Il vescovo congolese: "Se uccidono un ambasciatore immaginate che accade nei villaggi..."
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Il vescovo congolese: "Se uccidono un ambasciatore immaginate che accade nei villaggi..."

Monsignor Muyengo parla di Luca Attanasio: "Amava molto il Congo e i congolesi. Si trovava nel Nord Kivu per una missione umanitaria, era un uomo di pace e di grande amicizia"

Il vescovo congolese Muyengo
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25 Febbraio 2021 - 10.44


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Una situazione difficile quella che sta vivendo il Congo, un paese in mano alle milizie militari.

Il vescovo di Uvira (Sud Kivu) in Repubblica democratica del Congo, Sebastien-Joseph Muyengo, ha parlato delle condizioni in cui versa il paese africano. “Se possono uccidere un diplomatico di questo rango in quel modo, pensate a quello che può accadere ai comuni abitanti dei villaggi”.

Il monsignore prosegue: “Quello che è successo il 22 febbraio a Goma, con l’assassinio dell’ambasciatore d’Italia Luca Attanasio e il carabiniere che lo accompagnava, non fa che confermare quanto diciamo da tempo: qui regna la totale insicurezza”, dice il presule a Fides, agenzia delal congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei popoli (Propaganda fide).

“Se possono uccidere un diplomatico di questo rango in quel modo, pensate a quello che può accadere ai comuni abitanti dei villaggi. A quanto pare gli aggressori parlavano kinyarwanda (un idioma utilizzato prevalentemente da ruandesi, ndr). Quando lo denunciamo, siamo chiamati xenofobi, estremisti. E dov’erano intanto i caschi blu Onu (Monusco) e l`esercito regolare (Fardc)? L’ambasciatore era un amico che avevo conosciuto grazie ai padri Saveriani. Amava molto il Congo e i congolesi. Si trovava nel Nord Kivu per una missione umanitaria, era un uomo di pace e di grande amicizia. Possa la sua anima riposare in pace”.

SkaVengo da Butembo per le visite ai nostri Seminari interdiocesani. La situazione, dopo la visita dei Vescovi di Aceac (Assemblea delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale), che hanno incontrato molti interlocutori tra i quali i leader delle milizie armate, i leader dell’esercito nazionale, alcuni leader politici e amministrativi, aveva suscitato qualche flebile speranza. Ma quanto è successo è terribile”, afferma mons. Muyengo. “Dietro a tutte queste guerre in Ituri, nel Nord e nel Sud Kivu, negli altopiani d’Uvira, Fizi e Mwenga, in realtà, c`è il tentativo di accaparramento di terre appartenenti da sempre a popolazioni indigene, per opera di gruppi stranieri provenienti da Uganda, Ruanda e Burundi. Uccidono persone nei villaggi per costringerle a fuggire altrove e poi occupare la loro terra”.

Il Congo, baciato da infinite risorse naturali e minerarie, potrebbe prosperare per quanto produce, ma da secoli la sua ricchezza è motivo di conflittualità: “La ricerca delle risorse naturali (minerali, legname, ecc.) – rileva mons. Muyengo – crea grande instabilità. Sono risorse ambite dai paesi vicini così come dalle multinazionali che non hanno interesse a vedere queste regioni stabilizzate. C’è poi lo spettro della balcanizzazione. Alcune potenze occidentali, così come africane, vogliono utilizzare tutti questi conflitti per favorire il caos e dividere il paese, un po` come è successo ai tempi dell`indipendenza (giugno 1960, ndr.) con la secessione di alcune province come Katanga, Kasai, Kivu”.

“Nella diocesi di Butembo-Beni – conclude il Presule – sono stati spesso rapiti sacerdoti, parroci, religiosi, altri sono stati uccisi. E non mancano aggressioni nelle chiese e nei conventi al fine di rubare veicoli, motociclette, cibo, soldi. La Chiesa, però, non ha altro mezzo che il Vangelo, la chiamata alla riconciliazione, alla pace. Da noi, nel Sud Kivu, in ogni occasione che ci offre il calendario liturgico o pastorale – la Giornata della pace, la settimana ecumenica, le giornate diocesane della gioventù, i campi estivi – sensibilizziamo tutti alla pace. A volte incontriamo i gruppi armati e cechiamo di aprire una via di dialogo. Spesso organizziamo raccolte di denaro, vestiti, medicinali e mezzi di sussistenza per aiutare le popolazioni sfollate, ma il problema è anche la povertà dei nostri fedeli. Facciamo del nostro meglio nella formazione delle coscienze, nella carità, nella preghiera”.

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