A 8 anni fa la pipì sul tappeto nella scuola coranica: rischia la pena di morte per blasfemia
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A 8 anni fa la pipì sul tappeto nella scuola coranica: rischia la pena di morte per blasfemia

I fatti in Pakistan, Rahim Yar Khan, nel Punjab. Il piccolo ha disturbi mentali ma non è bastato a fermare la folla inferocita che per rappresaglia ha distrutto un tempio induista

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10 Agosto 2021 - 13.04


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In Pakistan c’è un caso politico e religioso per un bambino di otto anni con problemi mentali: rischia la pena di morte perché accusato di blasfemia. 
Il piccolo, di famiglia induista, è stato arrestato il 4 agosto dopo essere stato sorpreso a urinare sul tappeto nella biblioteca di una madrasa musulmana, tipica scuola islamica, nella città di Rahim Yar Khan, nel Punjab. 

Una folla inferocita
Il bambino, il più giovane al quale sia mai stato contestato questo reato, è stato rimesso in custodia protettiva dopo le molte minacce giunte nei suoi confronti dalla comunità musulmana. Dopo quanto accaduto nella madrasa, infatti, una folla inferocita ha distrutto, per rappresaglia, un tempio indù.
Il premier Imran Khan ha tentato di calmare gli animi condannando il gesto e impegnandosi a riparare il tempio.
Il bambino era stato liberato su cauzione ma le accuse contro di lui non sono cadute e le minacce a lui indirizzate hanno indotto la polizia a trattenerlo nuovamente in custodia protettiva.

La famiglia si è nascosta
 
Dopo l’appello del premier ad arrestare i responsabili dell’assalto al sito religioso è stato ordinato l’arresto di 20 persone, ma, secondo dichiarazioni di un portavoce della polizia al Guardian, non risulta che i provvedimenti siano stati eseguiti. La famiglia del ragazzo, intanto, si è nascosta in un luogo protetto.
Non solo. Molti membri della comunità indù nel distretto conservatore di Rahim Yar Khan, nel Punjab, hanno lasciato le loro case nel timore di ulteriori attacchi. Nella zona è stato schierato l’esercito per evitare ulteriori disordini.

Gli attivisti per i diritti umani
Kapil Dev, un attivista per i diritti umani, ha detto che “molti indù hanno lasciato la città”, aggiungendo che ci vorrà molto tempo perché possano riprendere le loro consuete attività.
Dev ha poi aggiunto che la massima autorità del Punjab o lo stesso  primo ministro pachistano Imran Khan dovrebbero visitare la famiglia del bambino, ma finora non lo hanno fatto.
“È discutibile il ruolo della polizia che per prima ha aperto un fascicolo per blasfemia contro un bambino e poi non è riuscito a proteggere il tempio dall’attacco”, ha concluso l’attivista.
 
Le leggi sulla blasfemia in Pakistan
“Le leggi sulla blasfemia del Pakistan sono state a lungo abusate per prendere di mira i gruppi minoritari, ma questo caso segna una deriva scioccante ed estrema”, ha affermato da parte sua Rimmel Mohydin, attivista di Amnesty International per l’Asia meridionale commentando il caso di un bambino di otto anni al quale è stato contestato il reato e che rischia la pena capitale.
“Oltre a garantire che queste ridicole accuse vengano ritirate – ja aggiunto in una nota -, le autorità pakistane devono fornire immediatamente un’adeguata protezione al ragazzo, alla sua famiglia e alla più ampia comunità indù. Anche i responsabili della conseguente violenza della folla devono essere ritenuti tali”.  
“Nella settimana che segna la Giornata nazionale delle minoranze in Pakistan – ha affermato l’attivista di Amnesty – esortiamo le autorità ad abrogare urgentemente questa perniciosa legislazione. Le minoranze pachistane sono da tempo sotto attacco. E la vicenda di un bambino su cui pende il rischio di una condanna a morte lo dimostra più di ogni altra cosa”.

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