Israele non volta le spalle a "King Bibi" Netanyahu e resta a destra
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Israele non volta le spalle a "King Bibi" Netanyahu e resta a destra

Questa volta Netanyahu avrebbe una posizione di maggiore forza per guidare una qualsiasi coalizione, e con i partiti di destra sfiorerebbe i 61 seggi che sono la maggioranza alla Knesset.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Marzo 2020 - 21.19


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E’ sopravvissuto. Israele non ha voltato le spalle a “King Bibi”. Lo davano per spacciato, finito. Ma il primo ministro più longevo nella storia dello Stato ebraico è ancora in sella. Secondo i primi exit poll, Benjamin Netanyahu ha vinto le elezioni. I primi exit poll appena diffusi da Canale 12 prevedono un buon vantaggio di Netanyahu (34/37 deputati) mentre il suo sfidante, Benny Gantz, leader del partito centrista Kahol Lavan (Blu Bianco) si fermerebbe a 33. Questa volta Netanyahu avrebbe una posizione di maggiore forza per guidare una qualsiasi coalizione, e con i partiti di destra sfiorerebbe i 61 seggi che sono la maggioranza alla Knesset. Gli altri partiti avrebbero questi risultati: Lista unita (araba) 14Labor/Meretz (sinistra) 6) Shas (destra religiosa) 9;
UTJ  (ultraortodossi) 8;
Yamina (estrema destra) 6;
Yisrael Beiteinu  (Lieberman) 8.
Affluenza record
Un altro sondaggio, quello di Canale 13, darebbe risultati simili: 60 seggi (sui 61 necessari per la maggioranza) alla coalizione guidata da Netanyahu.  Se i risultati definitivi confermeranno il dato sarebbe una vittoria clamorosa per il primo ministro israeliano che già adesso ha governato più di ogni altro. La maggioranza di centrodestra gli garantirebbe anche uno scudo contro il processo per corruzione che dovrebbe vedere la prima udienza il prossimo 17 marzo. Le terze elezioni in meno di un anno sono state segnate dall’affluenza più alta dal 1999, che alle 20 vedeva la partecipazione del 65,5 per cento dell’elettorato. In un primo tempo sembrava un dato a favore del centrosinistra, con una forte partecipazione degli elettori arabi. Ma in realtà ha influito molto anche il coronavirus, che ha scoraggiato i viaggi all’estero e convinto molti elettori del centrodestra ad andare alle urne. Il blocco di centrosinistra, considerando anche la Lista unita araba, si fermerebbe, secondo i tre exit poll, fra i 52 e i 54 seggi, mentre il partito della destra laica dell’ex ministro Avigdor Lieberman, Israeli Beiteinu, è dato a 6-8 seggi. A Netanyahu, se i dati rimarranno così, mancherà però un seggio per avere una maggioranza effettiva. Ma è destinato a conquistare senza dubbio un nuovo mandato per formare il governo e cercherà di convincere qualcuno, in nome della stabilità di Israele, dopo uno stallo di undici mesi.
Intramontabile
“Le elezioni a ripetizione – annota Aluf Benn, direttore di Haaretz, il giornale progressista di Tel Aviv – sono un meccanismo che Netanyahu usa per rimanere al governo in maniera indefinita, con il parlamento che dovrebbe fare da contrappeso del tutto fuori gioco”. E ancora: “La cosa più probabile è che rimanga al potere, e se ottiene i 61 seggi (necessari per la maggioranza in Parlamento e per fare un nuovo governo, ndr) potrebbe cercare di deragliare i suoi processi. “Come? Nominando un nuovo procuratore generale dello Stato di fiducia, che potrebbe ordinare l’interruzione dei processi, spiega Benn. Per farlo servono però anche delle leggi che svuotino di potere la Corte Suprema, che per legge dovrebbe convalidare l’intervento del procuratore.  
