L'Italia arma il carnefice di Regeni e la famiglia di Giulio contro il Governo: "Ci avete tradito"
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L'Italia arma il carnefice di Regeni e la famiglia di Giulio contro il Governo: "Ci avete tradito"

Dopo il via libera dell’Italia alla vendita di due fregate Fremm al Cairo cresce la polemica: "Le useranno per perpetuare le violazioni dei diritti umani contro le quali abbiamo sempre combattuto”.

Regeni, Gentiloni sull'Egitto: senza svolta reagiremo
Regeni, Gentiloni sull'Egitto: senza svolta reagiremo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Giugno 2020 - 16.24


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Traditi. Da un Governo che a chiacchiere chiede verità e giustizia per un giovane massacrato dai torturatori del “Faraone”, e che poi a quel regime di torturatori vende armi e strumenti di morte.

Dicono di sentirsi traditi. Ma pure offesi e indignati per l’utilizzo continuo che si fa del nome del loro figlio, ucciso in Egitto il 3 febbraio del 2016. Nel day after della via libera dell’Italia alla vendita di due fregate Fremm al Cairo, i genitori di Giulio Regeni fanno sentire la loro voce. “Ci sentiamo traditi. Ma anche offesi e indignati dall’uso che si fa di Giulio”, dicono a Repubblica Paola e Claudio Regeni, insieme al loro avvocato, Alessandra Ballerini. “Le navi e le armi che venderemo – continuano – all’Egitto serviranno per perpetuare quelle violazioni dei diritti umani contro le quali abbiamo sempre combattuto”.

Vergogna realizzata

Brucia troppo l’accordo commerciale sbloccato domenica da una telefonata tra il premier Giuseppe Conte e il presidente egiziano al- Sisi. Anche perché comunicando quella telefonata il presidente del consiglio ha detto di aver “ribadito” al leader egiziano “la collaborazione giudiziaria nel caso Giulio Regeni”.

Anche per questo Conte sarà chiamato alla commissione Regeni.

“Ogni volta che si chiude un accordo commerciale con l’Egitto, ogni volta che si certifica che quello di al- Sisi è un governo amico, tirano in ballo il nome di Giulio come a volersi lavare la coscienza. No, così non ci stiamo più”, dicono i genitori del ricercatore dell’università di Cambridge, rapito il 25 gennaio del 2016 e trovato morto sulla strada del deserto tra Alessandria e il Cairo.

“E’ comprensibile lo sdegno della famiglia Regeni quando dice di sentirsi tradita dal Governo italiano”, scrive su facebook l’europarlamentare del Pd, Giuliano Pisapia. L’ex sindaco di Milano definisce la vendita delle due fregate come l’ennesimo “errore e l’ennesima occasione persa. Gli italiani sono stanchi delle innumerevoli promesse non rispettate dalle autorità egiziane. Vale per Giulio Regeni, vale per Zaki”.

Più volte l esecutivo ha rassicurato la famiglia Regeni di voler fare luce sull’omicidio di Giulio. A ottobre è stata costituita una commissione parlamentare d’inchiesta, mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio dichiarava: “È arrivato il momento di cambiare passo e atteggiamento nei rapporti con l’Egitto. Lo stallo con l’Egitto non è più tollerabile. Per noi la verità  sull’omicidio di Giulio è una priorità  che non può subire alcuna deroga”.

“E invece ora questo governo ci ha traditi“, dicono i familiari del giovane originario di Fiumicello. Otto mesi dopo le parole di Di Maio, infatti, ecco arrivare il via libera alla vendita delle due navi della Marina Militare: la Spartaco Schergat e la “Emilio Bianchi, per un valore stimato di circa 1,2 miliardi di euro. “Le navi e le armi che venderemo all’Egitto serviranno per perpetuare quelle violazioni dei diritti umani contro le quali abbiamo sempre combattuto”, continuano Paola e Claudio Regeni insieme al loro legale.

