Mediterranea svela gli audio tra la Guardia costiera libica e quella italiana
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Mediterranea svela gli audio tra la Guardia costiera libica e quella italiana

Gli italiani impiegheranno quasi due minuti a trovare l’ufficiale libico che non risponde e quasi un quarto d’ora a comunicare -chiamando poi un interprete arabo - le coordinate del gommone.

La Mare Jonio
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18 Aprile 2019 - 13.06


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Alle 13.25 del 17 marzo scorso arriva a Tripoli una chiamata dal coordinamento di Roma che deve “girare” ai colleghi libici l’sos del gommone in avaria con a bordo 48 migranti in imminente pericolo di vita. Per la legge, al centralino di Tripoli dovrebbe rispondere 24 ore al giorno un ufficiale della guardia costiera locale in grado di parlare l’inglese. Gli italiani impiegheranno quasi due minuti a trovare l’ufficiale e quasi un quarto d’ora a comunicare – chiamando poi un interprete arabo – le coordinate del gommone.
“Siamo in presenza di un disegno eversivo da parte del ministro dell’Interno che costituisce un pericolo per la tenuta democratica del nostro Paese”. Sono le parole pronunciate dall sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che in conferenza stampa con Mediterranea saving humans, ha commentato le ultime direttive del Viminale in materia di immigrazione. E gli audio tra l’Mrcc di Roma e la Guardia costiera libica diffusi oggi dall’ong Mediterranea. Secondo Orlando “siamo di fronte a un metodo che stravolge le competenze istituzionali, un percorso eversivo che dovrà essere affrontato dalla Corte europea dei diritti umani”.

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In particolare, l’audio esclusivo sulle comunicazioni tra l’Italia e la Guardia costiera libica riguarda le registrazioni di alcune telefonate intercorse tra il 18 e il 19 marzo, tra il comando generale delle Capitanerie di porto – sala operativa di Roma (IMRCC), una nave militare italiana, di stanza a Tripoli, impegnata nella missione bilaterale tra Italia e Libia denominata “Nauras” (supporto logistico e manutentivo), e la Guardia costiera libica. “Il contenuto di queste telefonate – spiega l’ong – impone a tutti una seria riflessione e apre interrogativi sul ruolo effettivamente svolto dal nostro paese nel Mediterraneo centrale in tema di gestione della ricerca e soccorso in mare”.

La portavoce dell’ong Alessandra Sciurba ricorda che quel giorno vennero salvate dalla Mare Jonio 50 persone che erano in gran parte già state catturate e riportate in Libia diverse volte. “Un ragazzo era stato riportato indietro 5 volte, siamo orgogliosissimi di quello che abbiamo fatto, lo rifaremmo 50 volte” – sottolinea, parlando di meccanismi che evocano “crimini contro l’umanità, su cui la Corte dell’Aja dovrebbe essere interpellata”. Oltre 13 mila persone, solo nel 2018, sono state catturate dalla Guardia costiera libica.

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Sciurba ha poi ricordato la direttiva del 16 aprile scorso, la cui notifica all’ong è arrivata nel pomeriggio di ieri. “Nella direttiva ‘ad navem’ che ci è stata notificata dal Viminale ci viene detto di ‘non reiterare comportamenti illegali’. Questo, a nostro avviso, rappresenta eventuali profili diffamatori che intendiamo approfondire”. “Siamo arrivati al punto di una doverosa intransigenza, anche giuridica, che non rappresenta solo una strategia di difesa – ha spiegato – ma il bisogno di combattere per i diritti e la dignità della vita nel Mediterraneo, perché siamo convinti che lì si stia giocando la partita rispetto a quello che succederà a terra a tutti noi”. “Quella direttiva – aggiunge – sembra scritta in una dimensione parallela, in un altro mondo -. Non si parla di guerra né di profughi mentre noi abbiamo enormi difficoltà a considerare la Libia come una autorità straniera legittimata a coordinare una zona Sar”. La portavoce di Mediterranea saving humans ha anche detto che “in quest’ultimo anno e mezzo vari esponenti della guardia costiera italiana ci hanno espresso in maniera anonima il loro disagio verso questi comportamenti”. “Nella nostra guardia costiera – conclude – c’è un profondissimo disagio per ciò che sta avvenendo”.

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