“Spero che da oggi cominci un processo di guarigione e che possiamo cominciare a vivere insieme uno accanto all’altro”, aveva affermato Benny Gantz, , dopo aver votato insieme alla moglie nel seggio di Rosh Ayin nel centro di Israele. “Negli ultimi giorni siamo stati sottoposti a bugie, registrazioni e a un sistema che ha cercato di metterci l’un contro l’altro”, ha poi aggiunto augurandosi che il voto sconfigga Netanyahu e il Paese cambi “registro” dopo uno stallo politico prolungato. Mentre Netanyahu ha fatto appello agli israeliani ad andare a votare e a non avere paura del coronavirus. “Faccio appello a tutti di recarsi a votare. E’ un grande diritto democratico e dobbiamo esserne fieri. Andate con orgoglio e nella sicurezza. Dico questo – ha affermato dopo aver votato nel seggio a Gerusalemme – perché facciamo tutto il dovuto per avere cura della questione della salute e del coronavirus. Non avete nulla da temere. Solo una cosa, non prestate ascolto alle fake news e ai tentativi di impedirvi di votare”.
Nei prossimi giorni il presidente Reuven Rivlin darà il via ai colloqui con i capi di partito e ascolterà le loro preferenze per decidere a chi affidare il mandato per provare a mettere insieme la coalizione. Per ora ha espresso la “vergogna” verso i cittadini israeliani: “Di norma questo dovrebbe essere un giorno lieto, non provo alcun senso di festa. Non ci meritiamo un’altra campagna elettorale terribile e sporca come quella appena conclusasi”.  Sono stati due audio registrati in segreto e fatti arrivare ai telegiornali a segnare il finale verso il basso della sfida. In uno è possibile ascoltare un consigliere di Benny Gantz mentre si confida con un rabbino e sostiene che l’ex capo di Stato Maggiore “è inadatto a guidare la nazione” perché non avrebbe il coraggio di bombardare l’Iran. Nel secondo uno dei fedelissimi di Netanyahu insulta quella che è la base elettorale più forte e devota del premier in carica e del suo Likud. “Quello che li unisce è l’odio per tutto” dice Nathan Eshel dei mizrahim e lascia capire che agli ebrei immigrati dai Paesi arabi non importi delle accuse di corruzione contro Netanyahu: “Non capiscono l’idea che si entri in politica per fare il bene dello Stato”.
Nella terza elezione in meno di un anno, fatto mai accaduto nella giovane storia di Israele, si aggiungono altri due fatti senza precedenti: è il primo voto che si svolge sotto l’emergenza del coronavirus (sono stati allestiti seggi speciali in tendoni sanitari trasparenti e sigillati per i 5.600 elettori messi in quarantena). Ed è la prima volta che uno dei due aspiranti primi ministri, in questo caso il premier uscente Benjamin Netanyahu, corre con una formale incriminazione per corruzione sul capo. Anche se vincerà, come sembra dagli exit poll, il prossimo 17 marzo dovrà comunque presentarsi in Tribunale per la prima udienza del processo contro di lui. Altra novità: è probabilmente la prima elezione in cui, se un candidato dovesse vincere (in questo caso Netanyahu), è in palio l’annessione ad Israele di gran parte delle colonie israeliane in Cisgiordania, nel cuore dei Territori Palestinesi. Se avvenisse, sarebbe la pietra tombale su qualunque futuro processo di pace tra israeliani e palestinesi. Israele si prepara ad una lunga notte elettorale. Ma al quartier generale di “King Bibi” si respira aria di festa. A risultati non ancora definitivi Netanyahu ringrazia su Facebook gli elettori. “E’ una enorme vittoria per Israele”, il suo primo commento. Poi telefona agli altri leader della coalizione: chiede un incontro già domani mattina per esaminare i prossimi passi. Hanno concordato – hanno fatto sapere dal Likud – nella formazione di “un forte governo nazionale” quanto più rapidamente possibile. Il “Re” è ancora sul “trono”.

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