Dall'Egitto nuovo schiaffo all'Italia: Zaky resta in carcere. E Conte abbozza
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Dall'Egitto nuovo schiaffo all'Italia: Zaky resta in carcere. E Conte abbozza

il “Faraone” al-Sisi se ne frega altamente dell’Italia, nonostante le continue genuflessioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Manifestazione per la liberazione di Patrick George Zaky
Manifestazione per la liberazione di Patrick George Zaky
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

13 Luglio 2020 - 14.20


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Come volevasi dimostrare e come Globalist aveva anticipato: il “Faraone” al-Sisi se ne frega altamente dell’Italia, nonostante le continue genuflessioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Ennesimo schiaffo in faccia

Il tribunale egiziano ha disposto il rinnovo della detenzione per 45 giorni di Patrick George Zaky, lo studente dell’Università di Bologna detenuto in Egitto da febbraio con l’accusa di propaganda sovversiva. Ne dà notizia la rete degli attivisti che, in contatto con i legali di Zaky, è in prima linea per chiederne la sua liberazione.

“Avevamo veramente sperato in un esito diverso, ma la notizia che arriva dal Cairo è ulteriormente choccante”, commenta il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury.  Una “decisione inumana, arbitraria che consegna Patrick alla prigione di Tora per un tempo lungo nel quale le autorità egiziane immaginano che noi dimenticheremo la sua sorte. Sbagliano, questo è certo”, aggiunge Noury. E a Globalist che gli chiede cosa si attende ora dal governo italiano, Noury risponde così: “Intanto di non considerare quello di Patrick un caspo di mala giustizia egiziana, che riguarda un cittadino egiziano e che risolve la giustizia egiziana. Patrick Zaky per diversi mesi è stato in Italia, studiato a Bologna, ha vissuto in quella città di cui è cittadino onorario e dunque la sua e anche una storia italiana”.

La portata di questa vicenda è racchiusa negli aggettivi usati dal portavoce di Amnesty International Italia. Una decisione “assurda, atroce, arbitraria e crudele”. E, aggiungiamo noi, vergognosa per l’Italia.

L’ennesimo schiaffo in faccia  dei tanti ricevuti dal duo Conte & Di Maio e “sparati” dal presidente-generale de Il Cairo.

La rabbia e l’indignazione montano sui social. Così come la richiesta al Governo italiano: alzare la voce, prendere tutte le misure necessarie per riportare Patrick in libertà e ottenere la piena verità sui fatti. Richiamare l’ambasciatore Cantini, ad esempio, e bloccare la vendita di armi all’Egitto. E c’è chi si chiede, twittando: “Come è possibile che nessuno nel nostro Paese perda la pazienza?”.

Se il riferimento è a chi ci governa, la risposta è desolatamente semplice: assenza di coraggio mascherata da realpolitik.

Due pesi due misure

Evidentemente sul “faraone” esercita più attrattiva ed influenza l’inquilino della Casa bianca: il presidente Usa Donald Trump. Uno studente medico americano detenuto senza processo in una prigione egiziana per quasi 500 giorni e’ stato liberato ed e’ tornato negli Stati Uniti. Lo ha reso noto il dipartimento di Stato americano. Il rilascio di Mohamed Amashah, cittadino con doppia cittadinanza Usa ed egiziana, segue mesi di pressione del governo Trump. Amashah era stato arrestato nel marzo 2019 mentre esibiva al Cairo in piazza Tahrir, epicentro della primavera araba del 2011, un cartello con la scritta “libertà per tutti i prigionieri politici”. “Diamo il benvenuto al rilascio del cittadino Usa Mohamed Amashah e ringraziamo l’Egitto per la sua cooperazione nel suo rimpatrio. Prima di imbarcarsi per tornare a casa, a New Jersey City, Amashah, 24 anni, ha rinunciato alla cittadinanza egiziana come condizione per la sua liberazione. Al pari di migliaia di prigionieri politici in Egitto, lo studente e’ stato tenuto in detenzione preventiva con l’accusa di aver “fatto un uso improprio dei social media” e di aver “aiutato un gruppo terroristico”, secondo Freedom Initiative group, che ha seguito il caso. In base alle ampie leggi anti terrorismo, i procuratori egiziani hanno usato spesso queste accuse vaghe per ottenere il rinnovo dei 15 giorni di detenzione pre-processuale per mesi o anni, spesso con scarse prove. Il fatto è che il potere contrattuale dell’Italia nei confronti del regime egiziano si avvicina allo zero. Dalla Libia al Mediterraneo orientale, a dare le carte è al-Sisi, al quale Conte e Di Maio attribuiscono il ruolo di “stabilizzatore” nel vicino oriente. Un ruolo assolutamente inventato visto che l’Egitto nella guerra in Libia è tra i piu attivi sostenitori del generale di Bengasi Khalifa Haftar, strenuo nemico del Governo di accordo nazionale guidato da Fayez al-Sarraj sostenuto dall’Italia. Su queste premesse è difficile attendersi “magnanimità” da un presidente che ha istaurato un vero e proprio stato di polizia, riempiendo le carceri di oltre sessanta mila presunti oppositori, facendone sparire oltre trentacinque mila.

Se fossimo un Paese serio avremmo scaricato questa compagnia di dilettanti allo sbaraglio a cui l’Italia ha affidato la politica estera e di difesa. Sfidando il ridicolo, l’improponibile ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha ribadito in ogni dove, sostenuto in questa improvvida narrazione dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che la vendita di due fregate Fremm all’Egitto era motivata da ragioni geopolitiche che riguardano soprattutto la Libia. L’ineffabile titolare della Farnesina e il premier iper mediatizzato hanno ripetuto anche in Parlamento che l’Egitto del presidente-gendarme Abdel Fattah al-Sisi, è un soggetto decisivo per la stabilizzazione della Libia.

“Stabilizzatore”, “partner essenziale nel Mediterraneo”, attore  decisivo per la pace in Medio Oriente: questo è per l’Italia Abdel Fattah al-Sisi. Cosa importa allora se questo “pacificatore” ha trasformato l’Egitto in uno Stato di polizia, dove ogni libertà di espressione è bandita, e chiunque osi criticare il regime viene considerato  un pericolo per la sicurezza nazionale e come tale “neutralizzato”. E per i “realisti” Conte e Di Maio cosa vuoi che contino le menzogne, i depistaggi, le omissioni, le provocatorie richieste che hanno caratterizzato l’atteggiamento delle autorità egiziane sul caso Regeni ? Patrick Zaky, cittadino onorario di Bologna, continua a marcire in una cella egiziana. Dei suoi diritti, delle sue sempre più precarie condizioni di salute a Palazzo Chigi e alla Farnesina sembrano fregarsene. Per loro è piu importante vendere fregate allo “stabilizzatore” del mediterraneo.

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