitti, povertà estrema, nel miraggio di un futuro di pace, che hanno attraversato Paesi e continenti per trovare solo confini blindati da muri e fili spinati,tenuti lontani da cannoni ad acqua, granate stordenti e gas lacrimogeni”. Sono, secondo Raffaella Milano, uomini, donne e bambini “rei solo di cercare un futuro possibile e di pace per sé e per i propri cari. Vogliamo
dire con fermezza da che parte stiamo e cosa non vogliamo. Non vogliamo che la vita dei bambini e delle loro famiglie venga utilizzata come merce di scambio e non vogliamo neanche un’Europa dove violenze, abusi e morti siano considerati danni collateralie dove la difesa di un confine abbia la prevalenza sulla protezione anche di un solo essere umano”. L’organizzazione, quindi, “sollecita l’Ue e i suoi Stati membri a rispettare gli obblighi legali europei e internazionali, agendo immediatamente per permettere alle persone di richiedere protezione internazionale in Europa, fornire loro supporto e assistenza, anche attraverso le organizzazioni della società civile, e porre fine ai respingimenti alle frontiere, consentendo l’accesso alle procedure per ottenere protezione internazionale e garantendo cure adeguate a tutti i bambini”.

Morte ad Est

“Al confine fra Bielorussia, Polonia, Lituania e Lettonia sono fermi migliaia di migranti che provengono dal Medio Oriente grazie alla concessione di visti turistici da parte del Governo di Minsk. Fra loro, persone provenienti da Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan che provano ad entrare in Europa in assenza di canali sicuri, mentre i Paesi dell’UE impediscono loro di chiedere protezione.

Come ha sottolineato la Commissaria per gli Affari Interni dell’UE Ylva Johansson, finora “ottomila migranti hanno attraversato le frontiere e si trovano in Lituania, Polonia o Lettonia, in centri di accoglienza. Diecimila migranti sono arrivati in Germania. I numeri sono contenuti, non è una crisi migratoria ma un attacco ibrido”, rimarca Save the Children

La crisi che si sta consumando in Bielorussia sta assumendo una portata regionale perché vede contrapporsi, di fatto, l’UE a Bielorussia e Russia, principale sostenitore, in uno scontro regionale dove a pagarne il prezzo più alto sono le persone al confine, private dei loro diritti fondamentali e bloccate al freddo e in condizioni disumane. L’UE da una parte sta applicando severe sanzioni economiche al Paese di Alexander Lukashenko, mentre lo stesso minaccia di fermare le forniture di gas naturale che ogni giorno alimentano i Paesi dell’Unione.
Le sanzioni contro la Bielorussia da parte dell’UE sono in realtà iniziate mesi fa, acuitesi quando a giugno 2021 l’UE ne ha imposte alcune a prova di una linea dura contro l’autoritarismdel presidente. Di fronte a questo ciclo di sanzioni, Lukashenko ha dichiarato che il suo Paese avrebbe cessato di collaborare con l’UE nella lotta all’immigrazione clandestina, di fatto permettendo ai migranti l’accesso e il transito dal proprio territorio a quello degli Stati europei confinanti. Il flusso migratorio è di conseguenza aumentato e ciò ha fatto sì che la Polonia, e la Commissione Europea e gli Stati Uniti poi, abbiano accusato la Bielorussia di utilizzarlo come arma per costringere l’Unione a revocare le sanzioni, che a sua volta risponde che è il Governo di Varsavia ad alimentare violenze contro persone indifese. 

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La situazione dei migranti al confine tra Bielorussia e Polonia, Lituania e Lettonia è decisamente drammatica, avverte ancora Save the Children.  Fra le persone bloccate alla frontiera si contano numerosi bambini, famiglie e altre persone vulnerabili che ogni giorno provano a passare il confine e sono spesso oggetto di respingimenti da parte delle forze di polizia, spesso anche violenti. Sono numerose le notizie di morti, informazioni che potrebbero anche essere parziali, a causa del divieto, per la stampa, per le Nazioni Unite e per le organizzazioni non governative di essere presenti nelle zone di confine. Nel frattempo, l’imposizione dellostato di emergenza, denunciato da più fronti come dal Consiglio d’Europa per quanto attiene alla Lituania, di fatto sospende le garanzie previste dal diritto internazionalerelativamente alla possibilità di richiedere protezione, ma anche la possibilità di libera informazione da parte dei media e di soccorso umanitario per le organizzazioni non governative.

