Reinsediamenti dei migranti: il lockdown della solidarietà
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Reinsediamenti dei migranti: il lockdown della solidarietà

Secondi i dati più aggiornati dell’Unhcr, tra gennaio e la fine di settembre di quest’anno sono stati reinsediati solo 15.425 rifugiati rispetto ai 50.086 registrati nell’arco dello stesso periodo nel 2019.

Bambini di famiglie richiedenti asilo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Novembre 2020 - 15.22


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Altro che inclusione, solidarietà, apertura. Tutte chiacchiere. Perché la realtà è un’altra. Il numero di reinsediamenti di rifugiati realizzato nel 2020 sarà tra i più bassi mai registrati, ha avvertito oggi l’Unhcr, Agenzia Onu per i Rifugiati.

“In primo luogo, siamo partiti con un tetto prestabilito deludentemente basso di meno di 50.000 posti per il reinsediamento per l’intero anno. Tale disponibilità, inoltre, ha risentito ulteriormente dell’impatto del Covid-19, che ha portato a ritardare le partenze previste e a sospendere i programmi di reinsediamento di alcuni Stati”, rimarca l’Assistente Alto Commissario Unhcr per la Protezione, Gillian Triggs.

Secondi i dati più aggiornati in possesso dell’Unhcr, tra gennaio e la fine di settembre di quest’anno sono stati reinsediati solo 15.425 rifugiati rispetto ai 50.086 registrati nell’arco dello stesso periodo nel 2019.

“I tassi attuali indicano che siamo in presenza di uno dei livelli di reinsediamento tra i più bassi mai registrati in quasi due decenni. È un duro colpo per la protezione dei rifugiati e per le capacità di salvare vite umane e tutelare quanti sono più a rischio”,  afferma Triggs. L’Unhcr esorta gli Stati a reinsediare il più elevato numero possibile di rifugiati nel 2020, affinché non si perda tale opportunità, e a mantenere le quote di reinsediamento per il 2021.

Alcuni Paesi hanno sviluppato o ampliato le proprie capacità di applicare modalità flessibili di disamina dei casi e stanno garantendo una gestione sicura dei viaggi di reinsediamento in linea con i protocolli raccomandati. L’unhcr esorta anche gli altri Paesi a fare altrettanto.

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“Ampliare i canali sicuri e regolari per ottenere protezione, anche attraverso il reinsediamento, permette di salvare la vita dei rifugiati, mitigandone inoltre il bisogno di ricorrere a viaggi pericolosi via terra o via mare”, incalza Triggs.

Allarme rosso

L’impatto del Covid-19 ha portato a sospendere le evacuazioni salvavita di rifugiati dalla Libia il 12 marzo, e solo dal 15 ottobre è stato possibile riprendere i voli. Circa 280 rifugiati precedentemente trasferiti nelle strutture di transito di emergenza in Niger e in Ruanda sono attualmente in attesa di partire per i propri Paesi di reinsediamento, mentre altre 354 persone attendono le decisioni dei Paesi presso cui potrebbero essere reinsediati.

È incoraggiante, tuttavia, rilevare – prosegue la nota – come diversi Paesi di reinsediamento abbiano dato priorità alle partenze dal Libano una volta revocate le misure di confinamento, assicurando enorme sollievo a rifugiati che, per di più, avevano patito i traumi derivanti dalle devastanti esplosioni verificatesi al porto di Beirut. In tutto, sono 1.027 i rifugiati partiti dal Libano in direzione di nove Paesi di reinsediamento nei mesi di agosto e settembre.  

Nonostante l’impatto della pandemia di Covid-19, il personale dell’Unhcr impegnato nelle operazioni di reinsediamento ha continuato a lavorare per individuare ed esaminare nuovi casi durante l’intero anno, prendendo in carico i dossier di oltre 31.000 rifugiati.

Dei rifugiati reinsediati quest’anno, il numero maggiore è costituito da siriani (41 per cento), seguiti da congolesi (16 per cento). I restanti beneficiari sono originari di 47 Paesi, tra cui Iraq, Myanmar e Afghanistan. La maggior parte presentava esigenze di protezione legale e fisica, era costituita da persone sopravvissute a violenze o torture, oppure donne o minori a rischio.

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Uno degli obiettivi chiave del Global Compact sui Rifugiati è quello di assicurare migliore protezione ai rifugiati e sostegno ai Paesi che ne accolgono numeri elevati, anche mediante un incremento dei posti di reinsediamento e dei canali complementari. In tale spirito di condivisione globale di responsabilità nei confronti dei rifugiati, l’Unhcr esorta un numero ulteriore di Paesi a unirsi al programma affinché altri rifugiati possano essere reinsediati e a rendere loro più accessibili il ricongiungimento familiare e altri canali complementari.

Persecuzioni e conflitti non vanno in quarantena

“Nonostante la pandemia da Covid-19, persecuzioni e conflitti non si sono fermati e, in tutto il mondo, le persone continuano a dover fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza”, ha avvertito l’Alto commissario delle Nazioni Unite, Filippo Grandi, in occasione in occasione di un forum annuale sul reinsediamento, tenutosi lo scorso giugno. 

“Il reinsediamento non potrà mai rappresentare la soluzione per tutti i rifugiati del mondo, ma per i pochi che sono più a rischio può significare la differenza tra la vita e la morte”, ha rimarcato in quell’occasione Grandi.

Il reinsediamento, che prevede il ricollocamento dei rifugiati da un Paese di asilo a un Paese che ha accettato di ammetterli sul proprio territorio concedendo il diritto di potervisi stabilire in modo permanente, permette di proteggere coloro le cui vite potrebbero essere in pericolo o che sono portatori di esigenze particolari che non possono essere prese in carico nel Paese in cui hanno cercato protezione.

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Secondo l’Unhcr, i Paesi in via di sviluppo accolgono l’85 per cento dei rifugiati di tutto il mondo. Per regione di asilo, quella che comprende Africa orientale e Corno d’Africa continua a costituire la regione che presenta il numero di esigenze di reinsediamento piu’ elevato. Seguono Turchia, che accoglie 3,6 milioni di rifugiati, Medio Oriente e Nord Africa, Africa centrale e regione dei Grandi Laghi.

L’Agenzia Onu per i rifugiati ribadisce che condividere responsabilità e mostrare solidarietà ‘ nei confronti degli Stati che assicurano sostegno alle popolazioni di rifugiati di vaste dimensioni, incrementando le opportunità che consentono ai rifugiati di trasferirsi in Paesi terzi grazie al reinsediamento e a canali di ammissione complementari, quali ricongiungimento familiare e programmi per l’impiego e gli studi, costituisce uno degli obiettivi chiave del Global Compact sui Rifugiati.

 Rivolgo un appello a tutti i Paesi affinché si facciano avanti assicurando ulteriori contributi volti a sostenere i rifugiati più vulnerabili, per esempio partecipando a programmi di reinsediamento, corridoi umanitari e altri meccanismi di ammissione, nonché mediante accordi in materia di istruzione, lavoro e ricongiungimento familiare. Il bisogno di solidarietà non è stato mai urgente quanto ora”. Così Grandi aveva concluso il suo intervento. 

 Un bisogno di solidarietà rimasto inevaso.

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