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L’avvocato Ballerini è sempre stata in prima linea nelle tutela dei diritti umani nel Paese africano. Uno dei suoi consulenti, Mohammed Abdallah, è stato arrestato e tenuto in carcere per diversi mesi in Egitto. Lo stesso Paese che continua a trattenere in carcere, ormai da quasi 4 mesi e senza un regolare processo, lo studente egiziano dell’università di Bologna, Patrick George Zaki. “Lo abbiamo detto dal principio – dicono i genitori e l’avvocato di Regeni – la nostra battaglia non è soltanto per Giulio ma per tutti i Giulio di Egitto. Ora però, è stato raggiunto il limite. Non ci presteremo mai più a nessuna presa in giro da parte degli esponenti di questo governo”.

L’affare concluso fa parte di una commessa ancora più ampia che, come riportato in più articolo da Globalist,  dovrebbe comprendere anche altre 4 fregate, 20 pattugliatori d’altura di Fincantieri, 24 caccia Eurofighter Typhoon e 20 velivolida addestramento M346 di Leonardo, più un satellite da osservazione, per un valore totale fra i 9 e gli 11 miliardi di euro. L’accordo tra Roma e Il Cairo sulle prime due fregate è stato riferito all’Ansa da fonti qualificate vicine al dossier e sarebbe arrivato in seguito alla telefonata tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente-generale  egiziano 

Vergogna compiuta

Le stesse fonti riferiscono che la decisione sarebbe stata già condivisa con i vertici di Fincantieri, che era in trattativa con Il Cairo e attendeva appunto l’autorizzazione all’esportazione delle due navi. Leu – fanno sapere dal partito – si è espressa in maniera contraria alla vendita delle fregate. Nonostante il regime autoritario continui a non collaborare con i magistrati italiani nella ricerca della verità sull’uccisione del ricercatore universitario Giulio Regeni, l’Egitto resta il principale destinatario dell’export di armi italiano. Lo confermano i dati relativi al 2019: già da un anno il Cairo è il miglior cliente dell’industria bellica italiana con 871 milioni di euro..L’allarme in merito ai nuovi affari tra Roma e il Cairo era stato lanciato solo pochi giorni fa con la campagna ‘Banche Armate’ che chiede alle banche di non finanziare “le aziende che vendono armamenti ad al-Sisi”. Le tre riviste promotrici, Missione Oggi dei missionari Saveriani, Nigrizia deimissionari Comboniani e Mosaico di Pace del movimento Pax Christi, ponevano l’attenzione su quello che viene definito il contratto del secolo”, “un contratto per forniture militari del valore complessivo di 9 miliardi di dollari, il maggiore mai rilasciato dall’Italia dal dopoguerra”.

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Per di più destinato proprio all’Egitto, Paese che continua a mostrare, dalla presa del potere del presidente Abdel Fattah al-Sisi, sistematiche violazioni dei diritti umani, incarcerazioni arbitrarie, repressione del dissenso e persecuzione degli oppositori politici.

Per quanto riguarda i rapporti con l’Italia, Il Cairo non ha mai fornito risposte e un vero sostegno nella ricerca di verità per l’uccisione di Giulio Regeni e continua a trattenere in carcere, ormai da quasi 4 mesi e senza un regolare processo, lo studente egiziano dell’università di Bologna, Patrick George Zaki. Il nome di Regeni non appare nemmeno nel comunicato della presidenza egiziana con cui domenica è stata data notizia della telefonata tra Conte e al-Sisi.

“Con una sola mossa (l’acquisto di sistemi militari italiani) – rimarca su Osservatoriodiritti, Giorgio Beretta, tra i più acuti analisti, in campo pacifista, di spese militari – il presidente al Sisi mira non solo a fare tabula rasa delle rimostranze per la gestione del caso Regeni, ma soprattutto intende accreditarsi agli occhi dell’Italia come un partner affidabile e rispettoso dei diritti umani: quale Paese venderebbe mai un intero arsenale militare ad un autocrate che permette l’assassinio di un suo cittadino? Tanto più quanto questo Paese ha tra le sue leggi quella che vieta espressamente di esportare armi a nazioni “i cui governi sono responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani?”.

