Armi all'Egitto, perché il "lodo Zingaretti" è destinato a fallire
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Armi all'Egitto, perché il "lodo Zingaretti" è destinato a fallire

L’intenzione è nobile, ma destinata al fallimento. Perché non c’è nulla che possa far sì che al Sisi faccia processare in Italia i funzionari sotto inchiesta per il sequestro e nell’omicidio di Giulio Regeni.

Nicola Zingaretti
Nicola Zingaretti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Giugno 2020 - 16.47


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Prima il processo, poi la vendita delle fregate Fremm di Fincantieri  all’Egitto.  E’ il lodo Zingaretti” per provare una improbabile quadratura del cerchio. Per non rischiare di vedere spezzati i legami con quell’universo solidale che è insorto contro la “vergogna del secolo”, la vendita di due fregate Fremm all’Egitto del presidente- gendarme Abdel Fatta al-Sisi, il segretario dem  ha cercato di salvare il salvabile con una proposta veicolata attraverso la Repubblica: “Caro direttore – scrive Zingaretti – la notizia di un incontro tra la procura di Roma e i magistrati della procura generale de Il Cairo fissata per il 1 luglio è di grande rilevanza. Conferma quanto il mantenimento di rapporti con l’Egitto sia utile per proseguire la ricerca della verità sul caso di Giulio Regeni. Nell’occasione dell’incontro però sarà di fondamentale importanza, tra le altre cose, ricevere dalle autorità egiziane il domicilio legale di coloro che la procura di Roma ha indagato dal dicembre 2018 per essere coinvolti nel sequestro e omicidio di Regeni. Non è un fatto tecnico”. Ora, che la notizia di uno dei tanti, e tutti infruttuosi, incontri tra la procura di Roma e i magistrati de Il Cairo, sia il segno di “quanto il mantenimento dei rapporti con l’Egitto sia utile” etc…, è, diciamo, un eccesso di ottimismo. Nello Stato di polizia egiziano, l’autonomia della magistratura c’è solo sulla carta. Carta straccia. Secondo il segretario del Pd “nell’occasione dell’incontro però sarà di fondamentale importanza, tra le altre cose, ricevere dalle autorità egiziane il domicilio legale di coloro che la Procura di Roma ha indagato dal dicembre 2018 per essere coinvolti nel sequestro e omicidio di Regeni. Non è un fatto tecnico. In uno stato di diritto quale è l’Italia l’avvio di un processo è legato alla possibilità degli imputati di difendersi e quindi in primo luogo di essere avvertiti”. Nella lettera Zingaretti sottolinea che il Partito democratico “non ha mai legato la vicenda delle fregate italiane alla Marina egiziana all’idea di un possibile osceno scambio tra vendita di armi e diritti umani, e bene ha fatto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a dare immediata disponibilità a riferire alla Commissione parlamentare d’inchiesta”. Zingaretti ha aggiunto: “Per questo ora il governo italiano deve essere coerente con l’affermata volontà di proseguire nella battaglia per la ricerca della verità. È di fondamentale importanza dunque che il governo con le figure preposte ai massimi livelli compia già dalle prossime ore, tutti i passi dovuti per ottenere dall’Egitto le condizioni elementari per avviare il processo e la possibilità di fare ulteriori passi in avanti nei rapporti bilaterali. Questo impegno è un atto dovuto e importante nei confronti di Giulio Regeni, della sua famiglia ma anche per la credibilità dell’Italia”

L’illusione di Roma

 L’intenzione è nobile, ma destinata al fallimento. Perché non c’è nulla, ma proprio nulla, che possa far sì che l’uomo del Cairo conceda all’Italia di poter processare coloro che la procura di Roma ha indagato come coinvolti nel sequestro e nell’omicidio di Giulio Regeni. Perché coloro che andrebbero alla sbarra fanno parte di quel sistema repressivo, funzionante h24, che è uno dei pilastri su cui si poggia il regime autocratico di al-Sisi.

Ma è proprio questo che anche nel Pd, tranne rare ed encomiabili eccezioni, si fa fatica non a capire, perché la comprensione c’è tutta, ma a dire un no secco alla vendita di armi a un tale regime. Sulla vicenda Regeni per noi la verità sulla sua morte viene prima di ogni cosa, viene prima degli accordi commerciali e della geopolitica: è una ferita nella coscienza nazionale che va rimarginata al più presto”, ha detto oggi in Aula della Camera Federico Fornaro, capogruppo di Leu (il partito del ministro della Salute, Roberto Speranza), intervenendo nel dibattito successivo all’informativa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in vista del Consiglio Ue di venerdì.

Il caso vuole, che il “lodo Zingaretti” cada nel giorno stesso in cui dal Cairo arriva la notizia che è stata rinnovata per altre due settimane la custodia cautelare in carcere di Patrick George Zaky, lo studente egiziano dell’università di Bologna detenuto da oltre quattro mesi a Il Cairo con l’accusa di propaganda sovversiva su Facebook. Lo ha fatto sapere il suo legale, non fornendo ulteriori dettagli. E tutto cio, il giorno dopo la terribile notizia del suicidio dell’attivista egiziana per i diritti Lgbt Sarah Hijazi, arrestata, ripetutamente torturatapicchiata, stuprata, come spesso accade agli attivisti in Egitto. Sarah non ha retto al dolore di quella esperienza, e ha cercato la pace nella morte.

Come documentato da Globalist, nello Stato di polizia di al-Sisi si contano, in difetto, oltre 43mila desaparecidos, molti di più di quanti sono scomparsi ai tempi, nefasti, in cui a comandare in Argentina erano i generali. Chiedere al capo dei carnefici di Stato di scaricare alcuni dei suoi esecutori, è una mera illusione. Peggio, un espediente per salvarsi la coscienza.

 

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