In Lituania, le modifiche mirano a limitare l’accesso all’asilo; rimuovere le protezioni per le persone in situazioni vulnerabili; consentire la detenzione automatica; limitare l’accesso a un ricorso legale effettivo e ridurre l’accesso alle condizioni di accoglienza. Nel caso della Polonia, la nuova normativa viola direttamente il principio di non respingimento consentendo l’allontanamento delle persone dalla Polonia anche dopo che hanno chiesto protezione internazionale e senza un esame individuale rispetto alla possibilità che l’allontanamento comporti o meno una violazione dei loro diritti umani.

In Lettonia, le modifiche precludono la possibilità di chiedere asilo alle persone che attraversano la frontiera, il che significa che il diritto di chiedere asilo e la protezione contro il respingimento non sono rispettati.

Sebbene alcuni degli emendamenti siano – in teoria – temporanei e la loro applicazione geograficamente limitata, essi rischiano tuttavia di istituzionalizzare la pratica illecita. Richiedere asilo è un diritto fondamentale e il non respingimento è un principio inderogabile che deve essere osservato anche nei momenti di emergenza.

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LA NOSTRA POSIZIONE SULLA CRISI MIGRATORIA IN BIELORUSSIA

Nonostante le gravi tensioni che esistono tra gli Stati coinvolti, la situazione, come molte altre ai confini dell’UE, è gestibile e dovrebbe essere affrontata tenendo conto della situazione mondiale. A livello globale, infatti, molti paesi in situazioni molto fragili affrontano complesse sfide di accoglienza, che coinvolgono un numero molto maggiore di persone. Ciò che serve è una risposta lucida che includa una decisa difesa del diritto di asilo, del diritto comunitario e di quello internazionale.
Condanniamo pienamente le azioni del governo bielorusso, ma sollecitiamo allo stesso tempo una risposta da parte dell’UE e dei suoi Stati membri, in linea con gli obblighi legali europei e internazionali.

L’Europa, che fare

In proposito, Save the Children ha idee molto chiare e proposte incisive: “Chiediamo all’Unione europea e ai suoi Stati membri di agire immediatamente per:

