Erdogan all'Eliseo per ricucire con l'Europa, ma resta lo scoglio dei diritti umani
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Erdogan all'Eliseo per ricucire con l'Europa, ma resta lo scoglio dei diritti umani

Il presidente Emmanuel Macron non sembra intenzionato a fare sconti al suo ospite in materia di repressione della libertà di stampa

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5 Gennaio 2018 - 11.36


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Sempre più isolato diplomaticamente, Recep Tayyip Erdogan, con la visita di oggi a Parigi, tenta di riallacciare un dialogo con l’Europa, che non nasconde le sue preoccupazioni per la situazione interna in Turchia, da mesi al centro di un durissimo giro di vite impresso dal ”sultano” contro i dissidenti e gli oppositori.
Il presidente turco, che è atteso all’Eliseo per un incontro bilaterale con il presidente Emmanuel Macron, vuole essere un partner chiave dei Ventotto sulla questione delle migrazioni e delle crisi regionali.
“Vogliamo aumentare il numero dei nostri amici e ridurre quello dei nostri nemici”, ha dichiarato Erdogan di recente. Quella di oggi è la prima visita in una grande capitale europea dopo il fallito colpo di Stato del luglio 2016 (eccezion fatta per Bruxelles), che, lamentano i rappresentanti dells società civile turca, ha avuto come conseguenza attacchi allo stato di diritto e alle libertà fondamentali, che, sostengono molte organizzazioni, stanno peggiorando giorno dopo giorno in Turchia.
Macron, davanti al suo interlocutore, intende parlare chiaramente. “Lo farò con rispetto, ma con la preoccupazione di difendere i nostri valori e i nostri interessi allo stesso tempo”, ha spiegato il 3 gennaio quando, durante i suoi auguri ai media, ricordano la situazione dell’informazione in Turchia. E lo ha fatto menzionando una frase del portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, che a tutti è apparsa come una minaccia e non già come un ammonimento: “Non è perché sono giornalisti che non commetteranno un crimine”.
L’atmosfera che Erdogan trova all’Eliseo è spiegata dal segretario di Stato presso il Ministero degli Esteri, Jean-Baptiste Lemoyne, che ha parlato del processo di adesione della Turchia all’Ue, cominciato nel 2005 ed in fase di stallo dopo il fallito colpo di Stato: “Questo processo è congelato perché ci sono una serie di aspettative dei Paesi europei sulle libertà fondamentali”.
E’ probabile che saranno discussi casi concreti, come quello del mecenate Osman Kavala, figura di spicco della società civile e dell’intellighenzia di Istanbul, arrestato nel novembre scorso con l’accusa di avere finanziato il mancato golpe ed anche la ribellione di Gezi, nella primavera del 2013. Circa 50 000 persone sono attualmente detenute in Turchia per i loro presunti legami con la confraternita di Fethullah Gülen, accusato dalle autorità per l’organizzazione del fallito colpo di Stato, o per complicità con la ribellione curda.
Almeno 140.000 dipendenti pubblici sono stati licenziati per le stesse ragioni. La repressione delle organizzazioni non governative per i diritti umani e della stampa ha preso di mira anche i cittadini europei e coloro che hanno doppia nazionalità. I due giornalisti francesi arrestati negli ultimi mesi, Mathias Depardon e Loup Bureau, sono stati rilasciati, ma Deniz Yücel, il corrispondente turco-tedesco di Die Welt, è stato incarcerato per quasi un anno senza che le accuse contro di lui siano state rese pubbliche.
Anche se l’economia funziona a pieno ritmo, con una crescita del 7% nel 2017, una buona parte delle classi medie urbane sta iniziando a voltare le spalle all’AKP, il partito islamico-conservatore al potere dal 2002, ed a preoccuparsi di derive autoritarie di quello che molti chiamano il “nuovo sultano”. Nel referendum di aprile 2017 per espandere ulteriormente i poteri del capo dello stato, grandi città come Ankara e Istanbul hanno votato no.
“Sulle questioni regionali e nel settore bilaterale, i passi che abbiamo compiuto con Emmanuel Macron stanno andando nella giusta direzione”, ha comunque dichiarato Recep Tayyip Erdogan.

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