Da tempo l’Egitto si sta riarmando. Il Paese è al centro di una regione instabile. Le sue forze armate devono far fronte alle minacce del terrorismo, soprattutto nel Sinai; alle tensioni nella vicina Libia, dove da anni si combatte una feroce guerra civile; alle mai sopite tensioni con l’Etiopia, con al centro la controversia legata alla Grande diga del Millennio e alla possibile riduzione della portata del Nilo. In Egitto è però in corso anche una durissima repressione interna. Dopo il colpo di Stato che nel 2013 ha portato al potere il generale al-Sisi, si è assistito a un’azione durissima contro tutte le forze di opposizione, in particolare della Fratellanza Musulmana, partito molto forte che minaccia e ha minacciato il potere dei militari (di cui il presidente è espressione). Ciò ha comportato numerose violazioni dei diritti umani. Il caso Regeni e quello di Zaky ne sono due esempi eclatanti che toccano da vicino il nostro Paese.

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“In appena quattro anni il valore dell’export militare italiano verso il regime di al-Sisi è centuplicato. Tra le vendite che spiegano l’ultimo valore – rimarca Francesco Vignarca di Rete Disarmo –  ci sono 32 elicotteri: Lo scrive la stessa Presidenza del Consiglio. Di questi 24 sarebbero Aw149 e il resto Aw189, elicotteri per operazioni di search&rescue, ma che possono anche trasportare truppe ed essere armati. Se sono per uso civile, allora perché chiedere l’autorizzazione militare?”.

Stato di polizia

Elicotteri, fregate, armi leggere. Destinati a uno Stato di polizia in cui  i “desaparecidos” si contano ormai a migliaia. E più della metà dei detenuti nelle carceri lo sono per motivi politici. Per contenerli, il governo ha dovuto costruire 19 nuove strutture carcerarie. Il generale-presidente esercita un potere che si ramifica in tutta la società attraverso l’esercito, la polizia, le bande paramilitari e i servizi segreti, i famigerati Mukhabarat, quasi sempre più di uno. Al-Sisi si pone all’apice di un triangolo, quello dello Stato-ombra: esercito, Ministero degli Interni (e l’Nsa, la National Security Agenc.) e Gis (General Intelligence Service, i servizi segreti esterni).  Se lo standard di sicurezza si misurasse sul numero degli oppositori incarcerati, l’Egitto di al-Sisi I° sarebbe tra i Paesi più sicuri al mondo: recenti rapporti delle più autorevoli organizzazioni internazionali per i diritti umani, da Human Rights Watch ad Amnesty International, calcolano in oltre  60mila i detenuti politici (un numero pari all’intera popolazione carceraria italiana): membri dei fuorilegge Fratelli musulmani, ma anche blogger, attivisti per i diritti umani, avvocati…Tutti accusati di attentare alla sicurezza dello Stato. Lo Stato di polizia all’ombra delle Piramidi.

Uno Stato a cui l’Italia vende armi per miliardi di euro. Sporchi di sangue. Anche quello di Giulio Regeni.

PS. Dalle fila del Movimento5Stelle non si è levata una voce critica dopo il via libera alla vendita delle due fregate Fremm. Né dopo il j’accuse dei genitori di Giulio. Potenza del “poltronismo” che smacchia ogni vergogna. E prova perdite di memoria: vero, presidente Figo? Di Di Maio e Conte è meglio stendere un velo pietoso: come una celebre battuta di Robert De Niro in un memorabile film su Al Capoe: “Solo chiacchiere e distintivo”.

 

 

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