  • Fornire l’accesso al territorio dell’UE per permettere alle persone di richiedere protezione internazionale in Europa.
    Secondo il diritto comunitario e internazionale, chiunque richieda asilo alle frontiere ha il diritto di presentare domanda di asilo. L’accesso all’asilo in Polonia, Lituania e Lettonia dovrebbe essere immediatamente ripristinato sia nella legge che nella pratica. Devono quindi cessare tutte le misure volte a impedire alle persone di accedere al territorio dell’UE e di presentare una domanda di asilo. Ciò include impedire alle persone di raggiungere il territorio dell’UE, anche attraverso l’uso della forza e istruzioni alle guardie di frontiera di effettuare respingimenti, vietare la presentazione delle loro domande di asilo limitando l’effettivo accesso alla procedura tramite restrizioni geografiche sul luogo in cui possono essere presentate le domande e il tentativo di derogare alla legge sull’asilo e alla protezione contro il respingimento.
  • Fornire cibo, acqua, vestiti, cure mediche adeguate e riparo alle persone bloccate al confine con la Bielorussia.
    A breve termine, è essenziale che gli Stati coinvolti concedano l’accesso umanitario alle persone colpite, in modo che le organizzazioni umanitarie possano raggiungerle e fornire assistenza. Il fatto che gli Stati membri dell’UE impediscano la fornitura di assistenza salvavita alle persone, alcune delle quali sono estremamente vulnerabili, è inaccettabile. Se la situazione di stallo dovesse continuare, la decisione di evacuare immediatamente le persone dalla regione di confine negli Stati membri dell’UE, anche avvalendosi delle offerte già ricevute dalla società civile, dalle città e dai gruppi religiosi per accogliere le persone è un’opzione che potrebbe prevenire ulteriori perdite della vita. Parallelamente, gli Stati membri dell’UE dovrebbero discutere e concordare accordi di ricollocazione ad hoc. Il trasporto di persone verso paesi terzi per il trattamento delle domande di asilo, come è stato proposto, è illegale per il diritto internazionale e dell’UE.
  • Porre fine immediatamente ai respingimenti alle frontiere, consentendo l’accesso alle procedure per ottenere protezione internazionale e fornendo cure adeguate a tutti i bambini.
    La situazione alla frontiera esterna ha portato a modifiche alla legislazione nazionale in materia di asilo. Per quanto riguarda gli sviluppi della legislazione adottata in Lituania, Polonia e Lettonia, alcune modifiche sono incompatibili con gli obblighi giuridici dell’UE in materia di asilo, i trattati dell’UE, la Carta dei diritti fondamentali e il diritto internazionale. Il rispetto del diritto dell’UE dovrebbe essere una condizione fondamentale per tutto il sostegno dell’UE.
  • Garantire l’accesso alle aree di confine alle organizzazioni di società civile, per supportare chi ne ha bisogno e documentare quanto sta accadendo. La situazione alle frontiere dell’UE ha provocato tentativi da parte degli Stati membri di intimidire e reprimere la società civile indipendente, i media e gli operatori legali che cercano di rispondere in linea con le loro funzioni professionali.Le attività volte a fornire assistenza umanitaria e assistenza legale alle persone alla frontiera non devono essere criminalizzate. Il divieto di accesso alle zone di confine per la società civile e i giornalisti non solo lascia le persone senza sostegno, ma ha anche ripercussioni sul lavoro della società civile indipendente e dei media al di fuori dell’Europa. È essenziale che la situazione nella zona di frontiera sia monitorata da attori indipendenti per garantire il rispetto del diritto dell’UE e internazionale. Gli atti di violenza devono essere condannati e indagati. 
  • Porre le norme sui diritti umani e la trasparenza al centro della cooperazione con i paesi terzi.
    Attualmente, l’UE sta attivamente cercando accordi con paesi terzi per impedire alle persone di arrivare al confine dell’UE o per riprendere i propri cittadini. Occorre garantire che qualsiasi accordo con paesi terzi, come Iraq, Turchia o Libano, sia in linea con gli standard internazionali sui diritti umani, a cominciare dal diritto di lasciare il proprio paese e dagli obblighi di non respingimento. Il contenuto di qualsiasi accordo dovrebbe inoltre essere reso pubblicoe il Parlamento europeo dovrebbe svolgere un ruolo significativo nel monitoraggio degli accordi. Dovrebbero inoltre essere garantiti un monitoraggio e un sostegno indipendenti a coloro che rientrano. 
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L’UE e i suoi Stati membri devono rispondere alla crisi alla frontierain conformità con i loro obblighi legali internazionali e dell’UE. L’attuale quadro politico e giuridico, se applicato, fornisce tutti gli elementi per gestire al meglio questa situazione e nel rispetto dei diritti”. 

Sono proposte salva vite. Non realizzarle, significa alimentare ulteriormente quelle “politiche disumane” di cui l’Europa si è fatta portatrice.

Luci verdi

Save the Children ha deciso di illuminare con luci verdi la propria sede romana fino a Natale per richiamare l’attenzione sulla condizione disumana che migliaia di persone stanno vivendo in questo momento. Roma Capitale ha aderito all’appello rilanciato dall’Organizzazione: in contemporanea con l’accensione della sede di Save the Children, verrà illuminato di verde anche il Palazzo Senatorio del Campidoglio, dove oggi alle ore 18 si terrà un’iniziativa di sensibilizzazione nell’ambito dell’adesione alla campagna internazionale Lanterne Verdi”, una mobilitazione nata alla frontiera polacca e rilanciata in Italia da Avvenire e dall‘Espresso, tra gli altri, e da moltissime altre persone, associazioni, realtà sociali, per chiedere all’Europa di proteggere e non respingere chi fugge da persecuzioni, violazioni dei diritti umani, conflitti e povertà.

Luci verdi per ottenere una “luce verde” dall’Europa per ridare sostanza a quei principi di solidarietà e di inclusione che stanno affogando  nel Mediterraneo o morendo nel gelo di quei confini a Est. 

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