L'appello di 70 parlamentari: "L'Italia condanni l'annessione israeliana". Ashrawi: "Il governo li ascolti"
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L'appello di 70 parlamentari: "L'Italia condanni l'annessione israeliana". Ashrawi: "Il governo li ascolti"

Attraverso Globalist, Hanan Ashrawi e Saeb Erekat avevano lanciato un appello al Governo italiano perché, anche in ambito Ue, prendesse posizione. Ora deputati e senatori hanno scritto una lettera a Conte.

Militari israeliani
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

22 Maggio 2020 - 19.17


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Attraverso Globalist, Hanan Ashrawi e Saeb Erekat, due tra i più autorevoli dirigenti palestinesi, hanno lanciato un appello al Governo italiano perché, anche in ambito Ue, prendesse posizione rispetto al piano di annessione da arte d’Israele della Valle del Giordano e di una parte della Cisgiordania.

Il loro appello non è caduto nel vuoto. Qualcosa a Roma si è mosso. Qualcosa di importante. Settanta parlamentari del centrosinistra e del M5S hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte chiedendogli di “condannare” lo Stato di Israele per l’annessione di alcuni territori della Cisgiordania.

Le deputate e i deputati che hanno sottoscritto la lettera chiedono al premier “non soltanto di condannare nel modo più esplicito la prospettiva del Governo israeliano, ma anche di adoperarsi attivamente, prima della data dell’1 luglio, in tutte le sedi europee e internazionali, per scongiurarne la realizzazione. Le cui conseguenze potrebbero essere devastanti per l’intera regione”.
“Il 20 aprile scorso – scrivono i parlamentari – Benjamin Netanyahu e Benny Gantz hanno raggiunto un’intesa per varare in Israele un ‘governo di emergenza’, entrato ufficialmente in carica il 17 maggio, che nel suo programma contiene il progetto, ispirato dal Presidente americano Donald Trump, da sottoporre alla Knesset il prossimo 1 luglio, di annessione di alcuni territori della Cisgiordania”.

“Numerose sono state le reazioni critiche verso questa decisione – ricordano i deputati. dal segretario generale dell’Onu António Guterres all’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell, anche a seguito della riunione del Consiglio Affari Esteri della UE del 15 maggio, dalla Lega Araba a diversi governi europei, compreso il nostro, attraverso il ministero degli Affari esteri, tutti hanno ribadito due questioni fondamentali: che tale decisione è in aperta  violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite e che essa, qualora realizzata, porrebbe una pietra tombale su ogni rilancio del processo di pace in Medio Oriente e sulla prospettiva di due popoli e due Stati che convivano in pace e sicurezza reciproca”. “È intervenuto anche l’ex Presidente della Knesset Avraham Burg – sottolineano  – lanciando un appello ai parlamentari degli Stati europei e ribadendo che l’acquisizione di territori mediante l’uso della forza è esplicitamente vietata dal diritto internazionale”.
“Nella stessa direzione – concludono – si sono espressi parlamentari di diversi Paesi europei, come un folto gruppo di parlamentari britannici di maggioranza e di opposizione che hanno indirizzato una lettera aperta al primo ministro Boris Johnson”.

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Sostegno al dialogo

E’ una presa di posizione importante, in un passaggio drammatico per il processo di pace- dice in esclusiva a Globalist Hanan Ashrawi, più volte ministra dell’Autorità nazionale palestinese ed oggi membro dell’esecutivo dell’Olp -. Il piano di annessione israeliano che dovrebbe prendere avvio il prossimo 1° luglio sancisce la morte del dialogo e della soluzione a due Stati, istituzionalizzerebbe il regime di apartheid in Cisgiordania, farebbe carta straccia delle risoluzioni Onu e della legalità internazionale. In questo scenario – prosegue Ashrawi – è di fondamentale importanza la presa di posizione dell’Europa e dei singoli Governi. La presa di posizione dei parlamentari italiani va in questa direzione. E’ un messaggio di speranza per quanti, in Palestina, continuano a battersi per una pace giusta, tra pari”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è l’Israele del dialogo, che ha in Tamar Zandberg, parlamentare del Meretz, la sinistra pacifista israeliana, una delle figure più rappresentative. “I firmatari di questa risoluzione – dice a Globalist – si sono mostrati amici d’Israele, perché sostenitori di una pace che contempli due diritti egualmente fondati: il diritto alla sicurezza d’Israele e il diritto dei palestinesi ad uno Stato indipendente. Lo abbiamo sempre sostenuto: pace e occupazione dei Territori palestinesi sono tra loro inconciliabili. Benny Gantz – prosegue la parlamentare israeliana – ha ceduto alla destra radicale, che ha sempre fatto dell’annessione un caposaldo non solo politico ma anche ideologico della sua azione. Chi in Italia e in Europa condanna questa politica si comporta da vero amico d’Israele, perché gli amici, quelli veri, non assecondano scelte pericolose ma provano ad aiutarti a non metterle in pratica”.

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Ora la palla passa nel campo del Governo. Al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, vorremmo ricordare quanto segue: “Quello che diciamo facciamo: se il M5S arriverà al governo, riconosceremo lo Stato di Palestina». Ad affermarlo è lui stesso, in un incontro con i giornalisti italiani ad Hebron nella sede del Tiph (Temporary international presence in Hebron) di cui fa parte un contingente italiano di carabinieri. “È un indirizzo politico – ha spiegato Di Maio che si trovava in visita in Israele e Palestina a capo di una delegazione pentastellata – che avevamo all’opposizione e che quindi avremo anche in maggioranza”. Era il 9 luglio 2016.
“Un riconoscimento che ovviamente – ha aggiunto il capogruppo in commissione affari esteri alla Camera Manlio Di Stefano, oggi sottosegretario agli Esteri –  – si deve basare sui confini del ’67 e che deve comportare anche il ritiro dal Golan. È quello che diremo agli israeliani”. Il tema, raccontano le cronache di quei giorni,  è stato affrontato anche nell’incontro con il sindaco di Betlemme Vera Bahboun. Secondo Di Maio, il riconoscimento avrebbe un effetto trascinamento sulle altre nazioni europee. “Perché è la Ue – ha aggiunto – che deve avere un peso fondamentale nella questione, visto anche gli attori abituali si sono usurati”. Ed ancora: “
Come già ricordato tante volte, le colonie israeliane in territorio palestinese sono illegali secondo tutta la comunità internazionale e dunque ostacolo alla pace. Ce lo ha ricordato l’Onu con numerose risoluzioni. Questo è un elemento fondamentale se si vuole la pace in questa terra martoriata”. Non basta? “Abbiamo avuto modo di far visita ai nostri carabinieri della missione Tiph a Hebron – continuava l’allora vicepresidente della Camera – . Qui abbiamo ascoltato le parole del responsabile della missione e dei vertici del contingente italiano. Ci hanno spiegato come circa l’80% dei conflitti nella zona siano dovuti ai comportamenti dei coloni israeliani”.

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Parole sacrosante. Senza memoria non c’è futuro. Ora Di Maio è ministro degli Esteri, è da tempo al Governo. “Quello che diciamo, facciamo…”. E’ tempo di dimostrarlo, signor Ministro. A sollecitarlo sono 70 parlamentari. Li ascolti.

 

 

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